IN POCHE PAROLE …

Come distinguere tra subappalto e  contratti continuativi di cooperazione, secondo il Consiglio di Stato. 

Cons. St., sez. V, 12 aprile 2021, n. 2962 Pres. Saltelli, Est. Manca


Le prestazioni oggetto dei contratti continuativi di cooperazione, servizio o fornitura sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto.

Nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, poiché la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore. 

 Non si giustifica l’applicazione ai contratti continuativi di cooperazione della norma che impone all’operatore economico di dichiarare all’atto dell’offerta le parti dei lavori, dei servizi o delle forniture che intende subappaltare (art. 105, comma 4), in quanto, per la diversa natura giuridica dei due rapporti, l’operazione ermeneutica si tradurrebbe in un’inammissibile estensione analogica della norma sul subappalto, e perché finirebbe per integrare una causa di esclusione dalla procedura di gara non prevista dalla legge e quindi in contrasto col principio di tassatività cristallizzato nell’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.

 La disciplina in tema di subappalto non è quindi immediatamente estendibile, se non si dimostri che il contratto continuativo di cooperazione costituisca solo uno schermo per il contratto di subappalto

 L’ammissibilità o meno dell’impiego dei contratti continuativi da parte dell’aggiudicataria  non può assumere alcun rilievo nell’ambito del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, il cui scopo ultimo è solo quello di stabilire la sostenibilità economica dell’offerta.

A margine

La controversia ha ad oggetto la corretta applicazione dell’art. 105, comma 3, lett. c-bis), del Codice dei contratti, secondo cui non si configurano come attività affidate in subappalto, fra l’altro,  le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore all’ indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto.

La sentenza

 I giudici di Palazzo Spada, nel confermare gli orientamenti giurisprudenziali sulla distinzione fra subappalto e contratti continuativi di cooperazioni, servizi e/o fornitura, rilevano che le prestazioni oggetto di siffatti contratti sono rivolte a favore dell’operatore economico affidatario del contratto di appalto con il soggetto pubblico e non invece direttamente a favore di quest’ultimo come avviene nel caso del subappalto (Cons. Stato, sez. V,  27 dicembre 2018, n. 7256; idem 22 aprile 2020, n. 2553).

Inoltre, il contratto continuativo di cooperazione è ancorato ai presupposti applicativi previsti dall’art. 105, comma 3, a cominciare dalla determinazione contenutistica della prestazione eseguibile mediante il ricorso all’impresa ‘convenzionata’” (Cons. Stato, sez. III, sent. 18 luglio 2019, n. 5068).

In questa prospettiva il difetto di qualsiasi elemento della fattispecie descritta all’art. 105, comma 3, lett. cbis), comporterebbe l’applicazione integrale della disciplina sul subappalto; e, in particolare, di quanto previsto dall’art. 105, comma 4, lett. c), secondo cui “i soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché (…) all’atto dell’offerta siano stato indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare”.

Il Collegio osserva, però, che la norma sui contratti di cooperazione delimita i confini rispetto alla nozione di subappalto applicabile nella disciplina sui contratti pubblici ma non è una norma derogatoria del regime sul subappalto, posto che 105, comma 3 muove dalla considerazione della specificità di determinate categorie di forniture e di servizi e, sulla base della natura peculiare di dette prestazioni, giunge alla conclusione che i contratti continuativi di cooperazione non sono contratti di subappalto (l’incipit dell’art. 105, comma 3, cit. fornisce un’univoca indicazione testuale in tal senso: “Le seguenti categorie di forniture o servizi, per le loro specificità, non si configurano come attività affidate in subappalto […]”).

I Giudici di Palazzo Spada concludono, quindi,  che la disciplina sul subappalto non è automaticamente applicabile nel caso in cui il contratto di cooperazione sia stato stipulato dopo l’indizione della gara (purché prima della stipula del contratto d’appalto), elemento introdotto per evidenti finalità antielusive della disciplina del subappalto, ma che non incide sulla natura del contratto e delle prestazioni.
​​​​​​​Pertanto, ferma la diversità funzionale tra i due contratti, non si giustifica l’applicazione della norma che impone all’operatore economico di dichiarare all’atto dell’offerta le parti dei lavori, dei servizi o delle forniture che intende subappaltare (art. 105, comma 4), per due ragioni. Primo. Per la diversa natura giuridica dei due rapporti, l’operazione ermeneutica si tradurrebbe in un’inammissibile estensione analogica della norma sul subappalto. Secondo, l’automatica estensione  finirebbe per l’integrare una causa di esclusione dalla procedura di gara non prevista dalla legge e quindi in contrasto col principio di tassatività cristallizzato nell’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.

I contratti continuativi di cooperazione

Com’è noto, l’art. 105, comma 3, del Codice prevede le seguenti ipotesi di esclusione della disciplina del subappalto:
a) affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi, per le quali occorre effettuare comunicazione alla stazione appaltante;
b)  subfornitura a catalogo di prodotti informatici;
c) affidamento di servizi di importo inferiore a 20.000,00 euro annui a imprenditori agricoli nei comuni classificati totalmente montani di cui all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ovvero ricompresi nella circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, (GURI n. 141 del 18 giugno 1993, nonché nei comuni delle isole minori di cui all’allegato A annesso alla legge 28 dicembre 2001, n. 448 .
c-bis)  prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto; i relativi contratti devono essere depositati alla stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto.

I contratti continuativi di cooperazione,  esclusi dall’ambito di applicazione dell’istituto del subappalto, sono strumenti attraverso i quali i soggetti affidatari della gara  possono porre in essere le prestazioni che costituiscono oggetto dell’appalto, in sostituzione del subappalto.

Tali contratti hanno solo rilievo nella fase dell’esecuzione del contratto, e, quindi, non possono essere utilizzati per ottenere un punteggio maggiore o per soddisfare i requisiti di partecipazione. (Consiglio di Stato, sez. V, 22 aprile 2020, n. 2553).

Le prestazioni devono essere limitate ad attività sussidiarie e secondarie rispetto a quelle propriamente rientranti nell’oggetto dell’appalto (Consiglio di Stato, sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7256 (in senso conforme, T.A.R. Lazio, Roma, n. 1135/2019; T.A.R. Basilicata, n. 265/2020; T.A.R. Sicilia – Palermo, n. 2583/2018).

I contratti di cooperazione si differenziano dal subappalto, sotto l’aspetto funzionale, in quanto nel subappalto vi è un’alterità anche sul piano organizzativo, tra appaltatore e subappaltatore, stante che la parte di prestazione contrattuale è affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore (Cons. St., sez. V, 12 aprile 2021, n. 2962).

Non si giustifica l’applicazione ai contratti continuativi di cooperazione dell’art. 105, comma 4, che impone all’operatore economico di dichiarare all’atto dell’offerta le parti dei lavori, dei servizi o delle forniture che intende subappaltare . Ciò in quanto, per la diversa natura giuridica dei due rapporti, tale operazione ermeneutica si tradurrebbe in un’inammissibile estensione analogica della norma sul subappalto, finendosi così con l’integrare una causa di esclusione dalla procedura di gara non prevista dalla legge  in contrasto col principio di tassatività cristallizzato nell’art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici (Cons. St., sez. V, 12 aprile 2021, n. 2962).

 


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