IN POCHE PAROLE …
Nell’ambito delle partecipazioni societarie degli enti pubblici, il “controllo pubblico” ricorre anche nei casi in cui più amministrazioni pubbliche dispongono, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del Codice civile, indipendentemente dalla formalizzazione di meccanismi di coordinamento
A margine
Il caso – In sede di esame dei Piani di razionalizzazione periodica delle partecipazioni, la Sezione di controllo per l’Emilia Romagna affronta le note problematiche interpretative ed applicative della nozione di società a controllo pubblico congiunto.
Da premettere che, secondo il Comune interessato, costituisce “società a controllo pubblico congiunto” solamente la società:
- a capitale pubblico frazionato tra più soci,
- nessuno dei quali detentore di una quota di maggioranza, né di un diritto di veto assembleare,
- nella quale i comuni siano congiuntamente possessori di una quota di maggioranza (50,01% o più) me necessariamente legati tra loro da un patto parasociale scritto e vincolante.
Non sarebbe dunque soggetta a controllo pubblico la società per la quale non fosse stato stipulato alcun patto tra i comuni soci.
Ad avviso del Comune, inoltre, andrebbero ritenute “partecipazioni indirette”, oggetto di razionalizzazione, unicamente le partecipazioni detenute attraverso una società partecipata direttamente, sottoposta a controllo monocratico/solitario, dell’ente stesso, e non anche quelle detenute congiuntamente con altri soci pubblici.
La deliberazione
La Corte ricorda che la definizione di “controllo” è rinvenibile all’art. 2, c. 1, lett. b), del d.lgs. n. 175/2016.
Per controllo, deve intendersi “la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”.
In base al T.U.S.P. deve dunque essere considerata “a controllo pubblico” la società nella quale una o più amministrazioni pubbliche (congiuntamente) esercitano poteri di controllo con le predette modalità (art. 2, c. 1, lett. m).
L’esatta individuazione del concetto assume particolare importanza, posto che lo stesso testo unico detta specifiche prescrizioni applicabili solamente alle società controllate.
Inoltre, la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 2, c. 1, lett. b) ed m), del d.lgs. n. 175/2016, influisce sull’esatta perimetrazione delle società indirettamente partecipate, detenute da una pubblica amministrazione per il tramite di una società o di altro organismo soggetto a controllo.
Appare quindi evidente la rilevanza della questione nei casi in cui le singole amministrazioni socie non dispongano, singolarmente considerate, della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea.
La Sezione osserva che la giurisprudenza contabile e amministrativa si sono più volte occupate del tema del controllo pubblico e della sua “latitudine” interpretativa.
In particolare, sono prevalse due posizioni:
- la prima, che ritiene imprescindibile uno scambio formale di volontà fra i soggetti coinvolti, non potendosi desumere la situazione di controllo da meri comportamenti concludenti o da altri “indici presuntivi” (cfr. Corte dei conti, SS. RR. in spec. comp., sent. n. 17/2023 che richiama Cons. Stato n. 578/2019 e n. 1564/2020; TAR Veneto n. 363/2018; TAR Marche n. 695/2019 e Corte dei conti, SS. RR. in spec. comp., sentenze nn. 16/2019; 17/2019; 25/2019);
- la seconda, che, facendo perno su una applicazione letterale dell’art. 2, lett. b) ed m) del T.U.S.P., sostiene la configurabilità del controllo pubblico di fatto, in tutti i casi di capitale pubblico maggioritario o totalitario, indipendentemente dalla formalizzazione di meccanismi di coordinamento (cfr. deliberazione n. 11/SSRRCO/QMIG/19 delle Sezioni riunite in sede di controllo). Con la precisazione che l’unica eccezione può verificarsi in presenza di patti parasociali (art. 2314-bis c.c.), di specifiche clausole statutarie o contrattuali, da cui risulti provato che, pur a fronte della detenzione della maggioranza delle quote da parte di uno o più enti pubblici, sussiste un’influenza dominante del socio privato o di più soci privati.
Detto ciò, la Sezione emiliana rimarca che, dalla citata delibera delle Sezioni Riunite emerge che, nel caso di società a maggioranza o integralmente pubbliche, sussiste l’obbligo per gli enti soci di attuare e formalizzare misure e strumenti coordinati di controllo (mediante stipula di apposti patti parasociali e/o modificando clausole statutarie).
Questo al fine di esercitare un’influenza dominante sulla società, trattandosi di strumento finalizzato anche a valutare la “legittimità della detenzione della partecipazione societaria (ai sensi dell’art. 4), potendo quest’ultima non rivelarsi più strettamente inerente alla missione istituzionale degli enti soci”, tenuto inoltre conto che “… la necessità di adeguate modalità di controllo congiunto formalizzato è strumentale all’effettiva vigilanza sull’attività espletata dalla società, nonché sul rispetto, da parte di quest’ultima, delle norme dettate dal T.U.S.P., che prescrivono l’attribuzione di specifici obiettivi di contenimento dei costi di funzionamento e del personale (cfr. art. 19 D.Lgs. n. 175 del 2016), con conseguenti profili di responsabilità in caso di omissione.”
Sulla questione, peraltro, è intervenuto anche il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3880 del 9 febbraio 2023, sostenendo che:
- il controllo pubblico non deve necessariamente fondarsi su atti formali, perché non imposti da alcuna disposizione del T.U.S.P.;
- in omaggio al principio generale della libertà delle forme, un eventuale patto parasociale potrebbe non essere necessariamente redatto in forma scritta (cfr. art. 2341 c.c.).
Per quanto concerne, in ultimo, l’esatta perimetrazione delle partecipazioni indirette, ovvero di quelle detenute da un’amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione, la Sezione mette ancora in evidenza la pronuncia del Consiglio di Stato, secondo cui “sia nel T.U.S.P. del 2016 che nella legislazione successiva, la pubblica amministrazione, quale soggetto che esercita il controllo, è stata ed è intesa “unitariamente”, il che dovrebbe rilevare anche ai fini dell’art. 2359 c.c.; nel senso che, per accertare se ricorra l’ipotesi più semplice di cui al n. 1 del c. 1 (*), basterebbe allora che il soggetto “Pubblica amministrazione” unitariamente inteso disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria” (CdS sentenza n. 3880/2023).
Conclusioni
Il Comune viene pertanto invitato a conformarsi alle indicazioni della Sezione, procedendo a:
- riconoscere la ricorrenza del “controllo pubblico” anche nei casi in cui una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall’art. 2359 del Codice civile;
- perimetrare correttamente le società partecipate indirettamente secondo la definizione recata dall’art. 2, c.1, lett. g), del T.U.S.P., alla luce dell’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato.
Stefania Fabris
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(*) Art. 2359 CC. Società controllate e società collegate.
Sono considerate società controllate:
1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; …..