IN POCHE PAROLE…
Le risorse della contrattazione decentrata, in presenza di forme di mobilità del personale tra enti devono essere corrispondentemente ridotte.
Corte conti, Sezione regionale di controllo per l’ Emilia Romagna, deliberazione 11 maggio 2022, n.41/2022/PAR. , Pres. Marco Pieroni – Rel. Ilaria Pais Greco
A margine
Nell’ambito della disciplina in materia di trattamento accessorio sussiste un principio in forza del quale le risorse della contrattazione decentrata, in presenza di forme di mobilità del personale tra enti (come nelle ipotesi di trasferimento, delega di funzioni, esternalizzazione di servizi ed attività), devono essere corrispondentemente ridotte.
Infatti, la mancata decurtazione comporterebbe la possibilità, da parte dei soggetti rimasti alle dipendenze dell’ente, di fruire di una quota sensibilmente maggiore di risorse, essendosi ridotti i potenziali beneficiari, con conseguente ingiustificato aggravio di spesa.
E’ quanto ha affermato la recente pronuncia annotata (parere n° 41/2022) della Sezione Regionale di controllo dell’Emilia Romagna della Corte dei conti rispondendo ad una richiesta di parere afferente alcune ipotesi di revisione della distribuzione del personale tra un’unione e gli enti locali che ne fanno parte.
Normativamente, in particolare, rileva l’art 6 bis, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, il quale stabilisce la temporanea riduzione dei fondi della contrattazione, in misura corrispondente al personale precedentemente adibito al servizio esternalizzato, al fine di garantire, in primo luogo al suddetto personale, in caso di ricollocazione nell’organico dell’amministrazione, che la somma temporaneamente “congelata” venga ripristinata nel fondo stesso.
La disposizione esplica pure i propri effetti nell’ipotesi di reinternalizzazione della funzione da parte del Comune in caso di recesso da un’Unione, anche in assenza del rientro del dipendente originariamente trasferito, poiché nel frattempo cessato, e naturalmente in ipotesi di assegnazione della funzione ad altro dipendente.
Nell’ambito di tale fattispecie, infatti, si deve realizzare una compressione del fondo dell’Unione in misura corrispondente al trattamento per il personale precedentemente adibito alla funzione poi “restituita” e una riespansione di quello del Comune recedente, che per assolvere alla funzione è costretto, di norma, ad assegnarla ad altro dipendente.
Consequenzialmente, secondo la pronuncia, in caso di trasferimento di servizi e del relativo personale ad una unione di comuni le risorse per il trattamento accessorio devono essere corrispondentemente ridotte dal Comune che vi aderisce mentre, nell’opposta ipotesi di rientro del personale presso l’ente originario ovvero di reinternalizzazione della funzione cui sia addetto un nuovo dipendente presso l’ente di appartenenza, il fondo, fermo restando il rispetto del limite di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017, sarà corrispondentemente reintegrato, presso l’ente ricevente, della quota precedentemente “ribaltata” sul fondo dell’Unione.
Marco Rossi