Con fine di fornire chiarimenti e indicazioni a pubbliche amministrazioni e ad imprese private, il 6 maggio u.s. il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato un elenco di domande e risposte, in continuo aggiornamento, sul trattamento e la protezione dei dati personale durante la fase emergenziale causata dalla pandemia per Coronavirus.
Le questioni a cui il Garante ha voluto fornire risposta riguardano, in particolare, il trattamento dei dati nell’ambito dell’emergenza sanitaria:
- nel contesto sanitario;
- da parte degli enti locali;
- nel contesto lavorativo pubblico e privato;
- nel contesto scolastico;
- nel contesto delle sperimentazioni cliniche e delle ricerche mediche.
Per quanto riguarda i rapporti di lavoro, l’Autorità ha chiarito che:
- nell’ambito del sistema di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro o di protocolli di sicurezza anti-contagio, il datore di lavoro può richiedere ai propri dipendenti di effettuare test sierologici solo se disposto dal medico competente o da altro professionista sanitario in base alle norme relative all’emergenza epidemiologica;
- solo il medico del lavoro infatti, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici. E sempre il medico competente può suggerire l’adozione di mezzi diagnostici, quando li ritenga utili al fine del contenimento della diffusione del virus, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie, anche riguardo alla loro affidabilità e appropriatezza;
- le informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi familiare del lavoratore non possono essere trattate dal datore di lavoro (ad esempio, mediante la consultazione dei referti o degli esiti degli esami). Il datore di lavoro deve, invece, trattare i dati relativi al giudizio di idoneità del lavoratore alla mansione svolta e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente può stabilire. Le visite e gli accertamenti, anche ai fini della valutazione della riammissione al lavoro del dipendente, devono essere posti in essere dal medico competente o da altro personale sanitario, e, comunque, nel rispetto delle disposizioni generali che vietano al datore di lavoro di effettuare direttamente esami diagnostici sui dipendenti;
- la partecipazione agli screening sierologici promossi dai Dipartimenti di prevenzione regionali nei confronti di particolari categorie di lavoratori a rischio di contagio, come operatori sanitari e forze dell’ordine, può avvenire solo su base volontaria. I risultati possono essere utilizzati dalla struttura sanitaria che ha effettuato il test per finalità di diagnosi e cura dell’interessato e per disporre le misure di contenimento epidemiologico previste dalla normativa d’urgenza in vigore (es. isolamento domiciliare).