IN POCHE PAROLE …
Il Ministro per la pubblica amministrazione proroga al 30 aprile 2021 le regole semplificate per lo smart working in vigore nel periodo di emergenza sanitaria, in attesa che le pubbliche amministrazioni costruiscano con il POLA le nuove regole organizzative per disciplinare a regime il lavoro agile.
Appuntamento in streaming il 3 marzo 2021 dalle ore 10.30 alle ore 13.00 su “L’0rganizzazione del Piano riorganizzativo per il lavoro agile (POLA)“. LINK per iscriversi al webinar
A margine
Com’è noto, le amministrazioni statali e le altre pubbliche amministrazioni, esclusi gli enti locali, devono approvare entro il 31 di questo mese il piano della performance 2021 – 2023 con una sezione dedicata al nuovo piano per l’organizzazione del lavoro agile (POLA) .
Per gli enti locali, invece, che devono allegare il POLA al PEG -Piano della Performance-Piano dettagliato degli obiettivi, il termine ultimo quest’anno scade il 20 aprile 2021, tenuto conto della proroga al 31 marzo del termine per l’approvazione del bilancio 2021-2023 e l’obbligo di adottare il PEG entro venti giorni dall’approvazione del bilancio da parte del consiglio dell’ente. (Proroga del bilancio ed esercizo provvisorio al 31 marzo).
Il quadro normativo
Le fonti sullo smart working sono costituite dall’articolo 14, comma 1, della legge 7 agosto 2015, n. 124, come modificato dall’art. 263, comma 4-bis, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. “decreto rilancio”), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 7, e dalle Linee Guida approvate dal Ministro per la pubblica amministrazione con decreto del 9 dicembre 2020.
L’art. 14 della legge n. 124, prima della novella del 2020, prevedeva:
- l’adozione di misure organizzative per definire obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e nuove modalità spazio-temporali di
svolgimento della prestazione lavorativa che permettano, entro tre anni, ad almeno il 10 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali modalità; - la valutazione delle misure organizzative e degli obiettivi raggiunti nell’ambito dei percorsi di misurazione della performance organizzativa e individuale;
- l’adeguamento dei sistemi di monitoraggio e controllo interno;
- l’individuazione di specifici indicatori per la verifica dell’impatto sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione amministrativa, nonché sulla qualità dei servizi erogati, delle misure organizzative adottate in tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative.
In buona sostanza, l’art. 14 nel testo originario si limitava a prevedere indicazioni generali e limitate e affidava alle singole amministrazioni il compito di organizzarsi, stabilire le regole, verificare il sistema introdotto e le ricadute delle nuove misure organizzative sull’efficacia, efficienza delle attività svolte e dei servizi erogati.
Il testo novellato dell’art, 14 dall’art. 263 del decreto “Rilancio” del 2020 mantiene la stessa impostazione e si limita ad elevare al 60% la percentuale dei dipendenti da coinvolgere e completare la disposizione, stabilendo che:
- entro il 31 gennaio di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche devono redigere, sentite le organizzazioni sindacali, il POLA, quale sezione del piano della performance;
- il POLA deve individuare le modalità attuative del lavoro agile per almeno il 60% dei lavoratori e le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti;
- anche in mancanza del POLA, le pubbliche amministrazioni devono garantire il lavoro agile ad almeno il 30% dei dipendenti che lo richiedono;
- con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, possono essere formulati indirizzi alle pubbliche amministrazioni e regole inerenti l’organizzazione del lavoro, finalizzate a promuovere il lavoro agile e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti;
- l’istituzione di un apposito Osservatorio per il lavoro agile (organismo istituito con DM 4 novembre 2020 con membri nominati con DM 21 gennaio 2021) .
Linee guida
Il quadro, in attuazione dell’art. 14 della L. 124, è stato completato dal vademecum per l’elaborazione del POLA contenuto nelle Linee guida approvate dalla Funzione Pubblica con il decreto 9 dicembre 2020.
Le Linee guida contengono gli indirizzi alle amministrazioni per la predisposizione di questo nuovo Piano, con indicazioni metodologiche e il riferimento alla definizione di appositi indicatori di performance.
POLA
Il POLA è un programma triennale con il compito di modificare gli attuali modelli organizzativi basati sulla presenza fisica in ufficio dei dipendenti e sulle sanzioni (gravissime) per i furbetti del cartellino, e di introdurre strumenti di flessibilità, autonomia e collaborazione per realizzare il nuovo “modello di organizzazione del lavoro che si basa sulla maggiore autonomia del lavoratore che, sfruttando appieno le opportunità della tecnologia, ridefinisce orari, luoghi e in parte strumenti della propria professione. È un concetto articolato, che si basa su un pensiero critico che restituisce al lavoratore l’autonomia in cambio di una responsabilizzazione sui risultati, mentre il telelavoro comporta dei vincoli ed è sottoposto a controlli sugli adempimenti” (Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016 sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale – Un fondamento ed orientamento alle forme di lavoro a distanza tra cui il telelavoro agile- (2016/2017(INI)).
Per le pubbliche amministrazioni non sarà facile sostituire l’attuale modello, basato essenzialmente, si ribadisce, sul controllo delle presenze e delle prestazioni, con un modello organizzativo completamente diverso che necessita di puntare su collaborazione, autonomia, flessibilità, programmazione, e che, soprattutto ha bisogno, per essere attuato in modo efficace, di utilizzare strumenti informatici e telematici nei rapporti interni, con le altre amministrazioni e con i privati (art, 3-bis della L. 241 del 1990, come modificato dall’art. 12 del D.L..76/2020) .
L’impresa è difficile ma non impossibile.
Infatti, non possiamo trascurare di ricordare che, a distanza di alcuni decenni, la pubblica amministrazione non è ancora riuscita a realizzare neppure il c.d. “modello manageriale” o di “gestione per obiettivi” introdotto negli anni ’90, se non parzialmente e spesso in modo esclusivamente formale. Questo modello avrebbe dovuto essere costruito su seguenti pilastri, che, però, non hanno retto: (i) una gestione per obiettivi, con l’accento sui risultati; (ii) la distinzione collaborativa dei ruoli fra vertice politico e dirigenza; (iii) la contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico; (iv) la flessibilità dell’organizzazione, funzionale alla realizzazione dei programmi ideati dai decisori politici.
Il modello, quindi, non è stato realizzato in pieno, nonostante il tempo trascorso e ancorché rafforzato dalla riforma Brunetta del 2009 con l’innesto di strumenti di misurazione e valutazione della performance organizzativa e individuale (Dlgs n. 150/2009),e completato dalla legge Madia del 2017 (D.Lgs n. 74/2017), anche con il rilancio del ruolo e delle funzioni degli organismi di valutazione (OIV e Nuclei di valutazione). Anche questo modello pone l’accento sulla collaborazione, sulla flessibilità, sull’autonomia, sui risultati, sulla programmazione strategica e operativa e sul controllo dei risultati conseguiti, ossia sugli stessi elementi a base dell’organizzazione del lavoro agile.
Le cause dello scarso successo della riforma della fine degli anni novanta e del primo decennio del duemila sono riconducibili alla mancanza di investimenti in ambiti essenziali quali formazione e crescita professionale dei dipendenti pubblici, che avrebbero dovuto assicurare, in concreto, il passaggio alla nuova organizzazione; l’insufficienza di tecnologie digitali e la mancata introduzione di effettive semplificazioni procedurali spesso solo annunciati e che, invece, sono strumenti tutti indispensabili per accompagnare in modo veloce il cambiamento organizzativo.
Inoltre, il principio di distinzione collaborativa fra compiti, ruolo e responsabilità degli organi politici e della dirigenza, con cui si era cercato di definire il difficile rapporto fra politica ed azione, è risultato vanificato da un’applicazione, senza regole e limiti, dello spoil system, che ha consentito agli organi politici, una volta esclusi dalla gestione, di scegliere i gestori e di riappropriarsi così, per interposte persone, dell’amministrazione, trasformando il previsto rapporto di interconnessione fra i due vertici in rapporto di osmosi.
I sistemi di programmazione e controllo sono stati adottati dalle pubbliche amministrazioni perché obbligatori, e, salvo lodevoli eccezioni, non sono stati utilizzati come mezzi per realizzare, in concreto, i nuovi principi cardine dell’organizzazione pubblica.
E’ mancata anche una crescita professionale della classe dirigente, adeguata alla rilevanza delle funzioni e delle responsabilità affidate.
In molti casi anche i dirigenti di ruolo sono rimasti spettatori di un cambiamento mancato e non protagonisti.
Per non parlare dei colpevoli ritardi accumulati nell’introduzione di strumenti informatici e telematici adeguati, che nascono, e poi si sviluppavano negli anni solo nel mondo del diritto, ossia nel codice dell’amministrazioni digitale del 2005 e, soprattutto, nei successivi e continui suoi restyling e nelle regole tecniche emanate, ma che ancora oggi in moltissime organizzazioni pubbliche restano allo stato embrionale o sono confinate ad un ruolo secondario.
Esiste il pericolo che anche questo nuovo Piano sia adottato e poi resti rinchiuso nei cassetti per essere ripreso al momento in cui deve essere rendicontato, senza l’attuazione delle indispensabili azioni di monitoraggio e di controllo finale. Occorre evitare, in sostanza, cosa è successo con le altre riforme che hanno interessato la pubblica amministrazione. Sarebbe l’ennesima occasione persa per modernizzare le organizzazioni pubbliche e assicurare il buon governo.
Fase transitoria
Il lavoro agile è presente, quindi, nel nostro ordinamento fin dalla legge n. 124/2015 ma, salvo sperimentazioni eccellenti in alcune organizzazioni, è decollato solo nel 2020 solo a causa della pandemia e della conseguente esigenza di allontanare fisicamente i dipendenti pubblici (e privati) dai posti di lavoro, ma senza una preventiva organizzazione e senza regole.
Nella fase transitoria – ora prorogata al 30 aprile 2021 con il DM_20_gennaio_2021– l’utilizzo “forzoso” dello smart working è stato affidato a regole troppo semplificate, prescindendo anche dagli accordi individuali.
Sarebbe opportuno, invece, che le amministrazioni pubbliche avviassero seriamente un percorso organizzativo con il nuovo strumento del POLA, evitando che il lavoro agile sia lasciato alla buona volontà e all’auto-organizzazione dei dipendenti.