Il disegno di legge (A.S. n. 1577),  recante “Riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche”, in corso di esame in Commissione permanente (Affari Costituzionali) prevede all’art. 6 la delega al Governo per la “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di anticorruzione, pubblicità e trasparenza”, da esercitare entro sei mesi dall’entratta in vigore della legge.

Due le normative interessate alla revisione e semplificazione:

a) il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33,  in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni;

b) il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le amministrazioni pubbliche e presso gli enti privati in controllo pubblico.

Nell’esercizio della delega, il Governo dovrà attenersi ai principi e ai criteri direttivi dettati dalla legge n. 190 del 2012  e ai due aggiunti dalla nuova previsione normativa: (a) precisazione dell’ambito di applicazione degli obblighi in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza delle amministrazioni pubbliche;  (b) riduzione e concentrazione degli oneri gravanti in capo alle amministrazioni pubbliche.

Molto importante il primo nuovo criterio relativo alla precisazione dell’ambito di applicazione dei decreti legislativi, considerato che su diversi punti specie il d.lgs 39 è ambiguo (vedi contributo di Giuseppe Panassidi in questa Rivista).

In realtà, il legislatore è intervenuto, di recente, a precisare l’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 33, ma limitatamente alle società partecipate. La recente legge n. 114 del 2014, di conversione del decreto – legge n. 90 del 2014 (cosiddetto “decreto pubblica amministrazione), infatti, ha modificato l’art. 11 del D.lgs. n° 33 del 2013, secondo cui ora la disciplina della trasparenza prevista per le amministrazioni pubbliche si applica altresì «limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea, agli enti di diritto privato in controllo pubblico, ossia alle società e altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile da parte di pubbliche amministrazioni, oppure agli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi». Nel caso, invece, in cui la partecipazione pubblica sia non maggioritaria la disposizione stabilisce che le norme «si applicano, limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea, le disposizioni dell’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge 6 novembre 2012, n. 190».


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