IN POCHE PAROLE…

L’evoluzione del principio della trasparenza: dalla trasparenza amministrativa, alla trasparenza informativa alla trasparenza attiva  Vs  ritardo infrastrutturale e tecnologico.


1. Dalla legge 241/1990 al d.lgs. 97/2016: come è cambiato il diritto a conoscere in Italia.

Il principio di trasparenza è stato oggetto di un’evoluzione normativa significativa e di un interesse sempre crescente, particolarmente accentuato negli ultimi anni, in corrispondenza con l’evoluzione di un modello di amministrazione pubblica orientato verso l’open government.

Il d.lgs. n.97 del 2016[1] ha rappresentato l’acme di un lungo processo di sviluppo –  iniziato negli anni Novanta del secolo scorso con la legge 7 agosto 1990, n. 241[2]  – orientato a garantire il più ampio accesso alle informazioni in possesso della PA e il controllo dell’attività amministrativa da parte dei cittadini, e a promuovere, allo stesso tempo,  la responsabilità degli amministratori pubblici in funzione preventiva della corruzione.

Sicché, la trasparenza, baluardo del buon andamento e dell’imparzialità delle istituzioni, da strumento di accesso per coloro che ne hanno diritto[3], si è andata  sempre più configurando, nel corso dell’evoluzione normativa, come garanzia di accessibilità, che prescinde dalla sfera giuridica di determinati soggetti e diviene idonea ad assicurare una conoscenza generale e diffusa.

Nel sentiero di  sviluppo del diritto a conoscere la c.d. Riforma Brunetta,[4] introducendo il concetto di total disclosure, ossia  di totale accessibilità delle informazioni, ha fornito, all’art 11 comma 1,  una nozione veramente ampia di  trasparenza “intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche”in relazione a ogni aspetto dell’organizzazione. La riforma presuppone l’accesso da parte dell’intera collettività a tutte le informazioni pubbliche, secondo il paradigma della “libertà di informazione” e dell’open government.

Tale modello è stato rafforzato e  ripreso nella legge 6 novembre 2012, n. 190 [5] (legge Severino o Anticorruzione), laddove la trasparenza è diventata strumento per contenere e prevenire i fenomeni corruttivi, dal momento che il libero accesso ai documenti amministrativi permette una più facile individuazione di eventuali comportamenti illeciti  da parte dei dipendenti pubblici.

In attuazione della citata legge, per effetto della delega contenuta nell’articolo 1, comma 35, il Governo ha adottato il d.lgs. 33/2013 [6], che nel riordinare il corpus degli obblighi di pubblicità, trasparenza e accesso alle informazioni, ha fatto della trasparenza il perno intorno a quale deve muoversi l’agire amministrativo, il canone interpretativo e di orientamento dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento,  e ha codificato, in maniera puntuale, per tutte le amministrazioni pubbliche gli specifici obblighi di pubblicazione on-line di una grande varietà di informazioni in un’apposita sezione del sito web denominata “Amministrazione Trasparente” .

Da ultimo, con l’accesso civico generalizzato, cosiddetto FOIA, (Freedom of Information Act), introdotto nell’ordinamento italiano dall’art. 6 del d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 [7] è stato  garantito a chiunque il diritto di accedere a dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli soggetti all’obbligo di pubblicazione, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti.[8]

In estrema sintesi, le leggi n. 15/2009 con il suo decreto attuativo n. 150/2009 e n. 69/2009[9] hanno ridefinito il concetto di «trasparenza amministrativa», la cui garanzia è stata assicurata a tutti i cittadini senza distinzioni di carattere soggettivo e oggettivo, in cui domina  il patrimonio informativo reso «accessibile» e messo a disposizione attraverso mezzi e strumenti di agile consultazione.  Con totale inversione nel modus operandi l’informazione, un tempo «custodita» e disponibile solo in costanza di ben predeterminate circostanze giuridiche, diviene patrimonio comune, non solo privilegio di “chi veste la giubba del Re”.

L’aspirazione di ognuno di questi provvedimenti è stata orientata a fissare le basi di un comportamento amministrativo chiaro e corretto, in altri termini, trasparente, come fu annunciato da Filippo Turati, in occasione di un discorso tenuto presso la Camera dei Deputati nel 1908, nella famosa metafora secondo cui la Pubblica Amministrazione deve essere come una “casa di vetro” le cui funzioni vanno esercitate con prerogative non più “sovrane”.

2. L’ineludibile binomio tra trasparenza e digitalizzazione: dalla casa di vetro alla home page

I citati provvedimenti[10] confermano la forte tendenza all’implementazione di una «trasparenza informatica» da perseguire attraverso i più moderni mezzi di comunicazione capaci di rendere disponibile l’informazione a un numero indefinito di soggetti, che possono fruirne in ogni momento e da luoghi fisici diversi.

La disciplina che consente di prefigurare l’emersione di un nuovo modello di trasparenza, che si affianca a quello precedente e che però è idoneo ad assicurare rinnovate dinamiche di conoscibilità, è quella contenuta nel Codice dell’amministrazione digitale.

Il decreto legislativo n. 82 del 2005, definito come la Magna Charta dell’amministrazione digitale italiana,  è stato profondamente novellato dal decreto legislativo n. 235 del 2010, anche noto come il nuovo CAD, il quale ha indicato come obbligatorie alcune caratteristiche fondamentali quali accessibilità, usabilità e reperibilità anche da parte di disabili, con informazioni complete, chiare e di semplice consultazione, ampliando gli strumenti con cui si garantisce la trasparenza e conferendo loro maggiore effettività.

Il CAD rappresenta un punto di snodo nella transizione verso un nuovo modello di trasparenza perché, anzitutto, afferma il principio generale di conoscibilità delle informazioni “non riservate per espressa previsione di legge”, così dichiarando il tramonto definitivo del segreto quale connotato tipico dell’operato pubblico.

In seconda battuta, il crocevia è segnato dalla scelta dello strumento di disseminazione attraverso la rete Internet ovvero attraverso le home page dei siti istituzionali degli enti in luogo dell’accesso ai documenti fisici e dall’attenzione al tema della qualità delle informazioni diffuse in rete, laddove per le pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 54 del CAD, sorge l’obbligo di garantire la conformità all’originale delle informazioni pubblicate.

Dalla lettura del CAD si può, inoltre, facilmente evincere come l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione costituisca un mezzo di effettiva assicurazione del principio della trasparenza amministrativa da parte delle pubbliche amministrazioni[11].

Da ciò discende l’esistenza di un solido rapporto di strumentalità tra trasparenza e digitalizzazione tale che l’ informatizzazione diventa funzionale alla promozione della trasparenza, non solo come uno dei criteri guida dell’azione amministrativa ma anche nelle sue ulteriori funzioni  attuative della prevenzione della corruzione nonché di un vero e proprio servizio informativo verso la collettività che favorisce una maggiore partecipazione democratica.

Il binomio “trasparenza e digitalizzazione” si connota sempre più ineludibile in quanto risulta oggi inevitabile come tali concetti non possano più viaggiare separati e debbano, al contrario, proseguire il proprio cammino fianco a fianco.

Con l’ultima riforma strutturale messa in campo dal nostro legislatore, la cosiddetta Riforma Madia[12] è stato dato impulso alla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, alla digitalizzazione, alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all’anticorruzione e alla trasparenza, per rendere effettive le strategie di e-government.

Fra i criteri direttivi della delega emerge, per l’alto valore innovativo, «la ridefinizione e semplificazione dei procedimenti amministrativi, in relazione alle esigenze di celerità dei tempi e trasparenza nei confronti dei cittadini e delle imprese, mediante una disciplina basata sulla loro digitalizzazione e per la piena realizzazione del principio “innanzitutto digitale” (digital first), nonché dell’organizzazione e delle procedure interne a ciascuna amministrazione».

Ai sensi dell’art. 1 della l. 124/2015 – rubricato «Carta della cittadinanza digitale» – il Governo è stato delegato ad emanare norme di modifica al CAD volte a «garantire ai cittadini ed alle imprese il diritto di accedere a tutti i dati, i documenti ed i servizi di loro interesse in modalità digitale e la semplificazione nell’accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità dell’accesso fisico agli uffici pubblici».

In attuazione della delega, il Governo ha emanato il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 179 [13] e successivamente il decreto legislativo n. 217 del 2017, contenente “disposizioni integrative e correttive” al precedente decreto.

La Trasparenza, nel concetto introdotto dalla Riforma Brunetta, è volta a tutelare i diritti dei cittadini, a prevenire un uso distorto della cosa pubblica e a promuovere forme diffuse di controllo sulle attività delle istituzioni e sull’utilizzo delle risorse.  Le modifiche introdotte al CAD, invece, in tema di digitalizzazione mirano a garantire l’interoperabilità e la cooperazione applicativa, l’aggiornamento tecnologico e l’acquisizione delle digital skills necessarie, la standardizzazione delle procedure e dei siti web istituzionali.

In tale ottica il principale strumento attraverso cui il legislatore ha inteso conseguire maggiori livelli di trasparenza è la rete, dal momento che internet ha il potenziale di annullare la distanza tra cittadini e istituzioni. Sicché i siti web di tutte le amministrazioni pubbliche e delle società a partecipazione pubblica, case di dati e porte di accesso, sono diventati il topos virtuale in cui si fornisce riscontro alla richiesta di informazione da parte dei cittadini. Accedendo alla pagina “Amministrazione Trasparente” il cittadino viene proiettato nel cosiddetto albero della trasparenza, un indice standardizzato che lo guida nell’accesso a un numero vastissimo di informazioni che riguardano l’operato dell’ente e dei suoi dipendenti.

Con il contributo informatico si può affermare che la casa è diventata finalmente di vetro, attraverso la digitalizzazione e utilizzando l’accesso agli atti e alle home page dei siti istituzionali, il cittadino gode di un’accessibilità quasi totale alle informazioni in possesso della Pubblica Amministrazione.

3. Dalla Trasparenza amministrativa alla trasparenza attiva

La trasparenza “attiva” è un concetto che ha origine nelle ampie possibilità di interazione tra gli utenti e la pubblica amministrazione digitale e trova linfa nella previsione, che si ritrova nella riforma del CAD, di un passaggio essenziale dall’ obbligatorietà del servizio all’obbligatorietà della sua erogazione on-line. Ciò comporta che le pubbliche amministrazioni eroghino i propri servizi, ove possibile, nelle forme informatiche e con modalità telematiche, anche mediante collaborazione da instaurarsi con i soggetti privati.

La trasparenza per poter essere “attiva” e consentire agli utenti di prendere parte all’operato della pubblica amministrazione richiede un’amministrazione customer oriented, che presti particolare attenzione al grado di soddisfazione dell’utenza e consenta a questa un ruolo attivo di partecipazione alle decisioni pubbliche.

Gli strumenti di “trasparenza attiva” trovano vita in alcune disposizioni del codice dell’amministrazione digitale e si delineano come strumenti diretti e indiretti per il controllo democratico dei cittadini. Disegnano, in modo sistematico, una nuova prospettiva, un nuovo modo di rendere disponibili le informazioni e di strutturare i servizi in rete, in cui cittadini e imprese sono facilitati sia nella fase dell’identificazione informatica che nei successivi steps di comunicazione con la pubblica amministrazione e di fruizione dei servizi in modalità telematica.

Strumenti come la Carta Nazionale dei Servizi e il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID), che consentono l’accesso ai servizi pubblici da parte ei cittadini, diventano soluzioni permanenti a partire dal prossimo 28 febbraio.

SPID, in particolare, permette ai cittadini di accedere ai servizi on-line delle Pubbliche Amministrazioni e dei soggetti privati con un’unica identità digitale. Secondo i dati forniti da AgID[14], il Sistema Pubblico di Identità Digitale, conta oltre 11,3 milioni di utenti, e continua ad evolversi e ad essere protagonista della trasformazione digitale del Paese. La nuova modalità di rilascio dell’identità digitale più semplice e veloce, consente il riconoscimento on-line senza la presenza contestuale di un operatore.

4. Indicazioni conclusive e incognite

Indubbiamente non può non condividersi l’impegno profuso dal legislatore rispetto alle strategie di trasparenza e al più generale processo di digitalizzazione dell’amministrazione pubblica, tuttavia  bisogna pure dare conto delle difficoltà applicative che una disciplina così complessa può incontrare nel contesto dell’attività istituzionale delle amministrazioni pubbliche, connotato da forti squilibri, da vincoli burocratici, da risorse insufficienti, e anche da evidente  ritardo infrastrutturale e tecnologico.

La prima difficoltà è certamente legata al c.d. digital divide, il divario digitale che si registra nella popolazione tra coloro che conoscono ed utilizzano efficacemente gli strumenti informatici e coloro che, per le più svariate ragioni, spesso anche anagrafiche, restano indietro; identico divario si registra tra enti di grandi dimensioni e realtà, spesso locali, di dimensioni ridotte.

Sotto altro profilo, l’azione di promozione della trasparenza attraverso la digitalizzazione pone non pochi problemi in termini di sicurezza dei dati raccolti, gestiti e custoditi dalle amministrazioni. L’ingente quantità di dati da gestire, infatti, comporta il ricorso a sistemi tecnologici avanzati di cui non sempre le amministrazioni dispongono, trovandosi così costrette ad esternalizzare il servizio di cloud computing a soggetti terzi. Ciò fa nascere non pochi dubbi in relazione ai meccanismi di controllo che l’amministrazione potrà esercitare e, dunque, sulle garanzie di tutela rese agli utenti finali.

Ulteriore incognita deriva dalla stessa espressione di trasparenza, che, di per sé, evoca l’idea di un sistema nel quale moltissime informazioni circolano nella rete completamente svincolate in una nube di totale accessibilità e, per ciò stesso, di completo controllo da parte di chiunque.  Lasciando da parte le teorizzazioni distopiche in cui le tecnologie rischiano di diventare strumento di controllo piuttosto che di libertà, la disseminazione di informazioni private solo perché connesse all’esercizio di funzioni pubbliche e i reciproci limiti tra trasparenza e privacy, ciò che viene a galla è anche il fatto che laddove la diffusione delle informazioni non è ben gestita può generare disorientamento e confusione. E’ del tutto evidente, infatti, che la conoscenza che il cittadino è in grado di maturare di un fenomeno amministrativo non è per forza proporzionale alla quantità di informazioni disponibili, ma è esponente della qualità delle stesse e del grado di accessibilità.

dott.ssa Enrica Cataldo – AGID, uffici di staff


[1] Decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”

[2] Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi

[3] Ai sensi degli artt. 22 e ss della legge 241/90 e ss.mm.ii.

[4] Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150 “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n.15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”

[5] Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione

[6] Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni per il riordino della disciplina afferente gli obblighi di pubblicità.

[7] che ha sostituito l’art. 5 del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, c.d. decreto trasparenza.

[8] Cfr. ANAC, Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico, Delibera 1309/2016 del 28.12.2016.

[9] “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”. 

[10] La legge 69/2009 non si è limitata ad aumentare le informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria, ma ha previsto, altresì, che gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti web da parte delle amministrazioni.

[11] tra i compiti del Responsabile della transizione digitale, come individuati dall’art. 17 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice per l’amministrazione digitale, e illustrati con la Circolare RTD n. 3/2018 del Ministro per la pubblica amministrazione, vi sia ricompreso quello di fornire le indicazioni sull’utilizzo di soluzioni tecnologiche per la gestione delle istanze.

[12] Legge 7 agosto 2015, n. 124.

[13]Modifiche ed integrazioni al Codice dell’amministrazione digitale”

[14] https://www.agid.gov.it/it/piattaforme/spid


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