La ratio dell’art. 38, c. 1, lett. g), del D.Lgs n. 163/2006, nella parte in cui è prescritto che non possono concorrere alle gare per l’affidamento di contratti pubblici i soggetti «che hanno commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti», risponde all’esigenza di garantire l’amministrazione pubblica relativamente alla solvibilità e solidità finanziaria del soggetto con il quale essa contrae. Conseguentemente, deve essere di volta in volta e in concreto indagata la situazione relativa all’assolvimento degli obblighi di pagamento di imposte e di tasse per accertarne la rilevanza, mirando la verifica ad appurare la globale regolarità sul piano tributario di ciascuna impresa partecipante alla gara quale eventuale contraente con la Pubblica Amministrazione, coincidente con la sottesa correttezza delle scritture contabili e del conseguente pagamento di ogni correlata prestazione imposta, che si renda a tal fine dovuta, capace di accreditare anche sotto questo particolare aspetto una regolare gestione finanziaria e la conseguente solvibilità della impresa.

Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 5 marzo 2013, n. 1332. Pres. Lignani, Est. Capuzzi  Cons. St. 1332_2013

Il caso 

Con la sentenza in esame il Consiglio di Stato è stato chiamato ad affrontare una fattispecie in cui un raggruppamento temporaneo di imprese, aggiudicatario provvisorio di una procedura di evidenza pubblica, aveva impugnato – nell’ambito del giudizio di primo grado – gli atti e i provvedimenti con cui la stazione appaltante aveva proceduto a revocare detta aggiudicazione provvisoria, per poi assegnare l’appalto in favore dell’impresa seconda in graduatoria, e ciò alla luce del fatto che, a seguito della verifica della documentazione prodotta in sede di gara da una delle imprese aderenti al raggruppamento aggiudicatario, la stessa non era risultata in possesso del requisito di cui all’art. 38, c. 1, lett. g) del d.lg. n. 163/2006, e ciò per effetto di violazioni definitivamente accertate rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse alla data di scadenza del termine per la presentazione delle offerte, violazioni, queste, risultanti dalle certificazioni rilasciate dalla competente Agenzia delle Entrate. Sempre nell’ambito del giudizio di primo grado, le imprese ricorrenti avevano sostenuto che i debiti tributari in questione avrebbero formato oggetto di rateizzazione ancor prima della sopravvenuta transazione fiscale e che il ricorso alla transazione fiscale, stipulata ai sensi dell’art. 182-ter della legge fallimentare, per il pagamento in misura ridotta e/o dilazionata dei debiti tributari, compresi quelli non iscritti a ruolo, al fine di superare uno stato di crisi di liquidità, non avrebbe comportato la sussistenza di alcuna violazione definitivamente accertata, non facendo pertanto venir meno il requisito di cui alla lett. g) del citato art. 38. Ad esito del giudizio di primo grado, il TAR accoglievano il ricorso, annullando sia la revoca dell’aggiudicazione provvisoria sia l’aggiudicazione disposta in favore della ditta seconda graduata. In particolare, nella predetta sentenza i giudici di prime cure rilevavano che sia la concessione della rateizzazione del debito tributario, sia la successiva stipula di una transazione fiscale, che comunque presupponevano un accordo tra il contribuente e l’amministrazione erariale, escludevano che il concorrente interessato potesse essere considerato in situazione di irregolarità fiscale. Tale pronuncia veniva impugnata in appello dalla ditta collocatasi al secondo posto nella graduatoria di gara, che instava per la riforma della sentenza gravata, contestando altresì la mendacità delle dichiarazioni rese in giudizio dalle ditte ricorrenti in ordine all’entità del debito dovuto nei confronti dell’erario, affermazioni, queste, che ad avviso dell’appellante avrebbero influenzato in maniera determinante il convincimento del primo giudice, inducendolo in errore

La sentenza 

Con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato, partendo dal tenore letterale dell’art. 38, c. 1, lett. g) del d.lg. n. 163/2006, ha chiarito che la ratio della norma de qua risponde all’esigenza di garantire l’amministrazione pubblica relativamente alla solvibilità e alla solidità finanziaria del soggetto con il quale essa potrebbe contrarre. In tale prospettiva, concentrando l’esame sul concetto di “violazione definitivamente accertata”, i giudici di Palazzo Spada hanno rilevato che l’art. 38 cit. è direttamente attuativo dell’art. 45 della direttiva 2004/18, la quale è volta ad accertare la sussistenza dei presupposti di generale solvibilità dell’eventuale futuro contraente della Pubblica amministrazione. In particolare, la valutazione, con significato rigidamente preclusivo, di qualsivoglia inadempimento tributario, nasce dalla esigenza di assicurare la effettività del principio di libera concorrenza, che non esplica soltanto effetti positivi sull’ampliamento della partecipazione alle pubbliche gare per le imprese presenti nel mercato, ma anche effetti positivi per la pubblica amministrazione, diretti a far sì che non si configurino, a carico delle imprese, debiti tributari, che incidono oggettivamente sull’affidabilità e solidità finanziaria delle stesse e quindi sul servizio reso all’amministrazione. La conseguenza derivante dalla predetta circostanza è, ad avviso del Consiglio di Stato, che deve essere, di volta in volta (e in concreto) indagata la situazione relativa all’assolvimento degli obblighi di pagamento di imposte e di tasse per accertarne la rilevanza, mirando la verifica ad appurare la globale regolarità sul piano tributario di ciascuna impresa partecipante alla gara quale eventuale contraente con la Pubblica Amministrazione, coincidente con la sottesa correttezza delle scritture contabili e del conseguente pagamento di ogni correlata prestazione imposta, che si renda a tal fine dovuta, capace di accreditare anche sotto questo particolare aspetto una regolare gestione finanziaria e la conseguente solvibilità della impresa. Operata tale precisazione e affrontando la fattispecie concreta, i giudici di secondo grado hanno appurato che, alla data di presentazione delle offerte, risultava l’ammissione delle ditte provvisoriamente aggiudicatarie al pagamento rateale per le cartelle emesse a carico di queste ultime e che, comunque, vi era stata una transazione fiscale successiva alla presentazione delle offerte; tale situazione, presupponendo un accordo tra il contribuente e l’amministrazione erariale, implicava una situazione di non definitività delle irregolarità fiscali commesse. In tale prospettiva, il Consiglio di Stato ha chiarito che il presupposto della rateizzazione e della transazione risiedeva proprio nella definitività degli accertamenti compiuti, per i quali erano state irrogate sanzioni e calcolati interessi per debiti con l’erario pacificamente ammessi dalla società e ai quali la stessa non era tuttavia in grado di fare fronte per cui i benefici che venivano concessi, non solo non facevano venir meno l’inadempimento agli obblighi tributari ma anzi lo presupponevano, avendo lo scopo di indirizzare verso forme meno invasive e sostanzialmente concordate con il contribuente l’attività di esazione. Alla luce delle predette circostanze e in considerazione del mancato adempimento, da parte della ditta aderente al raggruppamento affidatario dell’appalto, alle obbligazioni traenti origine dalla rateizzazione concordata con l’erario, i giudici di appello hanno ravvisato «l’indiscutibile ed assoluta irregolarità in cui si trovava la società al momento della presentazione dell’offerta, solo parzialmente dalla stessa dichiarata in sede di gara, con grave carenza anche rispetto agli obblighi di correttezza e lealtà che devono osservare i soggetti che contraggono con la pubblica amministrazione», circostanze, queste, atte a determinare l’accoglimento dell’appello, posto che, al momento della partecipazione alla gara, «la società non poteva essere considerata adempiente rispetto agli obblighi di natura fiscale di cui all’art. 38 lettera g) del codice degli appalti».

Conclusioni 

La decisione del Consiglio di Stato fornisce un valido ausilio interpretativo in ordine all’esatta portata dell’art. 38, c. 1, lett. g) del d.lg. n. 163/2006. Con essa, infatti, i giudici di Palazzo Spada chiariscono, da un lato, che, all’atto della verifica in ordine alla veridicità delle dichiarazioni rese in sede di gara dai concorrenti, le stazioni appaltanti devono operare un’attenta istruttoria circa l’effettiva solvibilità e solidità finanziaria del soggetto con il quale esse contraggono, verifica, questa da operare in relazione al puntuale rispetto – ad opera del concorrente – degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse; dall’altro, il Consiglio di Stato ha affermato che l’ammissione di una ditta al pagamento rateale per cartelle emesse a carico di quest’ultima, seguita da una transazione fiscale successiva alla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte da avanzare in sede di gara, presupponendo un accordo tra il contribuente e l’amministrazione erariale, implica una situazione di non definitività delle irregolarità fiscali commesse dal concorrente, situazione, questa, atta ad integrare l’ipotesi ostativa alla partecipazione alle procedure di gara evocata dall’art. 38, c. 1, lett. g) del d.lg. n. 163/2006.


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