Con la circolare n. 1 del 19 gennaio 2017, l’Unione nazionale degli avvocati amministrativisti (UNA) precisa quelle che sono, a suo avviso, le modalità per l’affidamento degli incarichi di difesa in giudizio delle PP.AA. dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016.
Secondo l’associazione, la convinzione che le PP.AA. che conferiscono un incarico di difesa in giudizio debbano scegliere l’avvocato previo espletamento di una gara essendo gli stessi incarichi ricompresi, dall’art. 17, c. 1, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016, tra gli appalti esclusi cui si applicano i principi generali sull’affidamento di contratti pubblici in forza dell’art. 4 del nuovo Codice, non trova fondamento giuridico ma, anzi, si pone in contrasto il “considerando” n. 25 della direttiva UE n. 24/2014.
A suo avviso l’obbligo di previa “gara” non è imposto dall’ordinamento (europeo, nazionale o professionale) e la prestazione dell’avvocato ben può essere richiesta dalle PP.AA. in ragione dell’imprescindibile natura fiduciaria che caratterizza il rapporto tra l’avvocato ed il cliente, assolvendo l’ente il solo onere di esplicitare le ragioni della scelta del professionista incaricato ex artt. 1 e 3, L. n. 241/1990.
Ovviamente non è vietato individuare il legale tramite gara qualora questa modalità sia ritenuta più opportuna dalla stessa P.A. ma senza che questo diventi la regola di condotta. La tesi dell’obbligo di gara, per quanto semplificata, (o, se sotto soglia, di affidamento diretto “adeguatamente motivato” ai sensi dell’art. 36 del d.lgs. n. 50/2016), non tiene infatti conto delle interpretazioni giurisprudenziali sull’art. 27 del precedente d.lgs. n. 163/2006 tutt’oggi riproponibili anche in relazione all’art. 4 del nuovo Codice (Consiglio Stato, sez. V, 11 maggio 2012, n. 2730).
Ancora, dal “considerando” n. 25 della direttiva risulterebbe la scelta di escludere “dall’ambito di applicazione della presente direttiva”, oltre ai servizi prestati dai notai o quelli connessi all’esercizio di pubblici poteri, quelli che “comportano la rappresentanza dei clienti in procedimenti giudiziari”. Il tutto con la conseguenza che non può ricavarsi dalla fonte di recepimento nazionale ciò che la fonte comunitaria esplicita all’opposto.
In tal senso, l’allegato IX dell’attuale codice dei contratti, allorché prevede “i servizi legali nella misura in cui non siano esclusi a norma dell’art. 17, co. 1, lett. d)”, non fa altro che richiamare l’esatto contenuto dell’art. 10 della direttiva 24 e nel fare ciò intende prevedere espressamente che la disciplina dettata non si applica neppure in modo parziale ai servizi ricompresi nell’allegato, essendo appunto esclusi dalla direttiva stessa.
La tesi avversata dall’UNA contrasta peraltro anche con il richiamo operato nell’art. 4 ai “contratti pubblici”, la cui definizione, corrispondendo ai “contratti di appalto o di concessione”, non è applicabile al mandato difensivo, in ragione della nota e ben diversa natura giuridica dei diversi istituti di cui, rispettivamente, agli art. 1655 e 2230 c.c..
Nell’evenienza che le PP.AA. decidano di operare egualmente con procedure di evidenza pubblica, la circolare afferma che:
- l’esclusiva applicazione del criterio del massimo ribasso risulta palesemente illegittima in quanto: contrasta con le fonti che disciplinano il corretto esercizio del mandato difensivo e più in generale con la disciplina dell’ordinamento forense (L. n. 247/2012 e connesse fonti applicative); ingenera evidenti danni alla qualità della stessa tutela che si vuole affidare; contrasta con la disciplina di definizione dei valori dell’attività professionale, per la quale il riferimento certo di legge è pacificamente costituito dal c.d. “DM parametri” 10 marzo 2014, n. 55;
- ancor più illegittime risultano forme di predefinizione di elenchi temporalmente limitati o chiusi e simili che potrebbero frustare la libertà di concorrenza (gli elenchi di legge già esistono e sono individuabili nell’albo e negli elenchi di cui all’art. 15 della citata L. n. 247/2012);
- l’art. 4 del d.lgs. n. 50/2016 non contiene la previsione – di cui all’art. 27 del vecchio codice – del previo invito ad almeno cinque concorrenti, per cui, anche a voler accedere all’interpretazione avversata, al fine del ritenuto rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità di cui all’art. 4, ben potrebbe bastare l’acquisizione del curriculum del legale e del relativo preventivo.
di Simonetta Fabris