La legge 9 agosto 2013 n. 98, che ha convertito il decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 – Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, in vigore dal 21 agosto, ha introdotto importanti novità in materia ambientale.
Disposizioni in materia ambientale
Viene riformulato l’art. 243 del D. Lgs. 152/2006 sulla gestione delle acque sotterranee emunte.
Viene inoltre nuovamente modificata la disciplina in materia di terre e rocce da scavo.
Attraverso l’introduzione di un nuovo comma 2-bis all’articolo 184-bis del D. Lgs. 152/2006 (sottoprodotto), si circoscrive l’applicazione del D. M. 10 agosto 2012, n. 161 “Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo” ai soli casi di terre e rocce da scavo provenienti da attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale o Autorizzazione integrata ambientale.
Viene esclusa dal campo di applicazione del D. M. 161/2012 anche l’immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e di posa in mare di cavi e condotte (articolo 109 del D. Lgs. 152/2006).
Le matrici materiali di riporto sono escluse — al pari del suolo — dalle norme in materia di rifiuti in base a quanto stabilito dall’articolo 185 del D. Lgs. 152/2006, con la modifica all’articolo 3 del D. L. 2/2012 che ne contiene l’interpretazione autentica.
Tale interpretazione viene integrata precisando che le matrici materiali di riporto sono costituite “da una miscela eterogenea di materiale di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, di rilevati e di reinterri”.
Attraverso la sostituzione dei commi 2 e 3, la norma stabilisce a livello applicativo che le matrici, ai fini dell’esclusione dalla normativa sui rifiuti, devono essere sottoposte a test di cessione sui materiali granulari, ai sensi del D. M. 5 febbraio 1998 e ai fini delle metodiche da utilizzare per escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee.
Nel caso i test risultino conformi ai limiti del testo di cessione, le matrici devono comunque rispettare la normativa in materia di bonifica dei siti contaminati. Se invece sia rilevata la non conformità le matrici vanno considerate fonti di contaminazione che devono essere rese conformi, oppure rimosse, oppure sottoposte a messa in sicurezza permanente.
Le terre e rocce da scavo, siano o no comprese nell’ambito di applicazione del D.M. 161/2012, sono da considerare sottoprodotti e non rifiuti se il produttore dimostra:
a) che è certa la destinazione all’utilizzo direttamente presso uno o più siti o cicli produttivi determinati;
b) che, in caso di destinazione a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo, non sono superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione e i materiali non costituiscono fonte di contaminazione diretta o indiretta per le acque sotterranee, fatti salvi i valori di fondo naturale;
c) che, in caso di destinazione ad un successivo ciclo di produzione, l’utilizzo non determina rischi per la salute né variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo delle materie prime;
d) che non è necessario sottoporre i materiali da scavo ad alcun preventivo trattamento, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere.
Il proponente o il produttore attesta il rispetto delle suddette condizioni tramite dichiarazione resa all’ARPA, precisando le quantità destinate all’utilizzo, il sito di deposito e i tempi previsti per l’utilizzo, che non possono comunque superare un anno dalla data di produzione, salvo il caso in cui l’opera nella quale il materiale è destinato ad essere utilizzato preveda un termine di esecuzione superiore. Le attività di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformità alla vigente disciplina urbanistica e igienico-sanitaria.
L’eventuale modifica dei requisiti e delle condizioni indicate nella dichiarazione è comunicata entro trenta giorni al comune del luogo di produzione.
Il produttore deve, in ogni caso, confermare all’ARPA, territorialmente competente con riferimento al luogo di produzione e di utilizzo, che i materiali da scavo sono stati completamente utilizzati secondo le previsioni comunicate.
L’utilizzo dei materiali da scavo come sottoprodotto resta assoggettato al regime proprio dei beni e dei prodotti. A tal fine il trasporto di tali materiali è accompagnato, qualora previsto, dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto.
La definizione dei materiali da scavo contenuta nell’art. 1 del D. M. 161/2012 integra, a tutti gli effetti, le corrispondenti disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Impianti ad inquinamento scarsamente significativo
L’art. 41 ter della Legge integra la parte I dell’allegato IV alla parte V del D. Lgs. 152/2006, contenente l’elenco degli impianti ed attività in deroga in merito all’applicazione delle norme sulle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera di cui all’art. 272 del codice ambientale, con l’inserimento di:
a) silos per i materiali vegetali;
b) impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati da imprese agricole o a servizio delle stesse con potenza termica nominale, per corpo essiccante, uguale o inferiore a 1 MW, se alimentati a biomasse o a biodiesel o a gasolio come tale o in emulsione con biodiesel, e uguale o inferiore a 3 MW, se alimentati a metano o a gpl o a biogas;
c) cantine che trasformano fino a 600 tonnellate l’anno di uva nonché’ stabilimenti di produzione di aceto o altre bevande fermentate, con una produzione annua di 250 ettolitri per i distillati e di 1.000 ettolitri per gli altri prodotti. Sono comunque sempre escluse, indipendentemente dalla produzione annua, le fasi di fermentazione, movimentazione, travaso, addizione, trattamento meccanico, miscelazione, confezionamento e stoccaggio delle materie prime e dei residui effettuate negli stabilimenti di cui sopra;
d) frantoi.
La parte II dell’allegato IV alla parte V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, contenente l’elenco delle attività per le quali è possibile adottare autorizzazioni di carattere generale è integrata con le seguenti attività:
a) Impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati o a servizio di imprese agricole non ricompresi tra gli impianti in deroga;
b) stabilimenti di produzione di vino, aceto o altre bevande fermentate non ricompresi tra gli impianti ed attività in deroga.
Autorizzazione paesaggistica
Nel caso in cui la soprintendenza non renda il parere di compatibilità paesaggistica del progettato intervento entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti, non è più richiesta la convocazione della conferenza di servizi di cui all’art. 149 comma 9 del Codice, ma l’Amministrazione può provvedere direttamente sulla domanda di autorizzazione.