IN POCHE PAROLE…
La scelta del criterio del prezzo più basso deve comunque assicurare il rispetto dell’equo compenso.
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 28 febbraio 2023, n. 2084, Pres. Lotti, Est. Caminiti
La scelta del professionista cui affidare l’incarico legale deve essere fondata su criteri predeterminati e resi noti agli offerenti e non solo sul criterio (non indicato espressamente) del prezzo più basso in esito alla presentazione del preventivo.
La scelta del criterio del prezzo più basso deve comunque assicurare il rispetto dell’equo compenso, atto a tutelare non solo la categoria forense da fenomeni anticoncorrenziali, ma anche ad assicurare la qualità della prestazione legale.
A margine
Il caso – Un avvocato impugna la sentenza del Tar Brescia 1088/2021 che rigetta il suo ricorso avverso un affidamento diretto di un incarico legale conferito da un’amministrazione ad altro soggetto interpellato in sede di offerta, oltre al ricorrente, contestando l’applicazione del criterio del minor prezzo in assenza del rispetto dell’equo compenso.
Secondo il Tar la norma di cui all’art. 3 dell’art. 19 – quattrodecies del d.l. n. 148/2017 “non trova applicazione ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti o, nelle fattispecie di formazione della volontà dell’amministrazione secondo i principi dell’evidenza pubblica, ove l’amministrazione non imponga al professionista il compenso per la prestazione dei servizi legali da affidare (in tal senso cfr. TAR Milano, Sez. I, 29 aprile 2021 n. 1071). E ciò per l’evidente motivo che nel caso in cui il professionista non sia costretto ad accettare supinamente il compenso predeterminato unilateralmente dall’amministrazione, ma contratti liberamente il proprio compenso su un piano paritetico con la committente, viene meno quella speciale esigenza di protezione del professionista, quale parte debole del rapporto contrattuale, su cui si fonda la ratio dell’istituto dell’equo compenso…”.
Il Tar ricorda che, nel caso di specie, il Comune ha chiesto a tre professionisti di formulare un’offerta economica per una prestazione professionale, il cui oggetto è stato dettagliatamente individuato mediante l’invio del ricorso e di tutte le informazioni relative al suo oggetto, in tal modo fornendo a ciascuno di essi gli elementi necessari (e sufficienti) all’individuazione del compenso professionale. Ciascuno dei professionisti interpellati ha formulato liberamente il proprio preventivo, senza essere vincolato a criteri predeterminati o predisposti unilateralmente dall’amministrazione richiedente, e quindi senza subire condizionamenti, limitazioni o imposizioni da parte della stessa. Dal canto suo, l’Amministrazione si è limitata a valutare i tre preventivi e a prescegliere quello ritenuto più conveniente, senza imporre modifiche di sorta e senza neppure stimolare rilanci competitivi tra gli offerenti.
Pertanto l’interessato si appella al Consiglio di Stato affermando che, alla luce del comma 3 dell’art. 19 quattordecies, del d.l. n. 148/2017, il Comune non avrebbe potuto scegliere il professionista cui affidare l’incarico sulla base del solo criterio del prezzo più basso, essendo principio immanente nel sistema il criterio di aggiudicazione fondato sul rapporto qualità/prezzo. Lamenta inoltre che il Comune neppure aveva palesato ai professionisti interpellati che la determinazione sull’incarico sarebbe stata condotta alla sola stregua del prezzo offerto, circostanza in grado di concretare una violazione dei generali principi di correttezza e buona fede posto anche se, secondo il primo giudice, non trattandosi di una gara, il Comune non era tenuto “ad esternare preventivamente il criterio in base al quale avrebbe operato la scelta tra i professionisti interpellati”.
La sentenza
Il Tar ritiene l’appello fondato sia perché la scelta del professionista non è stata ancorata alla predeterminazione di alcun criterio ne preceduta da alcuna procedimentalizzazione in grado di assicurare nel contempo l’imparzialità ed il buon andamento, ex art. 97 Cost, oltre che la trasparenza dell’agere amministrativo ed il rispetto del principio di buona fede, sia perché, pur essendo stata prevista la corresponsione di un compenso, la scelta del professionista è avvenuta avuto riguardo al criterio del prezzo più basso, senza previo accertamento del rispetto dell’equo compenso, atto a tutelare non solo la categoria forense da fenomeni anticoncorrenziali, ma anche ad assicurare la qualità della prestazione, come dedotto da parte appellante.
In particolare, laddove il compenso sia previsto, ad avviso del giudice, è pacifico che questo debba rispettare il criterio dell’equo compenso, quale normativamente determinato. Inoltre la scelta del professionista cui affidare l’incarico non può che essere fondata su criteri predeterminati e resi noti agli offerenti.
Ciò in quanto “la funzione amministrativa, da svolgere nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, non può non incentrare la sua concreta azione sui cardini della prevedibilità, certezza, adeguatezza, conoscibilità, oggettività ed imparzialità dei criteri di formazione dell’elenco al quale attingere e di affidamento degli incarichi”.
Pertanto la Pubblica amministrazione deve prevedere un meccanismo procedimentale che dia idonee garanzie circa il fatto che la concreta azione amministrativa sia ispirata a criteri, canoni e regole di assoluta imparzialità nella selezione e nella scelta dei professionisti, di modo che in questo “nuovo mercato” delle libere professioni nessuno abbia ad avvantaggiarsi a discapito di altri.
Il comma 3 dell’art. 19 quaterdecies d.l. n. 148/2017 invocato da parte appellante, stabilisce che la corresponsione di tariffe corrispondenti all’equo compenso costituisce “attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia” dell’azione amministrativa, tenuto conto del rilievo per cui se è vero che le prestazioni professionali degli avvocati devono essere espletate con professionalità anche indipendentemente dalla misura dell’onorario, non può tuttavia negarsi che l’interesse ad assumere incarichi per l’Amministrazione da parte dei professionisti più qualificati dipenda largamente anche dall’adeguatezza del corrispettivo offerto e dal rispetto della dignità professionale della classe forense.