Le disposizioni di legge regionale, che individuano i progetti da sottoporre a VIA attraverso i soli criteri dimensionali, sono in contrasto con l’art. 4, par. 3, dir. n. 2011/92 UE.

Inoltre, il rispetto della disciplina europea in materia ambientale, ata la sua elevata sensibilità, implica la resa di esaurienti obblighi informativi nei confronti della collettività, in quanto i principi di trasparenza ed informazione sono strettamente connessi alla garanzia di una partecipazione effettiva per le attività decisionali. Infine, nella contestuale ottica di diffusione di informazioni, la normativa nazionale impone che l’istante, proponendo il progetto all’autorità competente, debba anche presentare copia dell’avviso a mezzo stampo da pubblicare simultaneamente.

 Corte costituzionale, 22 maggio 2013, n. 93, Pres. F. Gallo, Rel. Giuseppe Tesauro

La sentenza

Il caso.

Il presidente del Consiglio dei Ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale nei confronti della legge della Regione Marche 26 marzo 2012, n. 3, Disciplina regionale della valutazione di impatto ambientale – VIA, sostenendo che alcune tra le norme introdotte con la citata legge in materia di procedure di competenza regionale per la valutazione di impatto ambientale si prestino a diverse censure, in quanto contrastanti sia con la direttiva europea n. 2011/92 sia con il d.lgs. n. 152/2006.

 La sentenza.

La Corte costituzionale accoglie alcune delle deduzioni proposte dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Innanzitutto, ritiene che gli allegati A1, A2, B1 e B2 della l. reg. n. 3/2012, volti ad individuare dei criteri esclusivamente dimensionali al di sotto dei quali non è obbligatoria la sottoposizione del progetto a VIA, determinino una violazione dell’art. 4, par. 3, dir. n. 2011/92. Quest’ultimo, infatti, indica la doverosa considerazione di ulteriori parametri, come ad esempio l’utilizzo di risorse naturali, la produzione di rifiuti, l’inquinamento e disturbi ambientali, nonché la localizzazione dei progetti. Una valutazione più ampia è dunque necessaria per avere una migliore cognizione circa l’effettivo impatto di un’attività sull’ambiente.

Inoltre, il Giudice delle leggi individua ulteriori profili di illegittimità in riferimento all’asimmetria di obblighi informativi previsti dalla legge regionale rispetto alle indicazioni sovranazionali. Precisamente, gli artt. 8, co. 4, e 13 non prevedono a carico del proponente l’obbligo di specificare i termini entro i quali possono essere ottenute le informazioni relative al progetto, le modalità con cui le informazioni sono rese al pubblico, l’indicazione specifica delle ragioni per cui il medesimo progetto sia sottoposto a VIA. Pertanto, non è garantito l’adempimento di tutti quei rilevanti obblighi informativi descritti ex art. 6, par. 2 della direttiva, con conseguente violazione dell’art. 117, co. 1, Cost.

Infine, la Corte afferma l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, co. 1, lett. c, l. reg. n. 3/2012 in quanto esso prescrive, in capo a chi propone il progetto all’autorità competente, l’onere di allegare una copia del relativo avviso da pubblicare a mezzo stampa. Al contrario, gli artt. 23, co. 1, e 24, co. 1, d. lgs. n. 152/2006 impongono che il proponente medesimo debba allegare tale copia all’istanza principale, ed inoltre che provveda contestualmente anche alla sua pubblicazione, in modo tale che la presentazione del progetto e la sua divulgazione si verifichino simultaneamente. Tale specifico adempimento non viene invece preteso dalla normativa regionale

 Conclusioni.

La sensibilità che contraddistingue la materia ambientale implica, da un lato, una scrupolosa attenzione nei confronti di numerosi parametri. Lo screening da eseguirsi innanzi alla realizzazione di un’opera non può in alcun modo limitarsi a degli elementi puramente dimensionali che, seppur significativi, debbono essere accompagnati da valutazioni su ulteriori profili.

Dall’altro, è fondamentale che le normative sia statali sia regionali rispettino gli obblighi di trasparenza ed informazione preordinati alla partecipazione. È difatti noto che nella disciplina ambientale tali obblighi acquistano un significato ancor più pregnante rispetto a quanto stabilito dagli istituti descritti in linea generale all’interno della l. n. 241/1990. Il “pubblico interessato” viene ritenuto particolarmente degno di attenzioni, tanto che il considerando n. 19 della direttiva n. 2011/92 afferma l’obiettivo di <<garantire il diritto di partecipazione del pubblico alle attività decisionali in materia ambientale, per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute ed il benessere delle persone>>.

Inoltre la Corte, nel motivare la propria posizione, giunge a sostenere che la disposizione legislativa di cui all’art. 24, co. 1, d. lgs. n. 152/2006, imponendo che la presentazione del progetto all’autorità competente sia contestuale rispetto alla pubblicazione dell’avviso a mezzo stampa, rende un’indicazione molto precisa. Difatti, essa sostiene che l’eventuale difformità tra questi due momenti <<non determina una miglior tutela ambientale, ed anzi ritardando la pubblica conoscenza del procedimento iniziato, è suscettibile di ritardare per ciò stesso la possibilità di partecipazione e decisione informata del procedimento medesimo e, quindi, di tutelare con minore efficacia il bene dell’ecosistema a presidio del quale il legislatore statale, nell’ambito della propria competenza, ha dettato la menzionata disciplina>>.

 dott. Gabriele Torelli

 


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