La condotta illecita del dipendente pubblico che presta attività libero-professionali retribuite presso strutture private senza previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza non cagiona automaticamente danno erariale, dovendo procedersi ad una verifica caso per caso.  

E’ fonte di danno erariale la concreta sovrapposizione delle attività libero-professionali non assentite con i turni che il dipendente pubblico avrebbe dovuto prestare presso la propria amministrazione. Il pregiudizio erariale è quantificabile nella quota della retribuzione indebitamente erogata per il tempo in cui non è stata prestata l’attività lavorativa per l’amministrazione.

La violazione del divieto di svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza costituisce illecito che, sebbene non si correli ad alcuna automatica diminuzione patrimoniale dell’Ente pubblico, determina l’obbligo ex art. 53 d.lgs n. 165/2001, di carattere sanzionatorio, di pagare un importo pari al compenso dovuto per le prestazioni non autorizzate.

Corte dei Conti, sez. giur. Marche, sentenza 20 marzo 2013, n. 28,  Pres. Di Luca,  Est. De Rosa.

 Sez. Marche 28-2013

Commento – Nella fattispecie esaminata la sezione marchigiana della Corte dei Conti si è occupata di un dipendente pubblico che risultava aver svolto vari incarichi retribuiti a favore di soggetti privati in assenza di alcuna preventiva autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza, in violazione dell’art. 53 d.lg n. 165/2001.

La Procura contabile ha contestato al dipendente innanzitutto il danno erariale correlato ad una quota della retribuzione percepita; secondo il pubblico ministero il dipendente al fine di poter esercitare liberamente le attività professionali avrebbe dovuto ottenere la conversione del rapporto di lavoro a tempo parziale al 50%, ai sensi dell’articolo 1, comma 59 e seguenti, della legge n. 662 del 1996, sicchè quantificava il danno nella misura del 50% della retribuzione percepita nel periodo per il quale è stato accertato lo svolgimento di attività professionale esterna in assenza di autorizzazione.

La Sezione ha chiarito che pur essendo illecita la condotta del dipendente in questione, determinando una lesione del principio di esclusività del rapporto di lavoro pubblico, non cagiona automaticamente danno erariale non potendo essere ritenuto pregiudizio risarcibile il 50% della retribuzione corrisposta dall’Amministrazione, posto che il dipendente aveva svolto attività lavorativa full-time per l’ente pubblico di appartenenza. I giudici contabili peraltro, analizzando la fattispecie concreta, accertano la parziale sovrapposizione delle prestazioni libero-professionali non autorizzate del dipendente pubblico con i turni che questi avrebbe dovuto prestare presso la propria amministrazione e ritengono pertanto pregiudizio erariale la quota della retribuzione indebitamente erogata per il tempo in cui non è stata prestata l’attività lavorativa. [1]

In secondo luogo la Procura contabile ha chiesto la condanna dal dipendente al pagamento di una somma pari ai compensi percepiti per l’attività non assentita, ai sensi dell’art. 53 comma 7 d.lgs n. 165/2001[2].

Al riguardo la sezione territoriale marchigiana ha chiarito che tale richiesta attiene essenzialmente ad una ipotesi di responsabilità sanzionatoria, rientrante nella giurisdizione contabile, richiamando a conferma di tale convincimento altresì il comma 7 bis dell’art. 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001[3]. Secondo i giudici contabili pur facendo la norma formalmente riferimento a responsabilità erariale in realtà si tratta di ipotesi di sanzione non essendovi una diminuzione patrimoniale. Il fondamento della norma è quindi “repressivo-preventivo” avendo l’obiettivo di scoraggiare un fenomeno antigiuridico dilagante, mediante la “sanzione” della sostanziale disutilità della prestazione resa dal dipendente pubblico  in favore di terzi.

Secondo la magistratura contabile dunque tale norma, unitamente a varie altre disposizioni recanti sanzioni a fronte di comportamenti antigiuridici, è riconducibile nell’ambito di un vero e proprio sistema sanzionatorio contabile, a carattere eminentemente punitivo, che si affianca, nella tutela delle risorse pubbliche, al sistema tradizionale basato sulla clausola generale del risarcimento dei danni pubblici.

Il dipendente convenuto è stato quindi condannato altresì a pagare i compensi indebitamente percepiti per effetto delle attività svolte a favore di privati.

Adriano Gribaudo*

* magistrato della Corte dei conti

 


[1]  Esaminando la giurisprudenza contabile risulta che la suddetta condotta spesso è fonte di danno erariale allorquando il dipendente abbia percepito indebitamente l’indennità per l’esclusività del rapporto, spettante ad esempio al personale medico che rinunci allo svolgimento di attività extramoenia. Tra le più recenti cfr. Corte Conti, sez. giur. Sardegna, 25.2.2013 n. 46.

[2] Articolo 53, comma 7 “I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto d’interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più grave sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti”

[3] Articolo 53, comma 7-bis: “L’omissione del versamento da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti”.

 


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