IN POCHE PAROLE…


Negli appalti di servizi di accoglienza, la stazione appaltante può valorizzare il radicamento dell’impresa nel territorio, ma con un punteggio non rilevante.


Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, sentenza 5 marzo 2021, n. 472, Pres. Pennetti, Est. Gaglioti


Nelle gare per la gestione di servizi di accoglienza la localizzazione territoriale dei progetti SPRAR voluta dal legislatore giustifica l’inserimento di clausole di gara che valorizzano il radicamento dell’organizzazione nel territorio del Comune.

La previsione di un punteggio aggiuntivo per chi già possiede tale integrazione per aver espletato il servizio in precedenza, può consentire di valorizzare l’idoneità della rete già formata nel tempo quale “quid pluris” astrattamente idoneo a migliorare il servizio da espletare.


A margine

La ditta seconda classificata di una procedura aperta ai sensi del D.lgs. 50/2016, per l’individuazione dell’Ente attuatore cui affidare la gestione dei servizi di accoglienza integrata SIPRIMI (SPRAR) in un Comune per il biennio 2021-2022, impugna il disciplinare di gara, nella parte in cui ha previsto, quale criterio di valutazione delle offerte tecniche, quello del “radicamento territoriale” per aver già svolto in passato il servizio oggetto di appalto all’interno del territorio provinciale di riferimento.

Osserva la ricorrente che la giurisprudenza ha ripetutamente censurato le clausole di gara che risultino limitative della concorrenza atteso che esse introducono discriminazioni verso determinati operatori economici o comunque, all’opposto, condizioni di favore verso altri, a seconda se tali operatori economici abbiano o non abbiano già eseguito in passato appalti analoghi a quelli messi in gara in un dato territorio e pronunce di analogo tenore si rinvengono anche con riguardo ai criteri di valutazione delle offerte i quali abbiano accordato mera preferenza all’elemento del “radicamento territoriale”, prevedendo un punteggio premiale in relazione ad esso.

La sentenza

Il Tar ritiene il ricorso infondato ricordando che la giurisprudenza (anche della Sezione con sentenza n. 357 del 22.2.2021) ha avuto modo osservare che “la possibilità di applicare in maniera “attenuata” il divieto generale, di derivazione comunitaria, di commistione tra le caratteristiche oggettive della offerta e i requisiti soggettivi della impresa concorrente, è da ritenere ammessa soltanto a condizione che:

a)  aspetti dell’attività dell’impresa possano effettivamente “illuminare” la qualità della offerta (cfr. CdS, VI, 2770/08 e sez. V n. 837/09); b) lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, per attività analoghe a quella oggetto dell’appalto, non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo” (Consiglio di Stato sez. V, 3.10.2012, n. 5197).

Nel caso in esame è agevole evincere il rilievo assolutamente non secondario che la maturazione di un’integrazione territoriale assume nel servizio di accoglienza integrata in favore di richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria.

Il “Manuale Operativo per l’attivazione e la gestione di servizi di accoglienza integrata in favore di richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria” prevede, infatti, che l’impostazione di interventi di accoglienza integrata, oltre a doversi fondare su un forte radicamento e dialogo con il territorio, necessiti della partecipazione di competenze e capacità eterogenee, competenti e qualificate, mentre, con riferimento alle indicazioni delle équipe dello SPRAR viene ivi indicata la necessità di una stretta collaborazione con i servizi socio-sanitari locali, i dipartimenti di salute mentale, le realtà private competenti nell’accompagnamento e all’inserimento socio-economico-abitativo delle persone con situazioni di disagio. Ancora, per i minori, devono garantirsi le collaborazioni con i servizi socio-educativi locali, con il mondo dell’associazionismo giovanile, con le associazioni sportive e ricreative ed ancora, per le vittime di tratta, è imprescindibile il lavoro di rete e il raccordo con le realtà, associative e istituzionali, specializzate nell’accoglienza e nella protezione di tale condizione di vulnerabilità.

In linea con la ricostruzione sviluppata anche l’orientamento dell’ANAC ( deliberazione ANAC n. 30.9.2014 n. CP-7 )

In tale provvedimento, attinente ad una gara per l’affidamento della gestione dei servizi di accoglienza, integrazione e tutela per richiedenti protezione internazionale, l’Autorità ha osservato che, relativamente ad una clausola che valorizzava il “contesto”, nel senso di «radicamento dell’organizzazione nel territorio del Comune, conoscenza delle caratteristiche del fenomeno», “sebbene in ipotesi rientrante nell’ambito delle c.d. clausole territoriali sulla cui illegittimità l’Autorità si è più volte espressa (v. ex multis Deliberazione n. 108/2012), si conviene con l’Amministrazione, atteso che la territorialità del servizio è strettamente connessa con una migliore efficacia della sua esecuzione e la stessa localizzazione territoriale dei progetti SPRAR voluta dal legislatore, giustifica l’indirizzamento delle risorse pubbliche verso il contesto circoscritto dei soggetti del terzo settore operanti sul territorio di riferimento”.

Ne consegue che, quantunque, in astratto, anche soggetti privi di una rete di relazioni sul territorio (non avendo precedentemente gestito servizi di accoglienza in tale ambito territoriale) possano costruire, nel corso dell’espletamento del servizio, una rete idonea a radicarsi sul territorio, è anche vero che la previsione di un punteggio aggiuntivo per chi già possiede tale integrazione per aver espletato il medesimo servizio in precedenza, può consentire di valorizzare l’idoneità della rete già formata nel tempo quale “quid pluris” astrattamente idoneo a migliorare il servizio da espletare.

Anche sotto l’aspetto del peso della contestata clausola nell’economia della gara, il punteggio attribuito al controverso sub-criterio (pari a 10 punti rispetto al totale di 100 punti attribuibili all’offerta tecnica nel suo complesso) risulta ragionevolmente equilibrato e, dunque, inidoneo a sbilanciare le posizioni tra i competitor tramite l’insorgere di distorsioni anticoncorrenziali.

Infine, le predette conclusioni non risultano scalfibili dall’assunto per cui numerosi bandi di altre amministrazioni comunali non prevedono una clausola analoga a quella contestata, attesa l’autonomia attribuita ad ogni ente locale sul punto.

Pertanto il ricorso è respinto.

di Simonetta Fabris


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