L’individuazione del prezzo posto a base d’asta può ritenersi congrua anche se non vengono rispettate le tabelle predisposte dal Ministero del Lavoro, salvo il limite della salvaguardia delle retribuzioni dei lavoratori come stabilite in sede di contrattazione collettiva.
Tar Lazio, sez. II, sentenza 16 aprile 2020, n. 3948, Presidente Tricarico, Estensore Tropiano
A margine
Una impresa chiede al Tar l’annullamento degli atti con cui è indetta una gara per l’aggiudicazione di accordi quadro relativi all’affidamento del Servizio Educativo per l’Autonomia degli alunni con disabilità di varie scuole comunali, suddivisa in 30 lotti.
L’impresa contesta in particolare la quantificazione dei costi del personale effettuata sulla base delle Tabelle Ministeriali del 2013 in misura inferiore rispetto a quanto previsto dal nuovo CCNL 2019 – cooperative sociali (in vigore al momento della gara) nonché la conseguente scorretta indicazione delle categorie professionali cui ascrivere la figura del coordinatore educativo e degli educatori.
La sentenza
Il Tar ritiene il ricorso fondato limitatamente alla doglianza dell’errata considerazione del costo del lavoro in quanto ancorata alla remunerazione prevista dalle tabelle ministeriali del 2013 e non ai nuovi parametri del CCNL.
Premesso infatti che l’amministrazione è dotata di un’ampia discrezionalità nella individuazione degli elementi caratterizzanti l’appalto di servizi e in generale delle prestazioni da richiedere, si rileva che esistono dei temperamenti alla libertà di scelta dell’amministrazione, sia per assicurare il rispetto di finalità di carattere sociale (come la valorizzazione del trattamento economico degli operatori di cui alla gara, collegata altresì alla valorizzazione del lavoro che involge una categoria protetta quale quella dei disabili), sia per garantire le imprese operanti nel mercato attraverso il mantenimento della corretta dinamica concorrenziale.
È opinione consolidata che l’individuazione del prezzo posto a base d’asta può ritenersi congruo anche se non vengono rispettate le tabelle predisposte dal Ministero del Lavoro, le quali indicano dei costi medi, i quali costituiscono parametri non inderogabili, salvo però il limite che lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori come stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
Nel caso di specie, pare evidente, da una parte, la risalenza nel tempo delle tabelle ministeriali utilizzate dalla SA, e, dall’altra, la circostanza che, già all’epoca della pubblicazione del bando, i relativi corrispettivi erano stati sensibilmente aumentati per effetto dell’entrata in vigore del nuovo CCNL.
La scelta dell’amministrazione è stata quindi contraddittoria ed irragionevole laddove, nel congegnare la legge di gara, ha sottostimato i costi del personale, determinandoli in base a parametri non solo non più attuali, ma addirittura superati già prima della indizione della procedura, dalle pattuizioni del nuovo contratto collettivo. In proposito, si osserva che, per il solo lotto 1, lo scarto tra gli importi previsti e quello corretto è pari quasi ad 1 milione di euro.
D’altro canto, si evidenzia che, proprio sotto il profilo assiologico e di valorizzazione della prestazione richiesta (indirizzata ad una platea di destinatari che rappresentano soggetti deboli e “protetti”, i quali devono poter contare su di un servizio qualificato e dunque congruamente remunerato), l’amministrazione avrebbe dovuto ancor più attentamente valutare il giusto prezzo del servizio richiesto.
Diversamente, l’inquadramento delle figure proposto dalla SA appare immune dai vizi lamentati in quanto in linea con le prescrizioni del CCNL 2019.
di Simonetta Fabris