IN POCHE PAROLE…
Per i contratti pluriennali è ragionevole ipotizzare la necessità di possibili “aggiustamenti” in corso di esecuzione, dovuti a circostanze sopravvenute e non prevedibili, per garantire la migliore soddisfazione dell’interesse pubblico.
Consiglio di Stato, Sez. terza, sentenza 11 luglio 2023, n. 6797 – Pres. Grago, Estens. Santoleri
Negli appalti di durata, le amministrazioni aggiudicatrici si trovano a volte ad affrontare circostanze esterne che non era possibile prevedere quando hanno indetto la gara.
È necessaria una certa flessibilità per adattare il contratto a tali circostanze, senza ricorrere a una nuova procedura di appalto.
A margine
Il caso – Poco dopo aver affidato, con gara, il servizio di ristorazione per i propri degenti, un’azienda sanitaria autorizza una variante contrattuale che prevede l’utilizzo di un diverso centro di cottura e maggiori costi per lavori di adeguamento strutturale ed impiantistico.
Alla base della decisione vi è, tra l’altro, la necessità di assorbire integralmente il personale uscente, dipendente dal precedente gestore, interessato dalla clausola sociale.
In primo grado, il TAR accoglie il ricorso della ditta classificatasi al secondo posto, ritenendo che, con l’approvazione della variante, l’ASL ha autorizzato una modifica illegittima dell’offerta tecnica ed economica dell’operatore aggiudicatario.
La P.A. avrebbe modificato gli assetti posti alla base del confronto concorrenziale, di fatto affidando senza gara un contratto diverso; le modifiche apportate avrebbero pertanto una valenza sostanziale, non essendo riconducibili al concetto di variante di cui all’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016.
Inoltre, le ragioni di opportunità addotte dalla stazione appaltante, in particolare quelle legate all’assorbimento del personale, sarebbero state conosciute prima della stipula del contratto e, pertanto, avrebbero dovuto condurre alla revoca dell’aggiudicazione e all’indizione di una nuova procedura.
La sentenza
Il Consiglio di Stato non condivide le argomentazioni del Tar e fa rientrate la fattispecie nell’ambito delle varianti contrattuali assentibili in base all’art. 106, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016.
Nel provvedimento impugnato, l’Azienda sanitaria avrebbe infatti correttamente rappresentato e motivato le prestazioni aggiuntive, dovute a cogenti e sopravvenute ragioni di interesse pubblico, tali da non alterare la natura generale del contratto, così come previsto dal codice.
Nello specifico, le modifiche apportate non sarebbero sostanziali, perché non impattanti sull’oggetto della prestazione, costituito da prestazioni di lavori e di servizi, ma unicamente sulle modalità di esecuzione del servizio di ristorazione.
La variante si limitava infatti a prevedere diverse modalità di preparazione e di logistica dei pasti, e l’utilizzo di un punto di cottura differente, comportando dei lavori aggiuntivi e più onerosi da quelli in origine preventivati, nonché la modifica dell’assetto organizzativo del servizio con riflessi sul personale da impiegare.
Le “circostanze impreviste e imprevedibili” non erano inoltre note al momento di indizione della gara, essendo emersa, solo in seguito e grazie alle eclatanti proteste del personale uscente, la necessità di assorbire tutte le unità dal precedente gestore, unitamente all’acclarata inagibilità di alcuni dei luoghi di svolgimento dell’appalto.
Legittimo, perché conforme a previsione normativa, sarebbe anche l’aumento del prezzo derivatone, in quanto non eccedente il 50 per cento del valore contrattuale iniziale. Peraltro, i lavori di adeguamento di un diverso centro di cottura sostituivano analoghi lavori già previsti, incidendo al più sulle modalità esecutive dell’appalto, senza alterare l’equilibrio economico del contratto in favore dell’aggiudicatario.
Si aggiunga, infine, che la possibilità di autorizzare eventuali variazioni in corso di esecuzione in ordine al contenuto, alle caratteristiche ed alle modalità di erogazione del servizio, era stata debitamente inserita nel capitolato speciale di gara.
Il giudice di appello esclude, quindi, che la variante in contestazione sia stata adottata in violazione dei principi di trasparenza e di pari trattamento dei concorrenti, e riforma parzialmente la sentenza di primo grado.
Conclusioni
La sentenza fa sintesi dei presupposti per poter disporre una variante ai sensi dell’art. 106, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016, costituiti da:
– la sopravvenienza di circostanze impreviste ed imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice;
– la mancata alterazione della natura generale del contratto;
– l’eventuale aumento del prezzo nei limiti del 50 per cento del valore del contratto iniziale.
E ricorda altresì che le circostanze sopravvenute, addotte a fondamento del provvedimento di variazione contrattuale, non devono essere imprevedibili al momento della stipula del contratto, ma al momento dell’indizione della gara di appalto originaria.
Il legislatore non ha infatti impedito, in modo assoluto, la modifica dei contratti in sede di esecuzione.
Un eccessivo “ingessamento”, soprattutto in caso di contratti pluriennali, può peraltro nuocere all’interesse delle parti, essendo ragionevole ipotizzare che, nel lungo periodo, possano emergere circostanze sopravvenute, tali da richiedere “aggiustamenti” in corso di esecuzione per garantire la migliore soddisfazione dell’interesse pubblico.
In sostanza, come ribadito dalla direttiva appalti n. 24/2014, è necessaria una certa flessibilità per adattare il contratto a circostanze esterne non prevedibili, senza ricorrere a una nuova procedura di appalto.
Stefania Fabris