IN POCHE PAROLE…
E’ illegittimo il diniego opposto alla richiesta di accesso ai documenti propedeutici all’emanazione di una misura interdittiva antimafia , se dai documenti non emergano fatti o circostanze non ostensibili.
T.A.R. Sicilia, sez. IV– sent. 12 giugno 2023 n. 1839 – Pres. Est. G. Leggio’
E’ da ritenersi illegittimo – quando non sia motivato in riferimento alle concrete ragioni che impediscono la divulgazione della documentazione richiesta – il diniego opposto dall’Amministrazione in relazione all’interesse dell’imprenditore, diretto ad accedere ai documenti propedeutici all’emanazione di una misura interdittiva antimafia col conseguente obbligo della Prefettura di ostendere gli atti richiesti ove dagli stessi non emergano fatti o circostanze non ostensibili.
Una preclusione assoluta ed incondizionata all’accesso alla documentazione amministrativa propedeutica all’emanazione di una misura interdittiva antimafia si porrebbe infatti in contrasto con il diritto costituzionalmente garantito ad un giusto processo. In tal senso, deve comunque essere garantito al richiedente l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i suoi interessi giuridici.
LINK UTILI
Decreto del Ministro dell’Interno del 16 marzo 2022
Legge 11 febbraio 2005, numero 15
I giudici del TAR SICILIA si sono pronunciati in relazione all’eventuale fondatezza o meno di un ricorso incardinato da un imprenditore, dove tra le doglianze sollevate in sede processuale, si evidenziava il fatto di non aver ottenuto l’accesso agli atti propedeutici all’emanazione di un’informazione interdittiva autonomamente emanata nei suoi confronti.
La sentenza offre il destro ai giudici amministrativi per fare una ricognizione completa e dettagliata delle coordinate che regolano le modalità del diritto di accesso agli atti, compresi gli eventuali limiti previsti ex lege, avendo cura d’indirizzare la propria attenzione sull’accesso concernente la documentazione la cui conoscenza risulti prodromicamente necessaria difendere i propri interessi giuridici. La pronunzia ha inoltre il pregio di far luce su uno dei tanti aspetti di stretta attualità che accompagnano il settore nevralgico delle interdittive prefettizie antimafia sempre più spesso oggi, al centro dell’attenzione del legislatore nazionale e costantemente scandagliate dall’occhio attento della giurisprudenza amministrativa e unoniale.
A margine
Il caso – Nella vicenda di cui si discute, la Prefettura inizialmente aveva emesso nei confronti di un imprenditore, un’informazione interdittiva antimafia, dettata dal presupposto di un presunto pericolo d’infiltrazione della criminalità organizzata all’interno della sua azienda.
Il ricorrente, ricevuta la notifica della misura afflittiva, presentava nei confronti dell’amministrazione un’istanza di accesso “agli atti propedeutici” all’emanazione della stessa, chiedendo specificamente l’accesso ai documenti richiamati nel provvedimento interdittivo, quali i verbali delle sedute del Gruppo Informativo Antimafia, le note informative elaborate dalle Forze di Polizia relative alla posizione del ricorrente, nonché conseguentemente di ogni altro atto e provvedimento endo-procedimentale che ha portato all’adozione del provvedimento.
Successivamente la Prefettura accoglieva soltanto parzialmente l’istanza, trasmettendo al ricorrente uno stralcio del verbale del Gruppo Interforze e negando invece, l’accesso alle note informative delle Forze di Polizia relative alla posizione del ricorrente, con la motivazione che “… le relazioni di servizio riportanti gli elementi informativi sulla scorta dei quali è stato emesso il provvedimento interdittivo di che trattasi, rientrano nelle categorie di documenti inaccessibili ai sensi del Decreto del Ministro dell’Interno del 16 marzo 2022, concernente la “Disciplina delle categorie di documenti sottratti al diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’articolo 24, comma 2, della Legge 7 agosto 1990, numero 241, come modificato dall’articolo 16 della Legge 11 febbraio 2005, numero 15, ed in particolare, a mente dell’articolo 3, comma 1, lettera a) del medesimo decreto per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero ai fini di prevenzione e repressione della criminalità”.
I motivi di ricorso – In seguito al diniego opposto dalla Prefettura, il ricorrente, ritenendosi leso nei suoi diritti, decideva d’incardinare ricorso davanti ai giudici del TAR SICILIA, finalisticamente indirizzato ad accertare sensi dell’articolo 116 del CPA, il suo diritto ad accedere agli atti richiesti, e conseguentemente per ottenere l’ordine di esibizione nonché il rilascio di copia della documentazione richiesta. A supporto delle sue doglianze indicate nell’atto introduttivo del giudizio, parte ricorrente deduceva violazione e falsa applicazione di legge in riferimento alla disciplina normativa in materia di accesso ai documenti disciplinata dalla legge n. 241 del 1990.
Inoltre, il ricorrente, manifestava il proprio interesse alla conoscenza della documentazione per poter difendersi in appello, innanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, contro una precedente sentenza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale Siciliano che aveva precedentemente rigettato il ricorso proposto dallo stesso imprenditore avverso il citato provvedimento interdittivo.
La difesa eccepita dall’amministrazione resistente – La Prefettura si è costituita in giudizio eccependo l’infondatezza del ricorso, del nesso causale a seguito dell’autonoma scelta dell’ente locale, formalizzata a mezzo di delibera di giunta, di resistere al giudizio amministrativo di fronte al TAR, con esposizione al rischio, poi concretizzatosi, di condanna alle spese evitabile con la contumacia”.
La sentenza
Legittimazione attiva e titolarità del diritto di accesso – Nel decidere la questione sottoposta alla loro attenzione i giudici amministrativi del TAR SICILIA in via preliminare, sottolineano come il nostro ordinamento prevede per la legittimazione attiva all’esercizio del diritto di accesso, la titolarità di un interesse diretto, concreto e attuale. Tale interesse deve, inoltre, ancorarsi ad una situazione tutelata e naturalmente collegata ex lege al documento per il quale viene chiesto l’accesso (così come previsto dal comma 1 lett. b) dell’articolo 22, della Legge sul procedimento amministrativo (n. 241 del 1990).
Ciò premesso, occorre ricordare che il comma 3 dello stesso art. 22 prevede che tutti i documenti amministrativi risultano per legge accessibili ad eccezione di quelli che sono indicati nei commi 1,2,3, 5 e 6. Inoltre il comma 7 dell’articolo 24 dispone che” deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici”.
Per quel che interessa il tema sottoposto ai giudici amministrativi, si deve evidenziare che a sua volta l’art. 3 del DM 16 marzo 2022 (Categorie di documenti inaccessibili per motivi di ordine e sicurezza pubblica ovvero ai fini di prevenzione e repressione della criminalità) stabilisce normativamente che sono sottratti al diritto d’accesso: “a) le relazioni di servizio e gli altri atti o documenti presupposto per l’adozione di atti o di provvedimenti dell’autorità nazionale e delle altre autorità di pubblica sicurezza, degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza ovvero di altri uffici dell’Amministrazione della pubblica sicurezza inerenti all’attività di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che si tratti di documentazione che, per disposizioni di legge o di regolamento, debba essere unita a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità; b) le relazioni di servizio, le informazioni e gli altri atti o documenti attinenti ad adempimenti istruttori relativi a licenze, concessioni o autorizzazioni comunque denominate o ad altri provvedimenti di competenza delle autorità di pubblica sicurezza, compresi quelli relativi al contenzioso amministrativo, che contengono notizie relative a situazioni di interesse perchè contengono notizie relative a situazioni di interesse per l’ordine e la sicurezza pubblica e per l’attività di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che, per disposizioni di legge o di regolamento, ne siano previste particolari forme di pubblicità o debbano essere uniti a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità; c) i documenti istruttori inerenti ai procedimenti relativi al rilascio della documentazione antimafia, nonché i documenti, comunque prodotti o acquisiti, la cui conoscenza può pregiudicare l’attività di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata, e i provvedimenti prefettizi in materia di antimafia”.
L’Amministrazione convenuta ha sostenuto in giudizio che l’articolo 24 della legge n. 241/1990 – il quale enuncia l’inaccessibilità agli atti istruttorii afferenti i procedimenti relativi al rilascio della documentazione antimafia – sarebbe preclusiva e anzi impedirebbe totalmente l’accesso ai documenti concernenti l’emanazione di una interdittiva.
Ciò nonostante i giudici del TAR SICILIA non hanno ritenuto di condividere questa ricostruzione fornita da parte dell’amministrazione resistente, ciò anche alla luce di quanto disposto agli articoli 22 e seguenti della Legge sul procedimento amministrativo, e facendo propri molteplici orientamenti giurisprudenziali affermatisi sull’omologa disposizione contenuta nel decreto Ministeriale del 17 novembre 1997, numero 508. Invero, consolidata giurisprudenza (per tutte si veda T.A.R. Lazio, sez. I, 2 aprile 2021, n. 3973; T.A.R. Calabria, sez. I, 24 agosto 2011, n.1146 e T.A.R. Abruzzo, 26 marzo 2015, n. 36) ha affermato che il diniego di accesso riferito alla documentazione legata all’informativa antimafia deve ritenersi non fondato “quando non sia motivato in riferimento alle concrete ragioni che impediscono la divulgazione di tale documentazione…”, in quanto la norma regolamentare citata va intesa come “eccezione al generale accesso documentale e deve conseguentemente essere interpretata “in maniera restrittiva, dovendo la mancata estensione essere giustificata da ragioni concrete che lo impediscano”.
In tal senso il Collegio amministrativo, assorbe l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’inibizione all’accesso deve interpretarsi “in senso non strettamente letterale, giacché altrimenti sorgerebbero dubbi sulla sua legittimità, in quanto si determinerebbe una sottrazione sostanzialmente generalizzata alle richieste ostensive di quasi tutti i documenti formati dall’Amministrazione dell’Interno, con palese frustrazione delle finalità perseguite dalla L. 7 agosto 1990, n. 241” (Così T.A.R. Sicilia, sez. I, 19 ottobre 2018 e T.A.R. Calabria, 5 giugno 2018, n. 315).
D’altronde, in coerenza con il sistema normativo disegnato dalla legge sul procedimento amministrativo, si deduce che si è data importanza e valore primario al diritto di accesso evidenziandosi che il comma 7 dell’articolo 24 della L. 241/1990 esprime un assioma generale motivo per cui “ in ogni caso – anche nei casi in cui si tratti di atti sottraibili all’accesso mediante i regolamenti attuativi dei commi precedenti-, deve comunque essere garantito l’accesso ai documenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. Diverso è il caso previsto dal comma 6, lett. c, il quale dispone la possibilità di restrizioni e limitazioni attraverso apposito regolamento “quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini”.
L’illegittimità del diniego opposto dall’amministrazione – Ciò posto i giudici del TAR SICILIA, hanno poi valutato che il diniego concernente l’accesso alla documentazione contestato da parte ricorrente, non risulta giuridicamente fondato su alcuna valutazione di prevalenza in concreto, delle esigenze attinenti alla sicurezza pubblica, “valutazione che potrebbe in teoria al più giustificare la temporanea dilazione dell’esercizio del diritto di accesso ovvero il parziale oscuramento dei dati valutati come inaccessibili”.
D’altronde gli stessi giudici del TAR SICILIA nel richiamare giurisprudenza amministrativa consolidata sul punto sottolineano che “una preclusione assoluta ed incondizionata all’accesso alla documentazione amministrativa propedeutica all’emanazione di una misura interdittiva antimafia si porrebbe in contrasto con il diritto costituzionalmente garantito ad un giusto processo” tenuto conto anche delle limitazioni esistenti in tema di sindacato giurisdizionale esercitabile dal giudice amministrativo. Del resto la stessa giurisprudenza ritiene pacificamente che “l’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto, a tutela delle condizioni di sicurezza ed ordine pubblico, può essere soggetta al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della logicità, in relazione alla rilevanza dei fatti accertati e, pertanto, nei soli limiti di evidenti vizi di eccesso di potere, dei profili della manifesta illogicità e dell’erronea e travisata valutazione dei presupposti” (In tal senso T.A.R. Lombardia, sez. I, 24 ottobre 2018, n. 2398; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 6 novembre 2017, n, 5167; Cons. di Stato, sez. III, 25 giugno 2014 n. 3208; Cons. di Stato, sez. III, 1 dicembre 2015, n. 5437).
Infine il Collegio amministrativo, ancorandosi al recente pensiero espresso dai giudici di Palazzo Spada (Cons. di Stato, Sez. III, 10 agosto 2020, n. 4979), ha evidenziato come la recente novella contenuta nel decreto legge n. 151 del 6 novembre 2021 (convertito nella legge 233/2021 recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR e per la prevenzione dalle infiltrazioni mafiose”), pur non apportando alcune novità sulle coordinate del diritto di accesso, in vero “ha indubbiamente potenziato le garanzie procedimentali introducendo altresì sia misure di «self cleaning», sia il nuovo istituto della prevenzione collaborativa, al fine di relegare l’interdittiva antimafia ad «extrema ratio».
Così argomentando, il Collegio è pervenuto a ritenere che l’istanza del ricorrente, motivata dall’esigenza di tutela del proprio interesse in sede processuale, risulta correlata certamente ad una posizione giuridica qualificata e differenziata, senza che l’Amministrazione convenuta “avesse rappresentato nemmeno esigenze di riservatezza concernenti dati riferibili a terzi controinteressati ostative all’ostensione della documentazione richiesta o anche soltanto tali da giustificarne il differimento”.
Conclusioni
Il ricorso va accolto ma con opportuni accorgimenti – Sulla base di tali articolate motivazioni, il Collegio amministrativo ha ritenuto ingiustificato il diniego opposto dall’Amministrazione, affermando dunque, in accoglimento del ricorso ex art. 116 C.P.A., il diritto della parte ricorrente ad accedere a tutta la documentazione richiesta e non ostesa dalla Prefettura, in quanto ex lege necessaria e logisticamente funzionale alla tutela degli interessi dell’imprenditore ai sensi dell’articolo 24, comma 7, della Legge 241/1990.
In vero però gli stessi giudici del TAR SICILIA sono effettivamente consapevoli che l’oggetto del ricorso sul diritto di accesso abbraccia in questo caso un settore particolarmente nevralgico visti gli interessi in gioco sol se si considera “la delicata materia sulla quale impinge l’esercizio del diritto di accesso, con possibili collegamenti a fatti e persone che potrebbe essere necessario non disvelare, ovvero al fine di non vanificare l’esito di eventuali indagini penali o di procedimenti penali in atto”. Conseguentemente il Collegio amministrativo, ritiene di accogliere il ricorso dell’imprenditore con opportuni accorgimenti nel momento in cui ordina all’Amministrazione convenuta di ostendere la documentazione richiesta “ove dalla stessa non emergano fatti o circostanze non ostensibili; nel qual caso, saranno rese disponibili soltanto le parti del documento che non riguardino i predetti dati sensibili”.
Renzo Cavadi, avvocato, funzionario direttivo c/o il Ministero dell’Istruzione – Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia