IN POCHE PAROLE…
L’obiettivo della digitalizzazione dei contratti pubblici deve essere affrontato nelle sedi istituzionali adeguate da parte delle amministrazioni più strutturate e dotate di capacità e risorse, per consentire agli enti di minore dimensione di recuperare i gap accumulati nel procurement pubblico.
1. La digitalizzazione necessaria degli appalti pubblici
Il processo di digitalizzazione dell’ amministrazione pubblica, iniziati nei primi anni novanta con la dematerializzazione dei documenti e proseguito con l’adozione del Codice dell’Amministrazione Digitale[1], in attuazione di quanto fortemente voluto dalla Commissione Europea, ha investito anche il settore degli appalti pubblici.
Il legislatore nazionale, infatti, nell’ambito dei criteri generali che hanno ispirato il D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici, pur senza formalizzarlo, ha di fatto, introdotto un nuovo principio di carattere generale, quello della digitalizzazione.
Dall’analisi delle previsioni dedicate alla digitalizzazione delle procedure di selezione del contraente emerge, in maniera chiara ed evidente, la volontà del legislatore di porre in capo alle pubbliche amministrazioni un obbligo di programmare ed eseguire sia l’approvvigionamento di beni e servizi e che l’esecuzione dei lavori pubblici in modalità digitale.
La disposizione generale dell’art. 44[2] relativa alla digitalizzazione di tutti i contratti pubblici, da attuarsi in maniera concertata tra il Dipartimento della Funzione Pubblica, l’AGID e il Garante Privacy, non esaurisce il panorama giuridico di riferimento, in quanto è corredata da altre previsioni di dettaglio che ne disciplinano le modalità di realizzazione.
Nel caso di specie, l’articolo 40[3], ha previsto l’uso obbligatorio dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento delle procedure di affidamento di contratti di lavori, servizi e forniture; l’art. 52[4], rafforzando il criterio, ha disposto che, sia nei settori ordinari che in quelli speciali, tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni devono avvenire utilizzando mezzi di comunicazione elettronici e a tal fine, e che le regole applicabili siano, a tal fine, disciplinate in maniera organica.
L’art. 75[5], è intervenuto sulle modalità di invito dei candidati, disponendo che, nelle procedure ristrette, nel dialogo competitivo, nei partenariati per l’innovazione, nelle procedure competitive con negoziazione, “le stazioni appaltanti invitano simultaneamente e per iscritto, di norma con procedure telematiche, i candidati selezionati a presentare le rispettive offerte, a negoziare o a partecipare al dialogo”.
Entrando maggiormente nel dettaglio, l’art. 23[6], al comma 1, lett. h), ha previsto, con norma puntuale, che la razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche avvenga attraverso “il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture”.
Sul finale, l’art. 212[7], nel dettare una norma di indirizzo e coordinamento, ha introdotto l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di una Cabina di regia con il compito, tra gli altri, di “promuovere la realizzazione, in collaborazione con i soggetti competenti, di un piano nazionale in tema di procedure telematiche di acquisto, al fine della diffusione dell’utilizzo degli strumenti informatici e della digitalizzazione delle fasi del processo di acquisto ”, mentre l’ art. 213, al comma 8, ha disposto l’istituzione di una unica banca dati centralizzata sui contratti pubblici (BDNCP) con competenze di gestione della stessa da attribuire all’ANAC.
Sicché tale rassegna di disposizioni normative evidenzia come l’obiettivo di digitalizzare i contratti pubblici, lungi dall’essere un mero intento programmatico, rappresenta, inequivocabilmente, un obbligo per le stazioni appaltanti di ricorrere agli strumenti elettronici.
Ma non è tutto. Se si riflette sul ruolo che gli appalti pubblici saranno chiamati a svolgere per la ripresa della vita economica e sociale del Paese, dopo l’emergenza sanitaria, si ha come l’impressione di trovarsi di fronte a un’irripetibile opportunità per riprogettare, attraverso soluzioni innovative, il pubblic procurement, con l’intento di colmare il divario esistente con gli altri Paesi europei.
Il sistema degli appalti pubblici, infatti, è stato messo a dura prova dalla drammatica emergenza sanitaria, costretto, in un difficile equilibrio, tra la necessità di garantire gli approvvigionamenti in tempi rapidi, legittimando eccezioni e deroghe, e l’obiettivo sempre attuale del contrasto al fenomeno della corruzione, per garantire trasparenza e integrità dei comportamenti.
Nell’ambito del primo orientamento, solo per esempio, il decreto Cura Italia[8] ha previsto un percorso agevolato per l’approvvigionamento di strumenti ICT, utili a favorire lo smart working nelle amministrazioni pubbliche, per evitare che le disposizioni del Codice si trasformassero in un ostacolo alla gestione dell’emergenza.
E’ ben noto, infatti, che le varie leggi di stabilità che si sono susseguite dal 2016 in poi hanno sempre stigmatizzato l’obbligo di approvvigionarsi di beni e servizi informatici e di telecomunicazioni ricorrendo alle Convenzioni Consip o attraverso i soggetti aggregatori[9].
Tali paletti, nel frangente straordinario dovuto al Covid, rischiavano di congestionare la macchina degli acquisti pubblici, sicchè, per assicurare velocità di approvvigionamento è stata introdotta dal decreto Semplificazioni[10], una pioggia di deroghe transitorie al Codice finalizzate ad incentivare gli investimenti pubblici e a far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale.
Il trade-off che il Paese ha dovuto affrontare durante l’emergenza, nella ricerca di una sintesi efficace, ha visto, su di un fronte l’ impellente esigenza di velocizzare gli approvvigionamenti, da cui è , inoltre, derivata la cancellazione o la sospensione di alcune norme gravose del Codice[11], sul fronte opposto il crescere delle preoccupazione relative al dilagare di fenomeni corruttivi che ben si insinuano nel sistema delle deroghe o delle eccezioni e che tendono ad impennarsi durante i periodi di crisi economica.
Eppure, trovare il punto di equilibrio tra efficienza e legalità è una prospettiva non solo auspicabile ma addirittura indispensabile, che trova, in questo difficile cammino, una leva concreta nella trasformazione digitale del settore degli appalti pubblici.
Sia l’Autorità Nazionale Anticorruzione[12] che il Servizio appalti della Banca d’Italia[13], in vista dell’emanazione del decreto Semplificazioni, hanno fornito proposte per accelerare la ripresa economica mediante la progressiva digitalizzazione dell’intero ciclo di vita degli acquisti pubblici, dalle fasi della programmazione fino a quella dell’esecuzione, reputando necessario dare tempestiva attuazione alla previsione di “una piena digitalizzazione delle gare, che in circa un terzo dei casi sono ancora svolte in modalità cartacea”.
I principali effetti positivi attesi dalla digitalizzazione dei processi di acquisto sono enunciati nella prefazione allo stesso documento e sintetizzano le intenzioni dell’Autorità “La digitalizzazione dei contratti, dalla fase di programmazione fino a quella di collaudo e liquidazione delle somme dovute, consente evidenti semplificazioni delle procedure, standardizzazione delle stesse, risparmi in termini di tempi e costi, nonché il continuo monitoraggio dell’evoluzione dei contratti; le stazioni appaltanti più professionalizzate riescono a realizzare affidamenti efficienti, nonostante le possibili limitazioni del Codice, ma soffrono maggiormente le continue modifiche del quadro normativo e regolatorio.”
Il che si traduce, sotto il profilo economico, nel miglioramento, in termini di efficienza e qualità, della spesa pubblica; sotto l’aspetto giuridico nel favorire la par condicio fra gli operatori economici, l’inviolabilità e la segretezza delle offerte, la tracciabilità di tutte le operazioni di gara, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso.
Senza contare che il ritorno di efficienza derivante dalla digitalizzazione non opera a discapito dei presidi di trasparenza e di anticorruzione ma, al contrario li rafforza, in quanto garantisce una maggiore completezza, tempestività e accessibilità delle informazioni.
Le proposte formulate nel paper Anac, puntano principalmente all’attuazione delle previsioni del Codice rimaste inapplicate o non ancora entrate ancora pieno regime. Tra le prime azioni da intraprendere, viene a galla la necessità di approvare il decreto ministeriale previsto dall’art. 44 per la digitalizzazione delle procedure di acquisto, anche attraverso l’interoperabilità dei dati e delle piattaforme delle P.A., che nelle intenzioni del legislatore doveva essere adottato entro un anno dall’entrata in vigore del Codice, ma che risulta ancora in fase di elaborazione.
Ad onor del vero, subito dopo l’entrata in vigore del Codice, l’Autorità ha supportato il gruppo di lavoro coordinato dall’AGID nella redazione delle linee guida per la stesura del citato decreto ministeriale, con la previsione, tra l’altro, dei requisiti di sicurezza minimi per le piattaforme telematiche di negoziazione. L’attività si è conclusa nel maggio del 2017 con la trasmissione degli atti c al Ministero competente, ma, a distanza di 3 anni, il decreto non è stato ancora pubblicato.
Altro intervento chiave è quello previsto dall’art. 212 del Codice, con disposizione rimasta anch’essa inapplicata e relativa alla realizzazione da parte della Cabina di regia del Piano nazionale sulle procedure telematiche di acquisto, che deve fornire “appropriati standard, quali modelli di rappresentazione dei dati, protocolli di interoperabilità delle piattaforme e di scambio dei flussi informativi, sistemi di validazione/certificazione, e definire architetture di riferimento per evitare una eccessiva proliferazione delle piattaforme”.
Sotto tale aspetto appare assolutamente necessario che il suddetto Piano sia coordinato con il decreto ministeriale sopra citato in modo tale che la definizione delle regole per la digitalizzazione avvenga in sintonia con i contenuti dello stesso.
Ulteriori ritardi si registrano anche nell’attuazione della norma relativa all’utilizzo di mezzi di comunicazione elettronici per lo scambio di informazioni nell’ambito delle procedure di gara[14] previsto come obbligatorio già a partire dal 2018. A tale riguardo, considerato anche che il comma 1 dell’art. 52 ha introdotto numerose deroghe a tale previsione, per la necessità di assicurare un graduale adeguamento agli obblighi imposti da parte delle diverse stazioni appaltanti, l’Autorità ha evidenziato l’utilità di un intervento di modifica atto a circoscrive le eccezioni in modo puntuale, valutandone l’eliminazione nella prospettiva di una sempre maggiore diffusione delle piattaforme telematiche.
Accanto a tali interventi attuativi e di modifica dovrebbe accompagnarsi l’entrata a regime della Banca dati nazionale degli operatori economici (BDOE), a cura del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per l’acquisizione telematica della documentazione comprovante il possesso dei requisiti generali e speciali degli operatori economici, nonchè il compimento della riforma sulla qualificazione e professionalizzazione delle stazioni appaltanti, volta a ridimensionare il numero dei soggetti abilitati e ad accrescere la qualità dell’azione amministrativa.
In tale prospettiva la Banca d’Italia ha proposto che la BDOE potrebbe essere più utilmente gestita dall’ANAC, in luogo del MIT, al fine di meglio integrarla con i dati già posseduti dall’Autorità, in linea con le competenze di gestione dei dati già attribuite all’Autorità dall’ art. 81, comma 2, del Codice.
Ha, inoltre, posto il focus sulla necessità di intervenire sulla normativa esistente per rendere obbligatorio, ai fini della qualificazione, il requisito della disponibilità e dell’utilizzo corrente di piattaforme telematiche per la gestione delle procedure di acquisto, attualmente ricompreso fra i requisiti premianti.[15] In questo modo la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita del procurement agirebbe anche da leva per il conseguimento dell’obiettivo della qualificazione delle stazioni appaltanti.
In conclusione, la tecnologia può davvero fare la differenza e imprimere una trasformazione profonda al procurement pubblico in termini di trasparenza, efficienza e correttezza dell’azione, può promuovere la domanda pubblica di innovazione e diventare fattore crescita dell’economia ed elemento di modernizzazione dei processi amministrativi.
2. il Public E-procurement e le regole tecniche di interoperabilità di AgID
Con il termine “electronic public procurement”, in estrema sintesi, si individua la digitalizzazione dei processi di approvvigionamento delle P.A. dalla fase della pubblicazione dei bandi fino al pagamento (appalti elettronici end-to-end).
In particolare, nella fase che precede l’aggiudicazione si verifica la dematerializzazione delle gare di appalto pubblico interamente gestite con sistemi telematici di acquisto e di negoziazione, il cui espletamento prevede:
- l’obbligo delle comunicazioni elettroniche mediante l’utilizzo della pubblicazione elettronica dei bandi di gara (e-notification);
- l’accesso elettronico ai documenti di gara (e-access);
- la presentazione elettronica delle offerte (e-submission);
- il servizio di compilazione digitale del documento di gara unico europeo (ESPD);
- il sistema informatico che consente di individuare i certificati e gli attestati più frequentemente richiesti nelle procedure d’appalto (e-Certis).
Il Programma per la Razionalizzazione degli acquisti nella P.A[16] prevede che la spesa pubblica per beni e servizi dovrà essere nel tempo razionalizzata, indirizzando le stazioni appaltanti verso l’utilizzo delle procedure di acquisto fornite dai soggetti aggregatori.
Il Codice dei contratti pubblici, nel definire il ricorso a strumenti di acquisto e di negoziazione telematici, ha previsto[17] l’emanazione di regole tecniche aggiuntive con l’obiettivo di garantire il colloquio e la condivisione dei dati tra gli attori del processo, cioè tra i sistemi telematici di acquisito e di negoziazione.
L’AgID, nell’ambito del ruolo di governance assunto sull’applicazione delle specifiche tecniche legate agli standard europei di e-procurement e di coordinamento degli Access Point Provider presenti sul territorio nazionale, ha pubblicatole regole tecniche aggiuntive[18] di interoperabilità relative alle fasi di acquisto e negoziazione.
L’automazione dello scambio dei dati tra i soggetti coinvolti crea le condizioni per un aumento dell’affidabilità delle informazioni, un miglioramento dell’efficienza del processo, una riduzione degli errori e una conseguente riduzione dei costi, nell’ottica di una maggiore trasparenza e di una migliore allocazione delle risorse pubbliche.
L’utilizzo di modelli dei dati condivisi consente, inoltre, di ridurre il carico amministrativo per i cittadini, le imprese e le amministrazioni pubbliche, all’insegna del principio del “soltanto una volta,” secondo il quale dati e documenti devono essere forniti alla Pubblica Amministrazione una sola volta e riutilizzati quando necessario.
3. Prospettive concrete e problemi aperti
L’Italia conta oltre trentaduemila pubbliche amministrazioni, di cui poco meno di ottomila sono Comuni, il 70% circa dei quali sotto i cinquemila abitanti. Uno scenario così frammentato, unito ai ritardi accumulati sulle linee strategiche e sull’attuazione delle norme del Codice, nonché sull’utilizzo di modelli di dati condivisi, condannano le pubbliche amministrazioni, soprattutto quelle di minori dimensioni, a improvvisare e a navigare a vista.
Gli enti di minori dimensioni, infatti, spesso scontano la mancanza di risorse e skills adeguate, non tanto per intraprendere il tortuoso sentiero della digitalizzazione dei processi di acquisto, ma almeno per poter attuare i basilari principi della dematerializzazione delle procedure amministrative che rappresentano i presupposti basilari dell’e-procurement.
Per queste realtà l’approccio verso la completa digitalizzazione dei processi di acquisto viene vissuto nella logica dell’adempimento normativo e non come una reale opportunità di miglioramento e di crescita per razionalizzare la spesa, migliorare la qualità degli acquisti e garantire trasparenza e tracciabilità dei processi amministrativi.
Nella circostanza specifica sono intervenuti i soggetti aggregatori previsti dal Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella Pubblica amministrazione, e rappresentati dalla centrale nazionale Consip, dalle Centrali regionali e provinciali, deputati a costituire un “sistema a rete” nel contesto della strategia nazionale per riqualificare la spesa pubblica, l verso cui e stazioni appaltanti indirizzano le proprie esigenze di acquisto.
Malgrado il sistema degli obblighi di ricorso a strumenti centralizzati e l’ampio ventaglio delle soluzioni offerte come Convenzioni, Accordi quadro, Gare su delega, Gare in ASP, MePA, SDAPA, non tutte le pubbliche amministrazioni riescono a consolidare l’utilizzo dei servizi messi a disposizione, spesso per mancanza di competenze adeguate sulle finalità dei vari strumenti soprattutto quando la complessità si eleva.
Per governare tale fenomeno, molte pubbliche amministrazioni hanno fatto ricorso a piattaforme per la gestione telematica delle procedure di acquisto in modo da gestire autonomamente gli appalti elettronici end-to-end, muovendosi in un mercato, che per l’assenza di regole tecniche certe, ha prodotto, nel tempo, soluzioni non coerenti e incapaci di dialogare tra loro, ognuna con le proprie logiche di funzionamento e con ricadute negative sugli operatori economici e sulle stesse stazioni appaltanti.
E’ a questo punto indispensabile che l’obiettivo della digitalizzazione dei contratti pubblici venga affrontato nelle sedi istituzionale adeguate da parte delle amministrazioni competenti, più strutturate e dotate di capacità e risorse, per consentire agli enti minori di recuperare i gap accumulati.
dott.ssa Enrica Cataldo – AGID, uffici di staff
[1] Codice dell’Amministrazione Digitale, D.Lgs.7 marzo 2005, n. 82, modificato dal D.lgs. 179/2016.
[2] Art. 44 “Digitalizzazione delle procedure”: 1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente codice, con decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (e il Ministro dell’economia e delle finanze), sentita l’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) nonchè dell’Autorità garante della privacy per i profili di competenza, sono definite le modalità di digitalizzazione delle procedure di tutti i contratti pubblici, anche attraverso l’interconnessione per interoperabilità dei dati delle pubbliche amministrazioni. Sono, altresì, definite le migliori pratiche riguardanti metodologie organizzative e di lavoro, metodologie di programmazione e pianificazione, riferite anche all’individuazione dei dati rilevanti, alla loro raccolta, gestione ed elaborazione, soluzioni informatiche, telematiche e tecnologiche di supporto.
[3] Art. 40 “Obbligo di uso di mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione”: 1. Le comunicazioni e gli scambi di informazioni nell’ambito delle procedure di cui al presente codice svolte da centrali di committenza sono eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale. 2. A decorrere dal 18 ottobre 2018, le comunicazioni e gli scambi di informazioni nell’ambito delle procedure di cui al presente codice svolte dalle stazioni appaltanti sono eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici.
[4] Art. 52 “Regole applicabili alle comunicazioni”.
[5] Art. 75 “Inviti ai candidati”.
[6] Art. 23 “Livelli della progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per i servizi”.
[7] Art. 212 “Indirizzo e coordinamento”.
[8] Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18.
[9] L’art. 1, co. 512 della L. 208/2015, stabilisce “Al fine di garantire l’ottimizzazione e la razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi informatici e di connettività, fermi restando gli obblighi di acquisizione centralizzata previsti per i beni e servizi dalla normativa vigente, le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, provvedono ai propri approvvigionamenti esclusivamente tramite gli strumenti di acquisto e di negoziazione di Consip Spa o dei soggetti aggregatori, ivi comprese le centrali di committenza regionali, per i beni e i servizi disponibili presso gli stessi soggetti”.
[10] Il D.L Semplificazioni, n. 76 del 16 luglio 2020, agli artt. 1-6 e 8, contiene numerose deroghe temporanee (valide un anno, più precisamente dal 17 luglio 2020, data di entrata in vigore del decreto, sino al 31 luglio 2021) al vigente Codice dei contratti pubblici.
[11] Cfr decreto “Sblocca cantieri” Dl 32/2019.
[12] “Strategie e azioni per l’effettiva semplificazione e trasparenza nei contratti pubblici attraverso la completa digitalizzazione: le proposte dell’Autorità”.
[13] “I benefici dell’e-procurement in ambito pubblico: l’esperienza della Banca d’Italia e le possibili evoluzioni del sistema”.
[14] Art. 40, comma 2 del Codice dei contratti pubblici.
[15]Cfr art. 38, comma 3, lett. b).
[16] Il Programma ha il suo strumento operativo nel portale www.acquistinretepa.it