Non solo “pagamenti” tra le materie di interesse degli enti locali trattate dalla L. 64/2013, di conversione del D.L. 35/2013. Le disposizioni recate, infatti, si occupano altresì si rinviare il termine per l’approvazione del bilancio di previsione 2013, di interpretare il divieto di acquisto di immobili della L. 228/2012, di prorogare la deroga per l’utilizzo degli oneri concessori in parte corrente, di modificare il patto verticale incentivato e di ridefinire alcuni profili collegati al gettito IMU.
Rispetto al bilancio 2013 è rinviato dal 30 giugno 2013 al 30 settembre 2013 il termine di approvazione, così accogliendo le molteplici istanze provenienti dal mondo delle autonomie locali, giustificate dalla consistente e continua evoluzione normativa.
Per effetto della novella normativa (che ha modificato la L. 228/2012) gli enti hanno quindi ancora a disposizione tre mesi per l’approvazione del bilancio di previsione 2013 e del bilancio pluriennale 2013/2015, dovendosi – come anticipato – provvedere entro e non oltre il prossimo 30 settembre.
E’ da rilevare, peraltro, al riguardo, che il legislatore è intervenuto, sul punto e ripetutamente, con “eccessivo zelo”, essendo, ai sensi dell’art. 151 del Tuel, semplicemente necessario un decreto del Ministro dell’Interno.
Considerando che, a causa di tale slittamento, il termine ultimo per l’approvazione del bilancio viene a corrispondere alla scadenza ordinamentale (contenuta nell’art. 193 del Tuel) per il provvedimento di salvaguardia degli equilibri di bilancio, è opportunamente introdotta una disposizione transitoria, destinata ad evitare l’adozione di atti e provvedimenti privi di effettiva e sostanziale utilità, nella logica dello snellimento dell’azione amministrativa.
Si stabilisce, infatti, che ove il bilancio di previsione sia deliberato dopo il 1° settembre, limitatamente al solo esercizio 2013, è facoltativa l’adozione della delibera consiliare di salvaguardia degli equilibri di bilancio, posto che siffatto documento è stato approvato poco prima evidentemente rispettando il principio del pareggio, con un provvedimento che, a questo punto, fatti salvi casi particolari, assorbe anche i contenuti del riequilibrio.
Rispetto alla programmazione di bilancio è fondamentale anche ricordare la proroga, fino al 2014, della possibilità di utilizzare i proventi concessori per il finanziamento di spese di parte corrente.
Come si ricorderà la L. 228/2012 aveva tentato di orientare la gestione finanziaria degli enti locali nella direzione opposta, con l’obiettivo di garantire un migliore equilibrio strutturale della parte corrente, abrogando una serie di disposizioni che consentivano di destinare al finanziamento di spese di correnti le plusvalenze derivanti dalla dismissione di beni patrimoniali e non reiterando la deroga (vigente fino al 2012) per l’utilizzo di una quota dei proventi concessori.
Ora, però, con la legge di conversione del D.L. 35/2013 si estende fino al 2014 (di conseguenza la disposizione non dispiega effetto per l’ultima annualità del bilancio pluriennale) la disciplina recata dalla L. 244/2007 secondo la quale i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (di cui al D.P.R. 380/2001), possono essere utilizzati per una quota non superiore al 50% per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25% esclusivamente per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale.
Significative modifiche, inoltre, sono state apportate alla disciplina del patto verticale incentivato contenuta nell’art. 1, commi 122 e seguenti, della L. 228/2012 che, tra l’altro, è esteso all’esercizio 2014.
Anzitutto, è ampliata la dimensione dell’incentivo attribuito alle regioni (a statuto ordinario, oltre che alle regioni Sicilia e Sardegna) che, a fronte di un importo iniziale di 800 milioni di euro, è rideterminata, per ciascuna annualità 2013 e 2014, nell’ammontare complessivo di 1.272.006.281 euro (da attribuire, sempre, in funzione dell’83,33% degli spazi ceduti agli enti locali).
Tale importo è anche ripartito tra le diverse regioni in un’apposita tabella, che sostituisce quella contenuta nella Legge di Stabilità 2013 che, ovviamente, faceva riferimento al beneficio inizialmente previsto: tale distribuzione, che attribuisce 318.001.570 euro in relazione agli spazi finanziari ceduti alle province e 954.004.710 euro in relazione agli spazi ceduti ai comuni, potrà tuttavia essere modificata mediante un accordo da sancire, entro il 30 giugno 2013, nell’ambito della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
Peraltro, nell’ambito di tale rimodulazione, è pure stabilito che almeno il 50% degli spazi finanziari ceduti ai comuni debba essere destinato agli enti con popolazione compresa tra 1.000 e 5.000 abitanti, entrati per la prima volta nel perimetro di applicazione del patto di stabilità nel 2013, i quali ottengono così un importantissimo aiuto nel perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica assegnati.
Cambiano altresì, e si tratta di una modifica del tutto significativa e rilevante, le spese che, ai fini del patto di stabilità interno, possono essere “coperte” mediante gli spazi ceduti attraverso il meccanismo del patto verticale incentivato, essendo ora tale beneficio orientato al “pagamento di obbligazioni di parte capitale assunte”, non solo – quindi – in conto residui.
Per garantire lo svolgimento dei nuovi adempimenti, tra l’altro, è anche rinviato al 30 giugno 2013 (dal 31 maggio 2013, che costituisce la scadenza inizialmente definita) il termine entro il quale le regioni devono comunicare al Ministero dell’Economia e delle Finanze, con riferimento a ciascun ente beneficiario, gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell’equilibrio dei saldi di finanza pubblica (per il 2014 il termine è, invece, confermato nel 31 maggio).
Rispetto alla destinazione del gettito IMU, tra l’altro, con specifico riguardo agli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo D, è anche precisato, nel provvedimento, che la riserva della quota statale non trova applicazione con riferimento ai beni posseduti dai comuni e che insistono sui rispettivi territori.
Si tratta, ad evidenza, di una scelta opportuna che evita una consistente penalizzazione a carico dei comuni che possiedono immobili rientranti nella tipologia indicata, i quali sarebbero altrimenti “incisi” da imposizione a favore dello Stato.
Inoltre, è puntualizzato che la stessa riserva non trova neppure applicazione in relazione ai fabbricati rurali ad uso strumentale ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani di cui all’apposito elenco predisposto dall’ISTAT.
In proposito, è anche chiarito (seppure tale soluzione poteva considerarsi già acquisita in via interpretativa) che le attività di accertamento e riscossione sono svolte dai comuni, ai quali spettano le maggiori somme conseguenti a titolo di imposta, interessi e sanzioni.
Al riguardo, è da segnalare l’attribuzione di una contribuzione aggiuntiva (di 330 milioni per il 2013 e 270 milioni per il 2014) a favore dei comuni che, nelle annualità 2012 e 2013, hanno registrato il maggiore taglio di risorse a causa dell’assoggettamento degli immobili direttamente posseduti nel proprio territorio (fenomeno emerso, ovviamente, a livello di stime ministeriali).
Tale importo è ripartito tra i comuni interessati con decreto del Ministero dell’Interno (di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze), da adottare entro 60 giorni, sulla base delle stime di gettito IMU correlate proprio agli immobili posseduti dai comuni nel proprio territorio. E da sottolineato che l’ammontare assegnato a ciascun ente locale non è rilevante ai fini della formazione del saldo finanziario rilevante per il patto di stabilità interno.
Infine, sempre sul fronte delle interpretazioni, la legge di conversione del D.L. 35/2013 interviene altresì a chiarire, alla luce soprattutto delle indicazioni delle Sezioni Regionali di Controllo della Corte dei Conti, la portata del generale divieto (posto dalla L. 228/2012) di acquistare immobili a titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva, salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero che la locazione sia stipulata per acquistare, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti.
Si afferma, infatti, con un’interpretazione autentica, che il divieto “non si applica alle procedure relative all’acquisto a titolo oneroso di immobili o terreni effettuate per pubblica utilità … nonché alle permute a parità di prezzo e alle operazioni di acquisto programmate da delibere assunte prima del 31 dicembre 2012 dai competenti organi degli enti locali e che individuano con esattezza i compendi immobiliari oggetto delle operazioni e alle procedure relative a convenzioni urbanistiche previste dalle normative regionali e provinciali”.
(Federico Fontana – Marco Rossi)