L’art. 54 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nella formulazione conseguente all’intervento del D.L. 23 maggio 2008, n.92, convertito dalla L. 24 luglio 2008, n.125, e del D.L. 12 novembre 2010, n. 187, convertito dalla L. 17 dicembre 2010, n. 217, ha statuito, tra l’altro, che il Sindaco, quale Ufficiale di Governo, adotta, con atto motivato, provvedimenti anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana (comma 4, primo periodo).

 Lo stesso art. 54 ha rimandato ad un apposito decreto ministeriale per le definizioni di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, emanato dal Ministro dell’Interno il 5 agosto 2008. Ai sensi di tale decreto, per incolumità pubblica deve intendersi l’integrità fisica della popolazione e per sicurezza urbana un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, nel rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale.

Con sentenza n. 115 del 4 aprile 2011, la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo – per violazione del principio della riserva di legge (relativa) contenuto nell’art. 23 Cost. – l’art. 54, comma 4, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, laddove consente ai Sindaci di emanare ordinanze per disciplinare situazioni che sfuggono ai requisiti della contingibilità e dell’urgenza (anche se nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento), attribuendo loro “il potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione, le quali, pur non potendo derogare a norme legislative o regolamentari vigenti, si presentano come esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite, se non quello finalistico, genericamente identificato dal legislatore nell’esigenza «di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana»”. Altro importante aspetto preso in considerazione dal Giudice delle Leggi nella sentenza in questione, sia pure incidenter tantum, è quello dei limiti che i poteri esercitabili dai Sindaci incontrano ai sensi dei commi 1 e 4 dell’art. 54 D.Lgs. n. 267 del 2000: “Il decreto del Ministro dell’interno [5 agosto 2008, n.d.r.], infatti, ha ad oggetto esclusivamente la tutela della sicurezza pubblica, intesa come attività di prevenzione e repressione dei reati (…). Lo stesso decreto (…) esclude espressamente dal proprio ambito di riferimento la polizia amministrativa locale. (…) Pertanto, i poteri esercitabili dai Sindaci, ai sensi dei commi 1 e 4 dell’art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, non possono che essere quelli finalizzati alla attività di prevenzione e repressione dei reati e non i poteri concernenti lo svolgimento di funzioni di polizia amministrativa nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province autonome”.

A seguito dell’intervento della sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 2011, le ordinanze di cui all’art. 54 T.U.E.L. possono dunque essere emanate soltanto nelle ipotesi di contingibilità ed urgenza e debbono conseguentemente avere una durata limitata nel tempo.

Il Sindaco, nell’adozione di provvedimenti sindacali contingibili ed urgenti, ha l’onere di verificare, caso per caso, l’impossibilità di utilizzare i normali strumenti previsti dall’ordinamento giuridico (Cons. Stato, sez. V, 8 maggio 2007, n.2109; Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 2007, n.6366). Più in generale, il Sindaco, ogni volta che fa uso del potere di ordinanza attribuitogli dall’art. 54 D.Lgs. n. 267/2000, è chiamato a valutare attentamente il rispetto del principio di proporzionalità, in modo tale che la salvaguardia dell’interesse pubblico sia effettuata con il minor sacrificio di quelli privati (Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2003, n.1990). In ogni caso, al potere di ordinanza sindacale non dovrebbe mai ricorrersi al fine di introdurre norme generali e astratte, che troverebbero una più idonea collocazione nei regolamenti comunali. L’utilizzo dello strumento dell’ordinanza per introdurre norme generali e astratte potrebbe tradursi, infatti, in una sostanziale elusione delle garanzie di rappresentatività del Consiglio Comunale, organo cui la legge affida il potere regolamentare.

Nella formulazione testuale dell’ordinanza, un rilievo determinante spetta alla motivazione, la quale deve essere particolarmente rigorosa e deve specificare, con sufficiente determinatezza, la sussistenza dei presupposti legittimanti la sua emanazione.

Essendo adottate dal Sindaco nella qualità di Ufficiale di Governo, le ordinanze in questione sono soggette, in ogni caso, ai poteri di vigilanza, controllo e coordinamento del Prefetto, il quale, secondo le regole tradizionali, potrà anche procedere al loro annullamento sia in sede di autotutela amministrativa che in sede di tutela giustiziale (Cons. Stato, sez. VI, sentenza 19 giugno 2008, n. 3076).

Nella concreta disciplina delle ordinanze ex art.54 D.Lgs. n. 267/2000, il Prefetto:

– riceve dal Sindaco comunicazione preventiva dello schema di ordinanza (comma 4). La mancata comunicazione preventiva non sembra possa determinare una illegittimità viziante del provvedimento, atteso che si tratta di un adempimento avente soprattutto la funzione di consentire all’autorità prefettizia di approntare gli strumenti ritenuti necessari alla sua attuazione; si tratterebbe, eventualmente, di una mera irregolarità. (in tal senso, TAR Emilia Romagna [Parma], Sezione I, 14 ottobre 2011, n. 330);

– in caso di conseguenze su Comuni contigui o limitrofi, indìce apposite conferenze alle quali partecipano i Sindaci interessati, il Presidente della Provincia e, se ritenuto opportuno, altri soggetti pubblici e/o privati (comma 5);

– al fine di assicurare l’attuazione dei provvedimenti adottati dai Sindaci, dispone – ove le ritenga necessarie – le misure adeguate per assicurare il concorso delle Forze di polizia e può disporre, inoltre, ispezioni per accertare il regolare svolgimento dei compiti affidati ai Sindaci come Ufficiali di Governo nonché per l’acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale (comma 9);

– riceve comunicazione dell’eventuale delega dell’esercizio dei poteri di ordinanza a Presidenti di Circoscrizioni o, in assenza di queste, a Consiglieri Comunali (comma 10);

– interviene, con propri provvedimenti, “anche in caso di inerzia” nell’esercizio dei poteri di ordinanza (comma 11);

– può esercitare poteri di annullamento.

In buona sostanza, il Prefetto è chiamato a esercitare un ruolo che non si esaurisce in un mero potere di vigilanza e di controllo ma si traduce in una vera e propria azione di coordinamento e di armonizzazione degli interventi dei vari Sindaci del territorio provinciale, la cui esigenza si rivela in tutta la sua pienezza allorché un Sindaco emani un’ordinanza comportante conseguenze su territori contigui: in tale ipotesi è, appunto, il Prefetto che dovrà attivare la conferenza finalizzata a contemperare le esigenze dei diversi Comuni e delle diverse collettività locali. Si tratta di un’ipotesi tutt’altro che teorica, se si considera che, non di rado, l’azione di contrasto esercitata da un Comune nei confronti di un determinato fenomeno, più che la sparizione definitiva, ne determina un semplice spostamento geografico.

 Attilio Carnabuci*

*Viceprefetto Aggiunto


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