IN POCHE PAROLE…
Vietato frazionare l’appalto per evitare l’applicazione delle norme del codice dei contratti pubblici, salvo motivare sulle ragioni che lo giustificano
Tar Campania, Napoli, sez. VIII, sentenza 28 novembre 2022, n. 7359 – Pres. Tomassetti- Est. Palmarini
L’amministrazione aggiudicatrice che intenda ricorrere all’affidamento diretto è tenuta ad un onere motivazionale rafforzato che consenta un penetrante controllo della scelta effettuata sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche.
La scelta del metodo per il calcolo del valore stimato di un appalto o concessione non può essere fatta con l’intenzione di escluderlo dall’ambito di applicazione delle disposizioni del Codice relative alle soglie europee.
Un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del Codice, tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino.
A margine
Il caso – L’impresa che subisce la risoluzione di un contratto d’appalto per la gestione di tributi comunali a fronte del mancato raggiungimento degli obiettivi di riscossione previsti, ricorre contro il successivo affidamento diretto del servizio, ai sensi dell’art. 36, comma 2, lettera a) del d.lgs. n. 50/2016, frazionato tra due fornitori differenti.
In particolare, la ricorrente contesta al Comune di aver affidato la medesima attività da lei prima svolta a seguito dell’espletamento di una gara a due operatori economici individuati senza alcun confronto concorrenziale dopo aver artificiosamente frazionato il servizio (nelle fasi di supporto all’accertamento e alla riscossione) e sottostimato l’importo contrattuale.
Segnatamente, lamenta la violazione dell’art. 35, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016 e il superamento del limite di 139.000 euro previsto dall’art. 1, comma 2, lettera a) del d.l. n. 76/2020 per procedere all’affidamento diretto del servizio.
La sentenza
Il Tar accoglie il ricorso ricordando che <<l’amministrazione aggiudicatrice che intenda ricorrere all’affidamento diretto è tenuta ad un onere motivazionale rafforzato, che consenta un penetrante controllo della scelta effettuata anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche>> (Consiglio di Stato n. 5351/2021).
Nella fattispecie, il servizio di supporto precedentemente svolto dalla ricorrente in modo unitario è stato suddiviso in due e assegnato a due operatori economici mediante affidamento diretto per 4 mesi estensibili a 19 (estensione poi effettivamente avvenuta).
Il Tar rileva l’illogicità del frazionamento dalla disamina dei due capitolati di appalto ferma restando l’estensione temporale operata per più del quadruplo della durata originaria dell’affidamento.
Il solo raffronto delle attività di supporto alla gestione dei tributi richieste alle due società affidatarie del servizio evidenzia sovrapposizioni che non giustificano in alcun modo la scelta di avvalersi di due soggetti diversi se non quello, lamentato dalla ricorrente, di evitare l’indizione di una procedura di gara. Non vi è dubbio, infatti, che entrambe le affidatarie si occupano della medesima attività di supportare l’ufficio comunale in tutto ciò che è funzionale alla riscossione delle entrate.
La circostanza dedotta dalla difesa comunale che la precedente affidataria del servizio svolgeva un’attività ben più complessa (gestione, accertamento e riscossione coattiva dei tributi dell’amministrazione) rispetto a quella successivamente affidata dal Comune non rileva.
Nella fattispecie ciò che desta perplessità non è la distinzione tra attività di supporto all’accertamento e attività di supporto alla riscossione (astrattamente forse sostenibile anche in una piccola realtà locale) ma la sovrapposizione nella gestione della fase della riscossione.
Entrambe le società sono infatti chiamate a compiere le attività propedeutiche alla riscossione delle entrate comunali e hanno il medesimo obiettivo.
Infine il Tar rileva che la somma dei corrispettivi garantiti alle due società va oltre la soglia di 139mila euro che consente l’affidamento diretto tenuto presente che, in entrambi i casi, il servizio è stato prorogato dagli iniziali 4 mesi a 19 e la circostanza che l’impresa titolare del supporto alla riscossione oltre a percepire il compenso fisso ha anche diritto all’aggio del 5,56% sull’importo incassato dall’ente.
Sul punto la difesa comunale sostiene che le somme riscuotibili sarebbero esattamente la metà di quelle “stimate” dalla ricorrente “mentre la somma derivante dall’aggio, per sua natura aleatoria perché rimessa alla propensione al pagamento spontaneo dei tributi o alla concreta possibilità del recupero coattivo, deve essere calcolata sullo standard assestato della riscossione volontaria, risultante dalla contabilità comunale, pari al 50%”.
Tale affermazione oltre a non essere supportata da alcuna documentazione (ad es. il bilancio consuntivo dell’ente) contraddice gli importi indicati dalla stessa amministrazione nelle condizioni generali del contratto. In altri termini, quella indicata dalla ricorrente non è una “stima” delle somme da incassare (e sulle quali calcolare l’aggio) ma quanto testualmente prevede il capitolato speciale.
Pertanto il Tar annulla gli atti impugnati disponendo la declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato ai sensi dell’art. 121 c.p.a.
Il valore stimato dell’appalto – L’art. 35, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016 stabilisce che <<La scelta del metodo per il calcolo del valore stimato di un appalto o concessione non può essere fatta con l’intenzione di escluderlo dall’ambito di applicazione delle disposizioni del presente codice relative alle soglie europee. Un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino>>.