La Corte Suprema di cassazione, Sezione tributaria, con ordinanza n. 12056 del 17 maggio 2013, Pres. Merone, Rel. Stefano, ha rimesso alle Sezione Unite della Corte, la questione sulla sussisitenza o meno dei presupposti per l’applicazione della tassa di concessione governativa sulla telefonia mobile. 

La Corte, non condividendo il precedente orientamento espresso dallo stesso giudice con la sentenza 14 dicembre 2012, n. 23052 (1), che si era pronunciato nel senso della debenza della tassa, ha riconosciuto legittime le doglianze del contribuente e ha investito il Primo presidente per le valutazioni di competenza in ordine alla opportunità che sul ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate si pronuncino le Sezioni Unite della Corte di cassazione.

 (1) Con la sentenza del 2012, la Cassazione,  sconfessando il giudizio di merito, aveva accolto le ragioni dell’Agenzia delle entrate sulla debenza della tassa, in quanto “Sebbene abrogato dal D.Lgs. n. 259 del 2003, l’art. 318, è stato reiterato nel suo contenuto precettivo dall’art. 160 della stesso D.Lgs., che ha disposto che “presso ogni singola stazione radioelettrica per la quale sia stata consegnata l’autorizzazione generale deve essere conservata l’apposita licenza rilasciata dal Ministero. Per le stazioni riceventi del servizio il titolo di abbonamento tiene luogo della licenza”; di conseguenza anche attualmente il proprietario di un apparecchio di telefonia mobile è autorizzato a farne uso in l’forza del proprio abbonamento e, nello stesso tempo, l’art. 160 citato, riproducendo il contenuto dell’art. 318 abrogato, ha modificato l’art. 21 della tariffa nella parte in cui in precedenza richiamava l’art. 318 stesso“.


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