IN POCHE PAROLE…

La richiesta di accesso ai video nella disponibilità della polizia municipale volta a verificare la dinamica del sinistro che ha coinvolto una vettura parcheggiata in una strada pubblica, al fine di azionare la richiesta di risarcimento dei danni nei confronti del danneggiatore anonimo, è legittima.

Tar Campania, Napoli, sez. VI, sentenza 2 maggio 2023, n. 2608, Pres. Scudeller, Est. Spatuzzi

L’istanza deve essere accolta con le cautele necessarie a tutelare il contrapposto diritto alla riservatezza altrui, considerato che dalle immagini acquisite tramite il sistema di videosorveglianza potrebbero venire in rilievo anche dati sensibili e comunque dati di soggetti “terzi” estranei alla vicenda in questione.

A margine

Il caso –  Di fronte al diniego all’istanza di accesso presentata ai sensi della l. n. 241/1990, l’interessata ricorre al Tar per ottenere i filmati relativi ad un danneggiamento avvenuto a carico del proprio veicolo parcheggiato in una zona soggetta a videosorveglianza comunale rilevato il giorno successivo alla sosta al fine di identificare la targa del veicolo che aveva impattato sul proprio per attivare una richiesta di risarcimento contro il suo proprietario.

La ricorrente evidenzia che il diniego reso dal Comune pregiudicherebbe la sua posizione giuridica determinando l’impossibilità per la stessa di tutelare i suoi diritti, considerato che:

  • l’esame delle immagini riprese delle telecamere risulta indispensabile per individuare quantomeno il numero di targa del veicolo danneggiante;
  • non le è possibile agire innanzi al giudice civile per ottenere il risarcimento dei danni procurati da ignoti;
  • la tutela richiesta con il ricorso avrebbe carattere indispensabile, quale unico strumento attivabile dalla ricorrente ai fini dell’esercizio dei suoi diritti costituzionalmente garantiti;

Il Comune, costituito in giudizio, afferma che:

  • l’interesse della ricorrente relativo al danneggiamento dell’automobile non sarebbe sufficiente presupposto per l’accesso a immagini potenzialmente anche di notevole incisività nella vita privata dei cittadini;
  • qualora si consentisse tale accesso anche per tali fattispecie, la Polizia Municipale sarebbe esposta ad una moltitudine, ingestibile, di istanze;
  • la richiesta di accesso di parte ricorrente, avendo ad oggetto un numero di ore estremamente significativo e non un evento specifico andrebbe a ledere ingiustificatamente il diritto alla privacy;
  • il diritto di accesso di cui alla l. n. 241/1990 non potrebbe comunque essere esercitato nei confronti delle immagini riprese da un impianto di videosorveglianza perché la richiesta non avrebbe ad oggetto un documento già esistente e in possesso del soggetto intimato ma sarebbe finalizzata a promuovere la formazione di nuovi documenti destinati a contenere le informazioni richieste;
  • la Polizia municipale avrebbe operato nel rispetto del regolamento comunale in materia e delle indicazioni cautelative del Garante della privacy e, in assenza di una fattispecie di reato, non sarebbe giustificabile l’attivazione di uno strumento che avrebbe invece finalità di tutela di interessi di maggiore rilevanza.

La sentenza

Il Tar accoglie parzialmente il ricorso ritenendo che le immagini registrate e conservate in sistemi di videosorveglianza urbana rientrino nella nozione di documento amministrativo ai fini del diritto di accesso, considerata l’ampia dizione di cui all’ art. 22 comma 1, lett. d), della l. n. 241/1990 e considerato che si tratta di immagini già esistenti, registrate dal Comune nell’esercizio di una attività di pubblico interesse e ancora in possesso dello stesso.

Peraltro la ricorrente chiede la copia di un filmato nell’ambito di una attività legata al perseguimento di finalità di interesse generale, tra cui, come previsto dal regolamento comunale, anche quella di “vigilare sull’integrità, sulla conservazione e sulla tutela del patrimonio pubblico e privato, agevolando l’intervento della Polizia Municipale e delle Forze dell’Ordine e prevenendo eventuali atti di vandalismo o danneggiamento” e quella di “utilizzare, per quanto possibile, le immagini registrate nella ricostruzione delle dinamiche degli incidenti stradali”; e l’accesso della ricorrente, come specificato nella motivazione dell’istanza di accesso e nel sollecito, mira proprio a verificare la dinamica del sinistro che ha coinvolto la sua vettura parcheggiata in una strada pubblica, al fine di azionare la richiesta di risarcimento dei danni.

Tanto premesso, si rileva che, nel caso di specie, sussiste in capo alla ricorrente un evidente interesse concreto, diretto e attuale, di natura “difensiva”, ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, all’ostensione di quelle immagini registrate dal sistema comunale di videosorveglianza che le sono indispensabili per verificare la dinamica del sinistro che ha coinvolto la sua automobile parcheggiata in una strada pubblica e individuare il numero di targa del veicolo danneggiante, e ciò per poter risalire al proprietario e avanzare richiesta di risarcimento dei danni ed eventualmente tutelarsi anche in sede giudiziaria. L’accesso alle immagini relative al sinistro è, invero, indispensabile alla stessa al fine di poter tutelare le sue ragioni di proprietaria dell’auto danneggiata.

Pertanto, fermo restando i limiti all’accesso indicati dall’art. 24, c. 7 della l. n. 241/1990 e dell’art. 60 del D.lgs. 196/2003 in materia di tutela della privacy, l’istanza deve essere accolta con le cautele necessarie a tutelare il contrapposto diritto alla riservatezza altrui, considerato che dalle immagini acquisite tramite il sistema di videosorveglianza potrebbero venire in rilievo anche dati sensibili e comunque dati di soggetti “terzi” estranei alla vicenda in questione.

In particolare, in ossequio al principio di proporzionalità e di minimizzazione, l’accesso richiesto va consentito limitatamente alle specifiche immagini da cui si evinca la dinamica del sinistro che ha riguardato l’autovettura della ricorrente e la targa del veicolo danneggiante – le uniche strettamente indispensabili alla difesa della ricorrente considerato che sono quelle che consentono di verificare i fatti occorsi e di individuare tramite il numero di targa del veicolo danneggiante il relativo proprietario, civilmente responsabile, cui avanzare richiesta di risarcimento dei danni -, con oscuramento delle parti di immagini che ritraggano persone e di quelle che contengano ulteriori dati afferenti a soggetti estranei alla vicenda.

Il contemperamento tra accesso e privacy Il legislatore ha stabilito appositi criteri di contemperamento tra diritto di accesso e tutela della riservatezza, stabilendo, all’art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990, che: “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”; e, all’art. 59, comma 1, del d.lgs. n. 196 del 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali), come da ultimo modificato dal d.lgs. n.101 del 2018 (Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento UE/2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE), ha espressamente chiarito che: “Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l’esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni di legge in materia, nonché dai relativi regolamenti di attuazione, anche per ciò che concerne i tipi di dati di cui agli articoli 9 e 10 del regolamento e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso”; all’art. 60 del medesimo d.lgs. ha poi specificato che: “Quando il trattamento concerne dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale”.


Stampa articolo