IN POCHE PAROLE…

La Direttiva 2014/24/UE osta a una normativa o a una prassi nazionale in forza della quale l’esecuzione di un appalto pubblico, aggiudicato ad un ente «in house», sia proseguita automaticamente dall’operatore economico che ha acquisito detto ente, al termine di una procedura di gara, qualora l’amministrazione aggiudicatrice non disponga di controllo su tale operatore e non detenga alcuna partecipazione nel suo capitale.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 20 novembre 2023, n. 9933 – Pres. Carbone, Est. Marotta

Il fatto che l’Ente comunale abbia venduto le azioni dell’originaria società in house e non abbia successivamente acquisito le azioni della nuova società aggregatrice, non è elemento idoneo a far venir meno i presupposti per la prosecuzione del servizio da parte del nuovo operatore economico atteso che, al momento della individuazione della nuova società, l’Ente comunale faceva ancora parte della compagine societaria della precedente società in house.

A margine

Il caso – Una società per azioni a totale partecipazione pubblica e a capitale ripartito fra i comuni interessati, gestisce tramite proprie controllate i servizi pubblici locali dei vari enti tra cui – tramite una propria controllata- l’affidamento in house del ciclo integrato dei rifiuti presso un Comune, con scadenza prevista al 31 dicembre 2028.

In seguito alla crisi del gruppo di appartenenza, la società conclude con i creditori un accordo di ristrutturazione, ai sensi dell’art. 182-bis l. fallimentare, ricercando, fra altre società a partecipazione pubblica di gestione di servizi pubblici attive sul mercato, un soggetto adatto a concludere un’operazione aggregativa, ai sensi dell’art. 1, commi 611 e 612, della l. 23 dicembre 2014 n. 190 e dell’art. 3-bis comma 2-bis del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 secondo cui “L’operatore economico succeduto al concessionario iniziale, in via universale o parziale, a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, fermo restando il rispetto dei criteri qualitativi stabiliti inizialmente, prosegue nella gestione dei servizi fino alle scadenze previste”.

Con pubblica gara, il gruppo seleziona come soggetto col quale aggregarsi una società multi-utility a controllo pubblico, quotata in Borsa e, in esecuzione di un accordo di investimento, i comuni soci aderenti cedono alla stessa le azioni del gruppo da loro possedute e acquistano (fatta eccezione per il comune ricorrente), sottoscrivendo un aumento di capitale riservato, una quota corrispondente di azioni della multi-utility.

Come effetto finale, dunque, le azioni del gruppo diventano azioni della multi-utility e quest’ultima, tramite le controllate del gruppo societario aggregato originario, divenute controllate proprie, continua a gestire i servizi ad esse in origine affidati.

Uno dei Comuni interessati dalla gestione dello SGRU non essendo più ad alcun titolo socio della multi-utility, divenuta affidataria del servizio, ritiene che i presupposti del relativo affidamento in house non sussistano più.

La Corte di Giustizia, investita dalla questione con ordinanza del Consiglio di Stato n. 7161/2020, afferma, con sentenza del 12 maggio 2022 C- 719-20, che: “La Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa o a una prassi nazionale in forza della quale l’esecuzione di un appalto pubblico, aggiudicato inizialmente, senza gara, ad un ente «in house», sul quale l’amministrazione aggiudicatrice esercitava, congiuntamente, un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi, sia proseguita automaticamente dall’operatore economico che ha acquisito detto ente, al termine di una procedura di gara, qualora detta amministrazione aggiudicatrice non disponga di un simile controllo su tale operatore e non detenga alcuna partecipazione nel suo capitale”.

In fase di appello la Provincia. autorità d’ambito del SGRU, eccepisce il presupposto erroneo della doglianza del Comune (ossia che la gestione del servizio sia proseguita in capo alla multi-utility in forza di un affidamento in house), mentre il suo subentro sarebbe stato disposto all’esito di una procedura di gara pubblica a doppio oggetto, nell’ambito della quale è stata puntualmente vagliata l’idoneità di tale soggetto, sotto il profilo tecnico, a proseguire la gestione del servizio per cui è causa.

Il Comune richiama invece il passaggio della sentenza della CGUE secondo cui “La circostanza che la multi-utility sia stata selezionata dalla originaria società in house e, pertanto, dai comuni che detengono tale società, al termine di una procedura di gara pubblica, non modifica siffatta conclusione ….., tale procedura non può in ogni caso equivalere, nella fattispecie dell’appalto pubblico di che trattasi nel procedimento principale, a una procedura di aggiudicazione conforme ai requisiti previsti dalla Direttiva 2014/24/UE”.

La sentenza

Secondo il collegio il fatto che, successivamente a un’operazione di aggregazione, l’Ente comunale che abbia venduto le proprie azioni della società originaria in house non abbia successivamente acquisito le azioni della nuova società aggregatrice, non è elemento idoneo a far venir meno i presupposti per la prosecuzione del servizio da parte dell’operatore economico individuato con gara a doppio oggetto, atteso che al momento della individuazione della nuova società come soggetto aggregatore l’Ente comunale faceva ancora parte della compagine societaria della precedente società in house (e quindi partecipava delle relative decisioni gestionali e organizzative), mentre al momento della dismissione del pacchetto azionario da parte dell’Ente comunale, quest’ultimo aveva già perduto la competenza in ordine alla gestione del servizio, che è stata attribuita alla Provincia .

La conclusione raggiunta dalla Corte di giustizia nella sentenza del 12 maggio 2022 C- 719-20 (alla quale era stata sollevata la seguente questione pregiudiziale “se l’art. 12 della Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 osti ad una normativa nazionale la quale imponga un’aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a seguito della quale l’operatore economico succeduto al concessionario iniziale a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, prosegua nella gestione dei servizi sino alle scadenze previste, nel caso in cui: il concessionario iniziale sia una società affidataria in house sulla base di un controllo analogo pluripartecipato; l’operatore economico successore sia stato selezionato attraverso una pubblica gara; a seguito dell’operazione societaria di aggregazione i requisiti del controllo analogo pluripartecipato più non sussistano rispetto a taluno degli enti locali che hanno in origine affidato il servizio di cui si tratta”) – che peraltro fa salvi, come di regola, gli accertamenti del giudice del rinvio sulla fattispecie concreta – non considera ulteriori elementi di fatto, enucleati dalla quarta sezione.

Da un lato, la dismissione del pacchetto azionario da parte del Comune appellante era avvenuta inequivocabilmente dopo il perfezionamento dell’operazione di aggregazione (ossia quando il comune era ancora socio della società in house); ne consegue che, al momento dell’espletamento della procedura di gara, il Comune non poteva considerarsi estraneo al gruppo societario originario, cui è subentrata la società multi-utility.

Inoltre il passaggio della gestione alla multiutility non è avvenuto “automaticamente”, ma è avvenuto sulla base di una gara pubblica, svolta dal gruppo originario (quando sussistevano ancora i presupposti dell’in house providing), sulla base di quanto previsto dall’art. 3-bis, comma 2-bis, del d.l. 13 agosto 2011 n. 138, introdotto dall’art. 1, comma 609, lett. b), l. 23 dicembre 2014, n. 190.

La compatibilità con la disciplina eurounitaria Tale procedura di gara era una gara cd. “a doppio oggetto”, finalizzata non solo alla scelta del partner commerciale, ma anche alla individuazione del miglior operatore per la prosecuzione della gestione del servizio in base alle condizioni contrattuali precedentemente negoziate: si seguiva, dunque, un meccanismo considerato del tutto conforme alle regole eurounitarie (Cons. Stato, sez. II, parere 18 aprile 2007, n. 456).

Infine, l’operazione di aggregazione societaria si è svolta in un contesto amministrativo che era diventato – pacificamente – di esclusiva competenza della Provincia, come già accertato da precedente giudicato (sent. n. 6655/2020).


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