IN POCHE PAROLE …

Alle procedure di affidamento dei progetti pubblici finanziati con risorse PNRR e PNC, avviate dal 1° luglio 2023, non si applica il nuovo codice dei contratti pubblici, ma il precedente del 2016.

Consiglio di Stato, sentenza 9 settembre 2024, n. 7496, Pres. Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Est. Gianluca Rovelli

D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36

D.L. 31 maggio 2021, n. 77

Corte costituzionale, sent. 28.10.2004, n. 315


Per le procedure avviate dal 1° luglio 2023, continua ad applicarsi, in modo completo e integrale, lo speciale corpus normativo previsto per le opere PNRR e assimilate. L’art. 225, comma 8, del nuovo Codice dei contratti rinvia per gli interventi PNRR e assimilate  al d.l. 77/2021, che, a sua volta, opera solo rinvii a specifiche disposizioni del D.Lgs. n. 50 2016 (rinvii statici) e non a tale fonte normativa in sé (rinvio dinamico). In presenza di un rinvio  statico, il contenuto della disposizione richiamata diviene “parte del contenuto della norma richiamante”, con la conseguenza che le “vicende della norma richiamata” restano “prive di effetto ai fini della esistenza ed efficacia della norma richiamante” .

Pertanto, è corretta la circolare del MIT del 12 luglio 2023, laddove afferma la specialità, assicurata per mezzo dell’art. 225, comma 8, del D.Lgs. n. 36 del 2023, delle disposizioni di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, inclusi i rinvii operati al D.Lgs. n. 50 del 2016.


La sentenza annotata affronta la questione, molto dibattuta in dottrina e in giurisprudenza, delle regole da applicare alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti gli investimenti pubblici, finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, nonché dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, ivi comprese le infrastrutture di supporto ad essi connesse anche se non finanziate con detti fondi.

Il massimo Organo di giustizia amministrativa ha deciso di affrontare  la soluzione di tale questione, nel giudizio di appello proposto da un operatore economico avverso la sentenza del TAR Lazio n. 134/2024, anche se ininfluente ai fini della decisione, come affermato dagli stessi Giudici di Palazzo Spada, per essere la disciplina dell’oggetto della controversia “identica” nel precedente e nel nuovo codice dei contratti pubblici.

Occorre premettere che il quadro normativo, cui gli interpreti fanno riferimento per risolvere l’enigma delle regole da applicare agli interventi PNRR ecc., è costituito  dalle seguenti disposizioni del codice dei contratti pubblici del 2023:

  • l’art. 229, che, al comma 1, fissa l’entrata in vigore del nuovo codice, con i relativi allegati, al 1° aprile 2023 e, al comma 2, prevede la loro efficacia dal 1° luglio 2023;
  • l’art. 226, che prevede: al comma 1,  l’abrogazione del d.lgs. n. 50/2016 dal 1° luglio 2023, ovvero dalla data di acquisto dell’efficacia del nuovo codice; al comma 2, sempre dal 1° luglio, che «le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016  continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso»; al comma 5 , “ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 del 2016, o al codice dei contratti pubblici vigente alla data di entrata in vigore del codice, si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso;
  • l’art. 225, comma 8, del d.lgs. n. 36/2023, a mente del quale per le procedure di affidamento e i contratti riguardanti investimenti pubblici finanziati con le risorse previste dal PNRR e assimilati devono applicarsi, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021 e al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a <semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti da detti Piani e dal Piano PIENC (energia e clima 2030)  di cui al regolamento (UE) 2018/1999 dell’11.12.2018.

A sua volta il quadro normativo, cui rinvia il su richiamato art. 225, comma 8, è costituito essenzialmente da:

  •  articoli 47 e seguenti del  D.L. 77/2021 (“Decreto Semplificazioni 2”), che, con la finalità di agevolare la realizzazione dei traguardi e degli obiettivi stabiliti dal PNRR e assimilati,  contiene, da un lato, norme derogatorie (artt. 48 e ss) di disposizioni del codice dei contratti pubblici all’epoca vigente (D.Lgs. n. 50/2016) e, dall’altro, specifiche norme dello stesso D.Lgs. 50/2016, cui lo stesso decreto rinvia;
  •  altre specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti da detti Piani, richiamate dallo stesso D.L. 77/2021, senza un’indicazione della loro fonte.

Dal complessivo quadro normativo su richiamato, è certo solo che devono continuarsi  ad applicarsi le norme derogatorie appositamente dettate dal D.L. 77/2021 e quelle, in generale, finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti da detti Piani. Mentre non è per nulla chiaro se per le procedure avviate da luglio 2023,“per una sorta di effetto di trascinamento”, continua ad applicarsi anche “la fonte derogata dalle succitate disposizioni del d.l. n. 77/2021, ovvero il d.lgs. n. 50/2016 (TAR Umbria, sent. 23.12.2023, n. 758), oppure  il D.Lgs. n. 36 del 2023.

I diversi orientamenti

La dottrina e la giurisprudenza hanno fornito due soluzioni interpretative opposte sulla vexata quaestio, favorite da un complesso di disposizioni, che, a forza di semplificare e agevolare, ha finito per creare un terreno fertile al formarsi di tesi contrapposte.

Nel caso di specie, manca un preciso testuale collegamento fra  la disposizione del comma 8 dell’art. 225, che  fa salva l’applicazione del “regime speciale”  degli affidamenti PNR e assimilati, e l’art. 226, comma 5, che, dal 1° luglio 2023, abroga il D.Lgs. 50/2016, sostituendolo, con la sola eccezione delle procedure in corso alla suddetta data, con il nuovo Codice, con la precisazione che tale sostituzione riguarda anche “ogni richiamo contenuto in  disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 del 2016”.

Infatti, secondo un primo orientamento, che fa forza su quanto disposto dal su richiamato art. 225 comma 8, le disposizioni del D.Lgs. 50/2016 trovano applicazione con riferimento alle procedure PNRR e PNC anche dopo il 1° luglio 2023.

In tal senso, si era espresso il MIT con la circolare del 12 luglio 2023 e più di recente il TAR Lazio, con sentenza 15 luglio 2024, n. 14366,  secondo cui “il regime giuridico applicabile agli affidamenti, […], finanziati con i fondi del PNNR e del PNC è individuabile sulla base della lettura congiunta degli artt. 225, comma 8 e 226, comm1 e 2 del d.lgs. n. 36/2023“, ragione per cui “lo speciale corpus normativo previsto per le opere PNRR e assimilate continua a trovare applicazione, pur dopo il 1° luglio 2023, in modo completo e integrale. Su tali basi, la procedura all’esame, pur essendo stata indetta dopo il 1° luglio 2023, continua ad essere soggetta all’applicazione del d.lgs. n. 77/2021 nonché ai richiami e ai rinvii che quest’ultimo compie del d.lgs. n. 50/2016 e risulta impermeabile all’applicazione delle disposizioni del nuovo codice dei contratti (il d.lgs. n. 36/2023)”.

Di contro, un altro orientamento, che sembrava in fase di consolidamento ma ora è stoppato dalla decisione del Consiglio di Stato annotata, punta di più sull’interpretazione dell’art. 226, comma 5, e sostiene che dal 1° luglio 2023 si applicano le disposizioni del D.Lgs. 36/2023. In tal senso diverse sentenze del giudice amministrativo di prime cure, fra cui il TAR Umbria (sent. 758/2023, cit.) e TAR Lazio (sent. 3 gennaio 2024, n. 134, oggetto della riforma del Cons. di St. con la sentenza annotata), secondo cui “l’art. 225, comma 8, si limita a stabilire la perdurante vigenza delle sole norme speciali in materia di appalti PNRR (tra cui gli artt. 47 e ss. d.l. n. 77/21) ma non anche degli istituti del d.lgs. n. 50/16 in esso sporadicamente richiamati”.

I sostenitori di tale seconda tesi criticano la contraria opzione ermeneutica, seguita dalla circolare del MIT del 12/07/23, ritenendo che tale interpretazione  colliderebbe con il disposto del comma 2 dell’art. 226 D.Lgs. n. 36/23, che sancisce l’abrogazione del D.Lgs. n. 50/2016 a decorrere dall’1.7.2023 senza alcuna eccezione, e con il comma 5 della medesima disposizione, secondo cui la sostituzione del nuovo codice riguarda anche “ogni richiamo contenuto in  disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 del 2016″.

A questo secondo orientamento, a fine dello scorso anno, si era adeguato lo stesso MIT, aggiornando il proprio precedente parere del 12.7.2023: « [… ] trova applicazione l’art. 226, comma 5 del D.Lgs. 36/2023, ai cui sensi “Ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 del 2016, o al codice dei contratti pubblici vigente alla data di entrata in vigore del codice, si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso”. Ne segue che alle procedure di affidamento relative ad appalti PNRR e PNC avviate successivamente al 1° luglio 2023, ivi compresa la successiva fase di esecuzione, si applica il vigente Codice dei contratti di cui al d.lgs. 36/2023 tranne nei casi in cui non sia espressamente richiamato dal 77/2021 il d.lgs. 50/2015” (MIT, parere 21.12.2023, n. 2203, normativa applicabile all’esecuzione di appalti PNRR con procedure avviate dopo il 1° luglio 2023).

Un’ulteriore “tesi” – conforme alla seconda, ma, per così dire, più “articolata” – consigliava di applicare agli appalti PNRR e assimilati, in via prioritaria, il nuovo codice dei contratti, integrando le disposizioni codicistiche con quelle relative ai controlli, al DNSH, alle clausole a sostegno della parità di genere, all’utilizzo della modellazione elettronica nella progettazione (BIM), che caratterizzano gli appalti PNRR, precisando che il riferimento alle norme speciali e derogatorie avrebbe dovuto essere indirizzato a coglierne gli aspetti ulteriormente semplificatori, quali ad esempio quelli che rendono più semplice il ricorso alle procedure d’urgenza; o le prescrizioni in materia di esclusione e di risoluzione contrattuale in caso di mancato tempestivo avvio dei lavori da parte degli aggiudicatari; o le norme che limitano la sospensione dei lavori e presidiano il rispetto dei tempi proprio in relazione alle scadenze PNRR (così IFEL, documento aggiornato all’11.10.2023).

La sentenza del Consiglio di Stato

Il primo  orientamento è ora rafforzato dalla sentenza qui annotata del massimo Organo di giustizia amministrativa, secondo cui è “certo” che lo speciale corpus normativo previsto per le opere PNRR e assimilate  trovi applicazione, in modo completo e integrale, anche alle nuove procedure avviate dal 1° luglio 2023.

A fondamento di tale interpretazione, i Giudici di Palazzo Spada  valorizzano quanto previsto dall’art. 225, comma 8, disposizione specifica sulle procedure di affidamento e i contratti riguardanti investimenti pubblici finanziati con le risorse previste dal PNRR e assimilati, senza operare alcun collegamento all’art. 226 sull’abrogazione del D.Lgs. 50 e sull’efficacia del D.Lgs. 36 per le nuove procedure indette dal 1° luglio 2023, con la sola eccezione delle procedure in corso.

Per sostenere l’ultra vigenza anche dopo il 1° luglio 2023, non solo della disciplina espressamente richiamata dal D.L. 77 del 2021 ma anche quella del precedente codice del 2006 applicarsi, a cui lo stesso  decreto 77 rinvia, il Consiglio di Stato  fa propria  una raffinata distinzione fra gli effetti dei rinvii “statici” e quelli dei rinvii “dinamici” operati da una fonte (rimettente) ad altra fonte, sostenuta dalla Corte costituzionale nel 2004 nell’ambito di un diverso ambito  normativo quanto sostenuto dal Giudice delle leggi: i in presenza di un rinvio  statico, il contenuto della disposizione richiamata diviene “parte del contenuto della norma richiamante”, con la conseguenza che le “vicende della norma richiamata” restano “prive di effetto ai fini della esistenza ed efficacia della norma richiamante” (Corte costituzionale, sent. 28.10.2004, n. 315).

A ben guardare, però, il D.L. 77/2021 contiene quasi sempre norme derogatorie all’allora vigente codice dei contratti (D.Lgs. 50/2016) e solo in modo residuale richiama disposizioni puntuali dello stesso D.Lgs. 50/2016. In sostanza, la tesi del massimo Organo di giustizia amministrativa è “elegante” nella motivazione, ma difetta di un approfondito esame dell’effettivo contenuto delle norme del D.L. 77/2021.


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