Brevissima…
L’applicazione di un’interdittiva antimafia che successivamente viene annullata dal TAR, non dà diritto ad un risarcimento, nonostante l’azienda coinvolta ha perso la possibilità di partecipare a finanziamenti e appalti pubblici a causa del provvedimento.
Così la pensa il Consiglio per la giustizia amministrativa della Sicilia (sentenza n. 233/2024), secondo cui «la Pa, in materia di interdittiva antimafia, gode di un’ampia discrezionalità, e ciò comporta il riconoscimento del beneficio dell’errore scusabile, con conseguente esclusione della colpa e, quindi, della responsabilità dell’amministrazione».
Infatti “la misura dell’interdittiva antimafia obbedisce a una logica di anticipazione della soglia di difesa sociale e non postula, come tale, l’accertamento in sede penale di uno o più reati che attestino il collegamento o la contiguità dell’impresa con associazioni di tipo mafioso (Cons. St., sez. III, 15 settembre 2014, n. 4693), potendo, perciò, restare legittimata anche dal solo rilievo di elementi sintomatici che dimostrino il concreto pericolo (anche se non la certezza) di infiltrazioni della criminalità organizzata nell’attività imprenditoriale (Cons. St., sez. III, 1 settembre 2014, n. 4441).
Sulla natura dell’interdittiva antimafia v. anche Adunanza plenaria n. 3 del 2018.
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana, sentenza del 2 n. 233 – Pres. de Francisco, Est. Caleca
Normativa di riferimento