IN POCHE PAROLE …

La revoca del Revisore contabile dell’Ente locale è espressione di una potestà privatistica e riconducibile al generale principio di risoluzione dei rapporti contrattuali contenuto negli artt. 1453 e ss del Codice civile

Tar Puglia, Lecce, Sez. III, sentenza n. 1025 del 20 settembre 2024 – Presidente d’Arpe, relatore Martone

Il caso

Un professionista domanda al Tar l’annullamento della deliberazione di Consiglio comunale con la quale è stata disposta la revoca, per grave inadempimento, dell’incarico di revisore dei conti ricoperto presso un Ente locale.

Chiede altresì di annullare la delibera di nomina del nuovo revisore, di essere reintegrato nell’incarico e di venire refuso dei compensi non percepiti. In subordine, di venire risarcito dei danni subiti, del danno morale e di immagine.

La sentenza

Il ricorrente sottolinea di aver esplicato diligentemente il proprio incarico, mediante la redazione di pareri ed osservazioni per il risanamento dell’Ente, sollecitando altresì il recupero dei crediti e promuovendo tutte le attività connesse con la propria funzione.

Ciononostante, la revoca appare disposta sul rilievo di gravi inadempienze degli obblighi di legge, senza indicare le motivazioni effettive alla base del provvedimento.

Il Comune non avrebbe né diffidato né preavvisato il revisore, essendosi limitato ad inserire in via di urgenza, con sole 24 ore di anticipo, un punto aggiuntivo all’odg della seduta consiliare convocata per deliberare sull’argomento.

Ai consiglieri comunali, dunque, non sarebbe stata data un’adeguata informazione sui contenuti della proposta.

Conclusioni

Il Tar afferma che la revoca del Revisore contabile di cui all’art 235, co. 2, d.lgs. n. 267/2000, è espressione di una potestà privatistica attribuita all’Ente pubblico e riconducibile al generale principio di risoluzione dei rapporti contrattuali, contenuto negli artt. 1453 e ss del Codice civile.

Il giudice, in particolare, stabilisce di aderire all’orientamento della giurisprudenza minoritaria (1), secondo cui il provvedimento di revoca:

  • viene ad incidere su posizioni giuridiche di diritto soggettivo e, segnatamente, sul diritto all’esatto adempimento del contratto stipulato inter partes;
  • deve essere qualificato quale atto di recesso espressione di un diritto potestativo, con conseguente investitura del giudice ordinario (Tar Molise, sentenza del 24 Aprile 2012 n. 180).

Questo perché il dato letterale del Tuel, secondo cui la “revoca” può avvenire solo per inadempienza (in particolare, per la mancata presentazione della relazione alla proposta di delibera del rendiconto nei termini di legge), implica che vi sia stato un grave inadempimento nella fase di esecuzione dell’incarico, fase nella quale l’ente pubblico ed il revisore sono posti in posizione paritetica.

Il termine “revoca”, adoperato dalla norma, non è quindi espressione di una potestà pubblicistica, non essendo in presenza di alcuna ipotesi di autotutela della P.A. (annullamento d’ufficio o revoca nei termini di cui alla L. n. 241/1990) e non vertendo la questione in tema di inopportunità o di rivalutazione dell’originario o sopravvenuto interesse pubblico.

Da quanto sopra consegue che l’Ente locale, nel disporre la revoca/risoluzione per ravvisate gravi inadempienze:

  • non esercita alcuna potestà discrezionale di valutazione comparativa di interessi pubblici rispetto all’interesse del privato destinatario dell’atto;
  • non è tenuto ad esprimere una motivazione sull’esistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale, ma deve solo accertare se vi siano state gravi inadempienze nell’espletamento dell’incarico; e, nel caso in cui vi fossero state, deve operare la revoca/recesso senza poter esercitare alcun potere discrezionale.

In ultimo, non sarà possibile applicare nemmeno il principio di simmetria delle forme, secondo cui la revoca dovrebbe possedere la stessa natura (pubblicistica) dell’atto di nomina,  considerato che, una volta conclusasi la fase di designazione, tutte le vicende inerenti la corretta esecuzione dell’incarico non possono che attenere alla successiva fase esecutiva e, dunque, ad una posizione di diritto soggettivo.

Da qui la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione con investitura dall’A.G.O. per configurabilità, nel caso di specie, di un diritto soggettivo perfetto.

Stefania Fabris

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(1) Di contro, secondo l’orientamento della giurisprudenza maggioritaria:

  • la revoca del revisore va qualificata alla stregua di un vero e proprio potere pubblicistico, inquadrabile nell’alveo dell’autotutela della P.A., finalizzata alla salvaguardia dell’interesse dell’Ente territoriale, allorquando il professionista si riveli inadempiente rispetto agli obblighi imposti dalla legge;
  • il potere di revoca sarebbe caratterizzato da elementi pubblicistici, trattandosi di un potere speculare a quello di nomina, previsto in capo al Consiglio comunale dall’art. 234, co. 1, del d.lgs. n. 267/2000;
  • la funzione di Revisore degli Enti Locali costituisce un munus pubblico, non potendo venire in rilievo posizioni di diritto soggettivo, così confermando la giurisdizione generale di legittimità del G.A. (Consiglio di Giustizia Amministrativa Sicilia, sentenza del 22 dicembre 2015 n. 736, e Tar Campania, Sez. IV sentenza del 7 novembre 2023 n. 6118/2023).

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