IN POCHE PAROLE…
In assenza della firma di una delle parti il documento contrattuale può, al più, valere come mera proposta.
Tar Veneto, Venezia, sentenza 27 ottobre 2023, n. 1521 – Pres. Filippi, Est. Ramon
Quando la forma scritta è stabilita a pena di nullità, è necessario che il documento contrattuale sia sottoscritto da entrambi i contraenti: tale doppia sottoscrizione costituisce un elemento essenziale della scrittura privata, che è a sua volta la variante minima della forma scritta.
A margine
Il caso – L’impresa prima classificata viene esclusa da una procedura aperta ex art. 71 del d.lgs. 36/2023 per l’affidamento di lavori di realizzazione di nuova mensa scolastica, in sede di verifica della documentazione amm.va in fase di inversione procedimentale.
Tra i vari motivi figura la circostanza che il contratto di avvalimento recava la firma del solo legale rappresentante dell’impresa ausiliaria, senza alcuna sottoscrizione idonea a esprimere la volontà della concorrente.
L’autorità di gara, evidenziando la necessità che il contratto di avvalimento, risultasse stipulato da ambo le parti, prima del termine di presentazione dell’offerta e che tale circostanza fosse comprovabile con data certa, ha disposto il soccorso istruttorio ai sensi dell’art. 101 del Codice.
A tale richiesta, tuttavia, l’impresa concorrente ha risposto dichiarando che pur risultando veritiera la mancanza della firma digitale dell’O.E., riteneva che andasse considerata come «data certa» la data (e l’ora) di invio, nonché la circostanza che il medesimo contratto sia stato trasmesso dall’operatore economico che, distrattamente, non ha provveduto alla firma digitale del medesimo documento, e ciò dovrebbe costituire prova certa che il documento di cui trattasi sia da ritenersi valido ad ogni effetto di legge.
Pertanto l’impresa ricorre al Tar.
La sentenza
Il Collegio respinge il ricorso non condividendo le argomentazioni della ricorrente.
Più precisamente, la presentazione di un documento che reca la sola sottoscrizione dell’impresa ausiliatrice non integra un contratto, dal momento che non è osservato il requisito – previsto a pena di nullità dall’art. 104 del d.lgs. 36/2023 – della forma scritta ad substantiam.
In assenza della firma di una delle parti, infatti, il documento può al più valere come mera proposta. Ciò discende dai principi generali del diritto civile, per i quali, quando la forma scritta è stabilita a pena di nullità, è necessario che il documento contrattuale sia sottoscritto da entrambi i contraenti: tale doppia sottoscrizione costituisce un elemento essenziale della scrittura privata, che è a sua volta la variante minima della forma scritta. Si osserva inoltre che la produzione di un documento privo di una sottoscrizione non consente di individuare con certezza la data in cui è stato formato e, quindi, di verificare che il contratto sia stato stipulato entro il termine per partecipare alla gara.
Infine non si può neppure ritenere, come vorrebbe la ricorrente, che la produzione del citato documento in sede di offerta sia una manifestazione tacita di volontà, per fatti concludenti, di adesione al regolamento contrattuale. A tal proposito, si rammenta che l’art. 104, comma 1, del d.lgs. 36/2023 prevede, in modo incontestabile, che il contratto di avvalimento debba essere stipulato prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte, tanto da stabilire che lo stesso vada prodotto unitamente alla domanda di partecipazione.
Ciò si traduce – essendo stabilito ex lege il requisito della forma scritta ad substantiam – nella necessità che lo scambio di consenso delle parti, entro il suddetto termine, sia manifestato mediante la sottoscrizione del testo contrattuale, che può avvenire anche digitalmente purché con marcatura temporale.
Quindi, il deposito del testo contrattuale da parte dell’impresa concorrente con la sola firma della impresa ausiliaria può avere l’effetto, a valle, di confermare il regolamento contrattuale solo in presenza, a monte, di un contratto già perfetto di tutti i suoi elementi, ivi compresa la forma scritta prevista a pena di invalidità. Più precisamente, l’allegazione del contratto con la sola sottoscrizione della controparte può essere valutata, e così acquisire valore probatorio, al solo fine della dimostrazione dell’avvenuta stipula dell’accordo nella forma imposta dalla legge, ma non riveste alcuna rilevanza in merito alla sua validità. Infatti, un contratto che richiede la forma scritta ad substantiam può semmai essere confermato da un comportamento concludente della parte, senza che quest’ultimo possa sostituire o integrare un requisito di validità della stessa pattuizione.
Validità del c.d. contratto monofirma – In materia, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno osservato che la validità del c.d. contratto monofirma è ammissibile soltanto nel settore speciale dei contratti finanziari (e, segnatamente, rispetto al contratto quadro di investimento), posto che la nullità per difetto di forma prevista dall’art. 23 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (c.d. T.U.F) “è posta nell’interesse del cliente considerandosi che è l’investitore che abbisogna di conoscere e di potere all’occorrenza verificare nel corso del rapporto il rispetto delle modalità di esecuzione e le regole che riguardano la vigenza del contratto, che è proprio dello specifico settore del mercato finanziario”.
Da questa constatazione, le Sezioni Unite concludono che il vincolo della forma imposto dal legislatore, nell’ambito di quello che è stato definito come neoformalismo o formalismo negoziale, va inteso secondo quella che è la funzione propria della norma e non automaticamente richiamando la disciplina generale sulla nullità.
Tale interpretazione, a ben vedere, esclude che l’art. 23 del T.U.F. richieda una forma scritta ad substantiam, e per questa ragione la mancanza della sottoscrizione di una delle parti (rectius, del solo intermediario) non comporta l’applicazione della sanzione della nullità disposta dalla norma in questione.
Pertanto il c.d. contratto monofirma – configurando la forma scritta come un requisito funzionale del contratto, volto a soddisfare l’interesse tutelato dall’art. 23 del T.U.F. – di matrice pretoria, non è esportabile, come invece vorrebbe la ricorrente, al di fuori del settore speciale dell’intermediazione finanziaria, ove soltanto opera la prescrizione di forma succitata.