IN POCHE PAROLE…
Come misurare e valutare la performance individuale in base alla nuova Direttiva Zangrillo.
Numerose e utili le indicazioni contenute nella recente direttiva (28.11.2023) del Ministro per la pubblica amministrazione in materia di misurazione e valutazione della performance individuale, che comporteranno un necessario adeguamento dei sistemi attualmente vigenti.
Nel documento – a livello di principio – si apprezza l’indicazione relativa all’esigenza di “sostenibilità amministrativa, gestionale ed economica dei sistemi stessi”, privilegiando “la semplicità di comprensione e di applicazione da parte dei valutati (dirigenti e personale del comparto) e di gestione da parte degli addetti”, con la conseguenza che “gli enti locali di minori dimensioni demografiche potranno adottare modalità semplificate in coerenza con il proprio assetto organizzativo e la consistenza del personale”.
Inoltre, è opportunamente specificato che i sistemi devono essere improntati “alla massima attenzione verso i dipendenti pubblici, che sono il fulcro delle amministrazioni pubbliche. Per questo motivo è necessario partire dalle persone: ogni organizzazione, pubblica o privata, misura il suo successo in ragione della capacità di valorizzare il capitale umano”.
Ne consegue che i dirigenti assumono un ruolo cruciale nel processo di trasformazione in atto e ad essi spetta la responsabilità non soltanto del presidio tecnico delle attività di sua competenza, ma soprattutto della valorizzazione del capitale umano assegnato, pure ricorrendo allo strumento della valutazione della performance
Superamento valutazione gerarchica
Un primo punto su cui si concentra il documento concerne il superamento della semplice valutazione gerarchica e unidirezionale, a vantaggio di sistemi in cui la valutazione è frutto del contributo di una pluralità di soggetti, interni o esterni all’organizzazione.
Le soluzioni proposte si traducono (rispetto alla performance individuale) nella:
a) valutazione dal basso, ricorrendo ad una valutazione anonima da parte dei collaboratori;
b) valutazione fra pari, nella quale sono coinvolti i colleghi, soprattutto quelli con i quali si ha un rapporto più costante e rilevante;
c) valutazione collegiale, utile per sterilizzare eventuali asimmetrie nelle scale di valutazione degli obiettivi e dei comportamenti del personale.
Con riguardo, invece, alla performance organizzativa (per le strutture) rileva la valutazione da parte di stakeholder esterni, quali (esemplificando) gli utenti di un servizio erogato dall’ufficio o di un campione di cittadini opportunamente individuato, secondo le logiche della cd. “valutazione partecipativa”.
Sul piano del processo valutativo, poi, è specificata l’opportunità di modelli continui e circolari di feedback, basati sul dialogo tra valutatore e valutato, prevedendo, ad esempio, performance interviews a cadenza trimestrale, anche con momenti di autovalutazione.
L’indicazione è importante soprattutto sulla valutazione degli aspetti comportamentali e impone un percorso di riflessione e revisione dei sistemi in essere che, in effetti, sono fortemente improntanti ad una valutazione gerarchica.
Allo stesso modo rileva l’esigenza di rendere più omogenea la valutazione tra i diversi valutatori, nella prospettiva di evitare che la diversa “scala” utilizzata possa creare differenze ingiustificate, a maggior ragione se si tiene conto che sono previste maggiorazioni di premialità per le eccellenze e che la performance individuale concorre al riconoscimento dei differenziali (progressioni orizzontali).
Leadership
Nella valutazione comportamentale della dirigenza (ai fini della performance individuale) è ribadito, poi, che l’elemento della “leadership” costituisce una delle capacità fondamentali da tenere in considerazione, nella ferma convinzione che solo in presenza di una classe dirigente in grado di esercitare appieno siffatta capacità le organizzazioni siano in grado di raggiungere efficacemente gli obiettivi traguardati.
E’ quindi necessario che tutto il personale dirigenziale sia valutato considerando tale item fondamentale, individuando (nel sistema) diversi “valori” che possono contribuire al raggiungimento di un certo livello di leadership, tra cui:
- la capacità di superare gli schemi consolidati (flessibilità e innovazione, pensiero laterale);
- il conseguimento di risultati (iniziativa, concentrazione e orientamento al risultato, tenacia/determinazione);
- la velocità di azione, con decisione e tempestività (autonomia e decisionalità, senso d’urgenza, iniziativa e assunzione del rischio);
- il riconoscimento della capacità di agire delle persone (sviluppo collaboratori, capacità di ascolto);;
- l’assunzione delle proprie responsabilità, promuovendo il valore della responsabilità (autonomia e decisionalità, iniziativa e assunzione del rischio);
- la costruzione di team ad alte performance, sapendo individuare i talenti (spirito di squadra e collaborazione, orientamento allo sviluppo delle risorse);
- la capacità di rappresentare un modello di integrità ed etica professionale per i propri pari e collaboratori.
L’apprezzamento di tali aspetti (preferibilmente) dovrebbe avvenire mediante l’individuazione di “comportamenti osservabili” con cui rendere tendenzialmente più oggettiva la considerazione di un elemento che, indefettibilmente, presenta profili di soggettività.
La specificazione contenuta nella Direttiva impone una verifica dei sistemi in essere, sia allo scopo di riscontrare la presenza del fattore sia il relativo peso (eventualmente aumentandolo) sia allo scopo – ancora – di incidere sul processo valutativo, individuando dei comportamenti osservabili e prevedendo una valutazione non gerarchica.
Formazione
Riprendendo i contenuti della Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione del 23 marzo 2023 avente ad oggetto “Pianificazione della formazione e sviluppo delle competenze funzionali alla transizione digitale, ecologica e amministrativa promosse dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, è confermata la rilevanza ed importanza della formazione, sia per la dirigenza sia per il personale assegnato.
E’ quindi necessario, in tale prospettiva, che le amministrazioni pubbliche assegnino a tutto il personale di livello dirigenziale obiettivi che impegnino il dirigente stesso a promuovere un’adeguata partecipazione ad attività di formazione per sé stesso e per il personale assegnato.
Secondo le indicazioni della Direttiva, in particolare, tali obiettivi devono prevedere:
1) la partecipazione del dirigente ad iniziative di formazione volte a rafforzare le competenze trasversali o soft skills, quelle relative alla valutazione della performance, alla gestione dei progetti e dei finanziamenti e più in generale orientate alle competenze abilitanti processi di transizione digitale, ecologica e amministrativa delle amministrazioni in linea con le finalità del PNRR;
2) la definizione, anche a seguito di confronto informale con il personale assegnato, di piani formativi individuali su tematiche di rilievo per lo sviluppo individuale e professionale.
Sono anche chiarite le priorità, specificando le materie che dovrebbero interessare prioritariamente l’attività formativa, distinguendo tra dirigenza e collaboratori. Per i primi, ad esempio, è sottolineata l’importanza di partecipare a percorsi formativi tesi a sviluppare competenze trasversali: soluzione dei problemi, gestione dei processi, sviluppo dei collaboratori, decisione responsabile, gestione delle relazioni interne ed esterne, tenuta emotiva; oppure a programmi di formazione dedicati alla valutazione delle performance ovvero alla gestione dei progetti e dei finanziamenti europei. Per il restante personale rilevano, invece, le tematiche connesse ai processi di transizione digitale, ecologica e amministrativa ovvero alle competenze trasversali articolate in quattro aree: “Capire il contesto pubblico”, “Interagire nel contesto pubblico”, “Realizzare il valore pubblico”, “Gestire le risorse pubbliche”.
Gli obiettivi formativi devono essere specificati nell’ambito della sezione Organizzazione e capitale umano, prevedendo almeno 24 ore anno per ciascun dirigente ed almeno 24 ore anno per ciascun dipendente, incrementati annualmente nella misura del 20%, salvo limitate e motivate eccezioni.
In fase di programmazione – quindi – gli enti non possono trascurare tale profilo che dovrà essere necessariamente contemplata nell’ambito degli strumenti adottati e verificata nei livelli di conseguimento, concorrendo alla determinazione della performance individuale.
Ulteriori premialità
Infine, due ultimi punti sono “toccati” dal documento.
Da una parte, il riconoscimento di ulteriori premialità non necessariamente di contenuto economico, riprendendo i contenuti delle precedenti Linee Guida del Dipartimento della Funzione Pubblica. Rilevano così, esemplificando:
- le attività di coaching e di mentoring individuale piuttosto che percorsi formativi di riconosciuta qualità, orientati allo sviluppo e alla crescita professionale del dipendente;
- i riconoscimenti a livello reputazionale all’interno dell’organizzazione per i “best performer”;
- il riconoscimento del ruolo di formatori interni per i “best performer” con riferimento a specifiche dimensioni di misurazione e valutazione (ad esempio, specifici comportamenti).
Dall’altra parte, il miglioramento della capacità di individuare in modo efficace i soggetti meritevoli, agendo nella fase dell’assegnazione degli obiettivi e della definizione delle modalità di assegnazione dei premi che tengano effettivamente conto del merito e dei risultati ottenuti.
E’ così suggerito di valorizzare il personale destinatario di incarichi di particolare rilevanza e complessità, attraverso l’assegnazione di specifici obiettivi individuali strettamente connessi all’adeguato svolgimento di tali incarichi e di predefinire criteri e modalità per l’assegnazione di premi e riconoscimenti “ulteriori” rispetto a quelli strettamente collegati al ciclo della performance che possano andare a riconoscere il contributo fornito dal personale in particolari situazioni o con riferimento a specifiche attività (cd. over-performance).
Marco Rossi