IN POCHE PAROLE…
Per impugnare le clausole escludenti del bando, l’operatore ricorrente deve dimostrare la sua impossibilità e quella di altri imprese, proprio a causa di clausole escludenti, a presentare un’offerta economicamente competitiva.
C.G.A.R.S, sent. 25 gennaio 2021, n. 57, Pres. Rosanna De Nictolis – Est. Giuseppe Verde
Clausole escludenti per insostenibilità economica – Base d’asta rispetto ai costi dell’appalto – Impugnativa – Oneri probatori – Presunzione derivante da adeguato concorso all’aggiudicazione. – Insuperabilità.
L’operatore ricorrente deve dimostrare che sia lui, sia la maggior parte delle imprese che esprimono l’offerta nel mercato di riferimento, per la loro organizzazione aziendale, sono impossibilitate, a causa di clausole escludenti, a presentare un’offerta economicamente competitiva.
A margine
Con la sentenza annotata, il Cons. Giust. Amm. per la Regione siciliana ha emesso una interessante statuizione a proposito dell’individuazione delle c.d. “clausole escludenti”, che onerano l’operatore economico della loro immediata impugnazione.
Schierandosi nel solco approfondito da Consiglio di Stato, Sez. V, 8.0.2021, n. 284, il Consiglio regionale ha statuto che escludenti possono considerarsi anche le clausole che, pur non rendendo impossibili l’ammissione alla gara, precludono de facto, per ragioni oggettive, un’utile partecipazione.
Ma in tal caso l’operatore ricorrente deve dimostrare che sia lui, sia la maggior parte delle imprese che esprimono l’offerta nel mercato di riferimento, per la loro organizzazione aziendale, sono impossibilitate, a causa di quelle clausole, a presentare un’offerta economicamente competitiva. Nel caso in analisi, il Consiglio siciliano, appoggiandosi alla decisione del Consiglio di Stato su citata (che a sua volta si riferiva alla sentenza dell’Adunanza Plenaria 26.04.2018, n. 4), ha osservato che l’avvenuta presentazione di quattro offerte regolari permetteva di escludere, con assoluta e oggettiva certezza, che le clausole contestate fossero valutabili come preclusive della presentazione di un’offerta economica sostenibile.
Per non attribuire alla sentenza in commento un significato ultroneo rispetto alla ragione del dictum espresso si deve tenere conto che l’operatore ricorrente aveva dedotto che il bando di gara si sarebbe fondato su un progetto del servizio caratterizzato da costi ed oneri insostenibili con la base d’asta determinata dalla stazione appaltante.
Ne discendono due corollari: escludenti e quindi immediatamente impugnabili non sarebbero solo le clausole che, esigendo requisiti del tutto inappropriati o sproporzionati, non permetterebbero di concorrere in assoluto (id est: di essere ammessi alla gara), ma anche quelle che renderebbero la partecipazione superflua; l’esistenza di un concorso effettivo di operatori del settore è invece ex se sufficiente a comprovare la sostenibilità della base d’asta rispetto ai costi di organizzazione e gestione (nel caso) del servizio in aggiudicazione.
La sentenza si iscrive in un filone che pare non del tutto appiattito, innovativo sulla sentenza costituzionale 22.11.2016, n. 245, la quale aveva dichiarato che l’impugnativa del bando di gara era condizionata alla presentazione della domanda di partecipazione, senza che l’operatore potesse addurre a scusante la considerazione che un esito vittorioso sarebbe stato altamente improbabile (la sentenza costituzionale era intervenuta in un caso in cui una Regione aveva costituito un unico ambito per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico di linea, così onerando gli operatori, e specialmente gli incombenti, a costituire aggregazioni complesse).
Il Consiglio siciliano pare piuttosto più in linea con la sentenza della Corte di giustizia europea, cui il tema era stato sottoposto dal TAR Liguria, 28.11.2018, C-328:17, che ha pure sancito che gli Stati membri non sono tenuti a rendere le procedure di ricorso accessibili a qualunque operatore intenda concorrere all’aggiudicazione di un appalto, mentre possono esigere che l’operatore rischi di essere leso dalla violazione contestata dal bando
La sentenza della Corte europea ha sottolineato che sia dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, sia dalla citata sentenza n. 245/2016 della Corte costituzionale emergeva che l’interesse (e la legittimazione) ad agire, in linea di principio, può essere solo eccezionalmente riconosciuto a un operatore che non abbia partecipato alla gara, nelle «ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che non sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta».
Insomma, per la Corte occorre dimostrare che le clausole del bando rendono davvero impossibile in un modo o nell’altro la formulazione di un’offerta, spettando poi al giudice nazionale valutare se vi sia la lesione di un diritto alla tutela giurisdizionale effettiva per gli operatori.
La Corte europea aveva concluso sulla questione sollevata dal TAR remittente, dichiarando che sia l’articolo 1, paragrafo 3, dir. n. 89/665, sia l’articolo 1, par. 3, dir. n. 92/13, dovevano essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che non consente agli operatori di proporre un ricorso contro la lex specialis di una gara alla quale essi avevano deciso di non partecipare perché la lex stessa rendeva molto improbabile che essi acquisissero l’aggiudicazione.
Quindi, il principio è che la decisione va assunta caso per caso da parte del giudice amministrativo nazionale, sulla base dell’effettiva impossibilità di partecipare alla gara.
In linea con tali dicta la Corte siciliana ha formulato una prognosi positiva sulla effettiva contendibilitá del servizio, in particolare prendendo atto dell’avvenuta presentazione di quattro offerte (valide).
Corrado Augusto Mauceri, avvocato in Genova