L’ANAC segnala a Governo e Parlamento la necessità di dirimere le incertezze interpretative della disciplina sul c.d. divieto di pantoufale introdotto nel testo unico sul pubblico impiego dalla normativa anticorruzione del 2012.

Il documento ANAC

Com’è noto, l’art. 53, comma 16-ter, del D.Lgs.  n. 165 del 2001,  è stato introdotto dall’art. 1, co 42, lettera l), della L. 6 novembre 2012, n. 190, recante isposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”,

Com’è noto, la norma introduce nel nostro ordinamento una causa di  “incompatibilità successiva” per i dipendenti pubblici e i professionisti, finalizzata  a ridurre i rischi connessi all’uscita del dipendente dalla sfera pubblica e al suo passaggio, per qualsivoglia ragione, al settore privato (pantouflgae o  sliding door) ossia che il dipendente possa sfruttare a proprio fine la sua posizione e il suo potere all’interno dell’amministrazione per ottenere un
lavoro presso l’impresa o il soggetto privato con cui entra precostituendosi delle situazioni lavorative vantaggiose.

L’incompatibilità riguarda i dipendenti che, nel corso degli ultimi tre anni di servizio presso la pubblica amministrazione, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione stessa, cui è precluso, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro ( “c.d. periodo di raffreddamento”), la possibilità di svolgere attività lavorativa o professionale in favore dei soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso l’esercizio dei suddetti poteri autoritativi e negoziali.di cui all’art. 53, comma 16-ter, d.lgs. 165/2001, successivamente integrata dall’art. 21 del D.Lgs. 39 del 2013.

Le osservazioni.  Diverse le osservazioni dell’ANAC, che suggerisce di:

a)  completare la normativa sul pantouflage, eccessivamente scarna in relazione alla complessità dell’istituto;

b) riallineare l’art. 1, co. 2, D.Lgs.  n. 165 del 2001, che annovera tra le pubbliche amministrazioni solo gli enti pubblici non economici, e l’art. 1, co. 2, lett. b), D.Lgs. 39 del 2013, applicabile in forza della previsione contenuta nel successivo art. 21, che fa riferimento agli enti pubblici in generale, senza alcuna distinzione fra ente economico e non economico;

c) estendere il divieto per gli enti in provenienza  anche agli enti di diritto privato in controllo pubblico – non contemplati nel comma 16-ter, trattandosi di norma inserita nel testo unico sul pubblico impiego – sempre in coerenza con l’art. 21 del D.Lgs. 39 del 2013;

d) ampliare la nozione di soggetto privato, in modo da includervi , soltre alle società, imprese e studi professionali,  anche soggetti  partecipati o controllati da una pubblica amministrazione, per evitare un’ingiustificata limitazione del perimetro di applicazione della norma e una situazione di disparità di trattamento tra situazioni analoghe;

e) precisare e rendere più organica la disciplina delle tipologie di dipendenti sottoposte al divieto in esame;

f)  prevedere una disciplina per le cariche politiche non solo per la “provenienza” (già prevista dalD.Lgs. 39 del 2013 ) ma anche la “destinazione”;

g)  ampliare gli incarichi vietati in destinazione, essendo eccessivamente limitativo prevedere le sole ipotesi di attività lavorative subordinate o professionale ed escludere dall’applicazione della normativa ipotesi più rilevanti;

h) individuare l’organo o l’autorità compente non solo ad accertare la violazione del divieto di pantouflage, ma anche a comminare le sanzioni previste e altri aspetti del sistema sanzionatorio.


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