Cosa ne pensa il Tar del Lazio

Tar Lazio, sez.2 bis, sentenza n.03316 del 2020

La sez.II bis del Tar del Lazio, con sentenza n.3316 del 17 marzo 2020, ha delimitato l’ambito per l’installazione e l’utilizzo di telecamere private all’ingresso e all’uscita di un centro residenziale, con inquadramento anche dell’area pubblica.

La questione di fatto ha riguardato un centro residenziale ubicato nel comune di Rignano Flaminio (RM), ove erano stati installati sistemi di videosorveglianza con l’impiego anche dei cartelli di preavviso, in applicazione della disciplina relativa al “pacchetto sicurezza” in materia di sicurezza urbana di cui alla legge n.125 del 24 luglio 2008.

Il comune, a norma dell’art.54 del T.U.E.L., come modificato dalla legge n.125 del 24 luglio 2008, ha ordinato la rimozione dell’impianto di videosorveglianza, sulla base del presupposto che l’installazione di sistemi del genere fosse riservata alla competenza dell’autorità pubblica, ai sensi dell’art.6, commi 7 ed 8 del d.l. 11 del 2009, convertito in legge n.38 del 2009, che consente ai Comuni l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico per la tutela della sicurezza urbana.

La parte ricorrente ha in primo luogo eccepito la destinazione privatistica della strada, tuttavia smentita dalla natura di pubblico transito e dalla sua apertura a tutti gli utenti senza limitazione alcuna, vieppiù in presenza di segnaletica apposta dall’ente comunale.

In merito agli altri motivi del ricorso, si legge nella sentenza, “secondo l’Autorità Garante l’impianto privato di videosorveglianza non deve inquadrare le zone soggette a pubblico passaggio; per queste ultime sarebbe competente solo il comune ai sensi dell’art.6 del d.l. n.11 del 2009, al fine di prevenzione dei reati e di controllo del territorio”.

In questo caso, trova applicazione non tanto il regolamento europeo sulla protezione dei dati ma la direttiva 2016/680 per le attività di polizia.

“Anche i privati possono installare telecamere rivolte verso aree pubbliche, ma in questo caso occorre un accordo formale col Comune che limita l’uso delle riprese esterne ai soli Comuni per fini di polizia con l’ulteriore precisazione che le forze di Polizia locali hanno l’accesso esclusivo alle telecamere installate per motivi di sicurezza”.

Tra le altre indicazioni da rispettare, osservano i giudici:

  • al fine dell’installazione degli impianti di videosorveglianza da parte di privati, da considerarsi ammessa solo nelle aree di stretta pertinenza dell’interessato, occorre predisporre le misure minime di sicurezza. In particolare, i dati devono essere conservati in modo da garantire la perdita, le distruzione anche accidentale e soprattutto l’accesso di persone non autorizzate agli stessi (eventualmente predisponendo modalità di cifratura dei dati);
  • devono essere predisposte misure organizzative per la cancellazione dei dati alla scadenza, o dei dati non più necessari;
  • gli interessati, cioè i soggetti ripresi, devono poter accedere alle riprese che li riguardano e verificare le modalità di utilizzo dei dati raccolti.

In definitiva, “l’installazione di impianti di videosorveglianza da parte di privati è consentita solo in rapporto all’area di stretta pertinenza della proprietà privata e con esclusione di aree pubbliche o soggette al pubblico transito, per le quali, invece, l’installazione di impianti del genere compete al Comune per le finalità di prevenzione e tutela della pubblica incolumità ai sensi dell’art. 6, comma 7, del DL 11/2009, conv. in l.23 aprile 2009, n.38”.

L’illiceità delle riprese comporta non solo l’inutilizzabilità delle registrazioni, ma anche il provvedimento di blocco e divieto di trattamento dei dati da parte del Garante.


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