Dal 1° maggio, è richiesta l’obbligatoria presenza in aula del giudice per le udienze nei processi, civili, penali, tributari e militari.
E’ quanto stabilisce l’art. 3, comma 1, lett. c), del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, recante “Misure urgenti per la funzionalita’ dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonche’ disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19” (G.U. n.111 del 30-4-2020).
Cosa cambia – Il comma 7, lett. f), dell’art. 83 del D.L. 18/2020 stabiliva, prima della novella del D.L. 28: “la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se e’ prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalitàdi collegamento[…]”.
Con la modifica introdotta dall’art. 3, comma 1, lett. c) del D.L. 28 sono state inserite al su richiamato comma 7 lett f) dell’art. 83 dopo le parole «deve in ogni caso avvenire» le seguenti: «con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario e”. Pertanto, il testo coordinato del comma 7, lett. f) dell’art. 83 del D.L. 18/2020, dal 1° maggio, per la parte che qui interessa, è il seguente: “[….] “Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario e con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti”.
Sorvolando sull’infelice formulazione della disposizione (“presenza del giudice”), l’interpretazione più accreditata ad oggi è che le udienze civili “da remoto” debbano essere per forza celebrate con la presenza del giudice in ufficio. Lo stesso vale per le udienze penali, in controtendenza con la recente apertura sulla possibilità che anche queste udienze e parte delle attività d’indagine si svolgano in forma dematerializzata.
Il processo tributario – Cosa succede per il processo davanti alle commissioni provinciali e regionali tributarie? La novella si applica anche per questa giurisdizione, considerato che ai procedimenti tributari si applicano le norme procedimentali previste per la giurisdizione ordinaria, “in quanto compatibili”, come previsto dall’articolo 1, comma 4, del decreto -lgege 8 marzo 2020, n. 11, e poi confermato dall’articolo 83 del DL 18/2020. In questo caso, l’incompatibilità che consente la non applicazione della norma del processo civile al giudizio tributario è di difficile dimostrazione.
In verità, a regime, il processo tributario telematico, è già configuarto secondo questo strano modello “giudici in ufficio e parti, se lo richiedono, da remoto” (D.Lgs. 546/1992, come modificato dal D.Lgs 119/2018). In altri termini, a regime,nel processo tributario telematico solo i professionisti, i contribuenti e i funzionari pubblici potranno chiedere che la discussione in pubblica udienza avvenga a distanza via web, secondo regole tecnico-operative (non ancora emanate a distanza di due anni!) del Direttore generale del Ministero delle Finanze.
Conclusioni – Riassumendo, nella disputa fra i “conservatori” che osteggiano energicamente l’udienza da remoto, inidonea, a loro giudizio, a garantire l’effettività del contraddittorio tra le parti, l’integrità dell’oralità, la coerenza e organicità del momento processuale, e i riformisti che la sponsorizzano in quanto misura efficace (se non risolutiva) per contribuire a rimediare alla lentezza della giustizia, la partita sembra vinta dai primi, almeno per il momento. Peccato che a perderci è il sistema giudiziario italiano, che non riesce ad adeguarsi a quelli vigenti “in Inghilterra e negli Stati Uniti, ordinamenti presi da sempre a modello per le garanzie di oralità e immediatezza” (P. Morosini, “Quando si rilevano utili le tele-udienze“, Il Fatto Quotidiano, 5-5-2020). Insomma, sembrava che la crisi sanitaria causata dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, potesse essere un’occasione da sfruttuare per il ricorso, se non assoluto, almeno prevalente, alle tecnologie anche per orgnizzare le udienze, specie nel processo tributario, che, come quello amministrativo, è prevalentemente cartaceo. Invece, almeno per il momento, non è così. Speriamo che sia solo uno spiacevole infortunio normativo, uno dei tanti invero, cui potrà rimediare la legge di converisone o altro decreto -legge di rettifica.
E’ evidente, però, che la tele-udienza, fortemente innovativa come strumento per la riduzione della durata dei processi, per diventare una misura veramente efficace richiede due condizioni. La prima che l’innovazione sia accompagnata da investimenti in tecnologie e nella formazione, a dosi massicce, dei giudici, degli avvocati e del personale amministrativo e giudiziario; l’altra, che l’udienza in remoto sia mediata con l’esigenza e la peculiarità di taluni atti processuali che esigono necessariamente, specie nel processo penale, la presenza fisica dei diversi attori o l’integrità dell’oralità. Non è semplice, ma possibile.