IN POCHE PAROLE…

Ciascuno dei coniugi o delle persone unite civilmente ha diritto all’esenzione IMU per abitazione principale, alla sola condizione che risieda e dimori abitualmente nell’abitazione per cui chiede l’esenzione.

Corte costituzionale, sent.  12 settembre –   13 ottobre 2022, n. 209 – Presidente: L. Sciarra, Redattore: L. Antonini


Sono incostituzionali le misure fiscali sull’IMU  che limitano per i componenti dello stesso nucleo familiare l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune o che prevedono che essi debbano optare per una sola agevolazione pur avendo residenze e dimore abituali diverse, in quanto penalizzano coloro che, formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire un’unione civile.


A margine

Coniugi e coppie  in unione civile avranno diritto ad una doppia esenzione IMU, se dimorano abitualmente e risiedono  anagraficamente nelle abitazioni  per le  quale chiedono l’esenzione.

Per il Giudice delle leggi, infatti, non sono conformi alla Costituzione le misure fiscali che penalizzano le persone che, formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire un’unione civile, e che consentono, invece, fino alla costituzione del <nucleo familiare>,  a ciascun possessore di immobile che vi risieda anagraficamente e dimori abitualmente, di fruire dell’esenzione IMU.

E’ questa, in estrema sintesi, la conclusione cui giunge la Corte costituzionale con la sentenza annotata, che abroga le contrarie disposizioni legislative e scrive la parola “fine” alle interpretazioni sul punto molto restrittive della Cassazione, che sulla questione ha annullato alcune sentenze “più coraggiose” dei giudici delle (ex) commissioni tributarie provinciali e regionali.

Risolto il problema di costituzionalità delle disposizioni sull’IMU, si pone ora quello di evitare che l’interpretazione del Giudice delle leggi  si risolva in una esenzione di fatto per le “doppie case”, con ulteriore riduzione delle  risorse dei comuni. La questione si pone già dal versamento  dell’imposta a saldo con la scadenza del 16 dicembre prossimo.

E’ evidente che diventa ancora più rilevante e più complessa l’attività di accertamento, che  i Comuni dovranno svolgere, avvalendosi delle informazioni dei servizi demografici e degli accertamenti del corpi di polizia locale, fin dagli accertamenti 2017 non ancora notificati.

Le questioni di costituzionalità –  Due le questioni di legittimità costituzionale affrontate dalla Corte.

La prima questione – sollevata dalla Commissione tributaria di Napoli (ordinanza 22.11.2021)  –  riguarda l’art. 13, comma 2, quinto periodo, del decreto – legge n. 201/2011, come modificato dall’art. 1, comma 707, lettera b), della legge n. 147/2013, nella parte in cui non prevede l’esenzione dall’IMU per l’abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune.

L’altra questione sollevata dalla stessa Corte innanzi a sé (nel corso del giudizio sulla prima questione), con ordinanza n. 94 del 12.04.2022, attiene all’art. 13, comma 2, quarto periodo, del decreto – legge  n. 201/2011, e successive modificazioni, nella parte in cui, ai fini dell’esenzione IMU, definisce abitazione principale quella di residenza anagrafica e di dimora abituale non solo del possessore, ma anche del suo nucleo familiare.

Le questioni sono sollevate dalla Corte con riferimento agli art. 3 (principio di uguaglianza), 31 (agevolazione della formazione della famiglia) e 53 (capacità contributiva)  della Costituzione.

Le norme dichiarate incostituzionali – La Corte, con la sentenza n. 209/2022,  ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle seguenti disposizioni:

  • art. 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, nella parte in cui stabilisce: «[p]er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «[p]er abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»;
  • in via consequenziale, art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, e successivamente modificato dall’art. 1, comma 707, lettera b), della legge n. 147 del 2013;
  • (in via consequenziale) art. 1, comma 741, lettera b), primo periodo, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nella parte in cui stabilisce: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente»;

  • (in via consequenziale) art. 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, della legge n. 160 del 2019

  • (in via consequenziale), art. 1, comma 741, lettera b), secondo periodo, della legge n. 160 del 2019, come successivamente modificato dall’art. 5-decies, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, secondo cui i componenti del nucleo familiare devono optare per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse.

Infine, il Giudice delle leggi  ha dichiarato inammissibile la questione di illegittimità costituzionale sollevata dalla CTP di Napoli, a seguito della decisione sulla questione sollevata in via autonoma dalla stessa Corte.

Doppie case – La stessa Corte ha presente il problema delle “doppie case”, dove c’è pericolo che si annidi l’evasione, e, quindi, si preoccupa di chiarire che  “ le dichiarazioni di illegittimità costituzionale ora pronunciate valgono a rimuovere i vulnera agli artt. 3, 31 e 53 Cost. imputabili all’attuale disciplina dell’esenzione IMU con riguardo alle abitazioni principali, ma non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” delle coppie unite in matrimonio o in unione civile ne possano usufruire. Ove queste abbiano la stessa dimora abituale (e quindi principale) l’esenzione spetta una sola volta“.

A chi compete la prova della stessa dimora abituale – Per rispondere a questo quesito, occorre leggere il testo della recente e già molto criticata riforma della giustizia e del processo tributari (L. 130/2022), in vigore dal 16 dello scorso mese di settembre


Leggi in questa rivista Giustizia tributaria, in vigore la riforma ripubblicata in Gazzetta con le noteRiforma della giustizia tributaria, le disposizioni transitorie;  Riforma giustizia tributaria: il vizietto del “condono fiscale” e la parziale retromarcia per le udienze da remoto).


Infatti,  la L. 130/2022 introduce all’art.  7  del D. lgs.  n. 546 del 1992 il comma 5bis, con il quale disciplina espressamente (anche se in modo molto confuso), a chi compete  l’onere della prova, intervenendo  sui  criteri di valutazione degli elementi di prova emersi nel processo e sugli elementi che il giudice deve porre a base della propria decisione.

Il novellato art. 7, comma 5 bis del processo tributario, dal 16 settembre scorso, stabilisce:

a) l’amministrazione finanziaria deve provare in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato, ossia fornire la prova  su cui fonda la  legittimità della pretesa fiscale  (e non più il contribuente);

b) il contribuente deve “fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati”.

A prescindere dalle problematiche che la perentorietà della disposizione potrebbe porre nel caso in cui la prova non si trovi nella disponibilità del soggetto cui incombe per legge, nella fattispecie dell’esenzione dell’IMU per l’abitazione principale, spetta agli enti impositori (Comuni) provare che le coppie unite in matrimonio o in unione civile non  possano usufruire dell’agevolazione in quanto non hanno la dimora abituale (e quindi principale) nelle due abitazioni, ossia  che si tratti di  effettive “seconde case”.  Insomma, “da una padella” si cade,  se non proprio nella brace ,  ” in un’altra padella” !

Giuseppe Panassidi


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