La direttiva 2004/18/CE dev’essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi e che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione.

CGUE, sez. V, sentenza 27 novembre 2019, causa C-402/18, Presidente Regan, Avvocato generale Campos Sánchez-Bordona

A margine

In seguito all’accertamento della violazione del limite del 30% sul subappalto previsto dall’articolo 118, c. 2, del d.lgs. 163/2006 e delle norme di cui al comma 4 del medesimo art. in materia di ribasso massimo, non superiore al 20%, della remunerazione corrisposta alle imprese subappaltanti rispetto ai prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, il Tar Lazio, con sentenza n. 12511/2017, dispone l’annullamento dell’aggiudicazione di una gara per l’affidamento di servizi di pulizia.

Pertanto l’impresa si rivolge al Consiglio di Stato il quale, con ordinanza n. 3553/2018, sospende il giudizio e propone rinvio pregiudiziale alla CGUE chiedendo:

«se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del TFUE, gli articoli 25 della direttiva 2004/18 e 71 della direttiva 2014/24, che non contemplano limitazioni per quanto concerne la quota subappaltatrice ed il ribasso da applicare ai subappaltatori, nonché il principio di diritto dell’Unione europea di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’articolo 118 commi 2 e 4 del decreto legislativo n. 163/2006, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del 30% dell’importo complessivo del contratto e l’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al 20%».

La sentenza

La Corte statuisce che la direttiva 2004/18/CE dev’essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, come quella italiana:

  • che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi;
  • che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione.

In particolare, circa la prima questione, la Corte evidenzia di aver già dichiarato che il contrasto al fenomeno dell’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore degli appalti pubblici costituisce un obiettivo che può giustificare una restrizione alle norme fondamentali in materia di appalti pubblici.

Tuttavia, una restrizione come italiana eccede quanto necessario al raggiungimento dell’obiettivo in quanto vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto per una quota predefinita, indipendentemente dal settore economico interessato dall’appalto o dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori senza lasciare spazio alcuno a una valutazione, caso per caso, da parte dell’ente aggiudicatore.

L’obiettivo potrebbe essere raggiunto obbligando l’offerente a fornire, nella fase di offerta, le identità degli eventuali subappaltatori, al fine di consentire all’amministrazione di effettuare le verifiche nei loro confronti, perlomeno nel caso degli appalti che si ritiene rappresentino un maggior rischio di infiltrazione.

Tale constatazione non può essere messa in discussione nemmeno dall’argomento del governo italiano, secondo cui i controlli che l’amministrazione deve effettuare in forza del diritto nazionale sarebbero inefficaci. Infatti, tale circostanza, che discende dalle modalità specifiche di tali controlli, nulla toglie al carattere restrittivo della misura nazionale oggetto del procedimento principale.

Allo stesso modo, anche il limite del 20% massimo del ribasso applicabile ai subappaltatori eccede quanto necessario al fine di assicurare ai lavoratori impiegati nel subappalto una tutela salariale in quanto non lascia spazio ad una valutazione caso per caso dal momento che si applica senza considerare la tutela sociale già garantita da leggi, regolamenti e contratti collettivi applicabili ai lavoratori interessati.

A tal riguardo, si evidenzia che il diritto italiano prevede che il subappaltatore sia tenuto, così come l’aggiudicatario, a rispettare pienamente, nei confronti dei propri dipendenti, per le prestazioni effettuate nell’ambito del subappalto, il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionali e territoriali vigenti per il settore e per la zona in cui le prestazioni vengono effettuate. In base ai medesimi elementi, l’aggiudicatario è anche responsabile in solido del rispetto, da parte del subappaltatore, di detta normativa.

Nel caso in esame della Corte poi, il subappalto comporta il ricorso a cooperative sociali che beneficiano, in forza della normativa italiana applicabile, di un regime preferenziale in materia di fiscalità, di contributi, di retribuzione e di previdenza sociale, e tale normativa mira proprio a facilitare l’integrazione nel mercato del lavoro di talune persone svantaggiate, rendendo possibile il versamento ad esse di un corrispettivo meno elevato di quello che si impone nel caso di altri soggetti che effettuano prestazioni analoghe. Spetta però al giudice del rinvio effettuare le verifiche necessarie in proposito.

Siffatto limite del 20% non può essere giustificato neppure dall’obiettivo di voler garantire la redditività dell’offerta e la corretta esecuzione dell’appalto dal momento che esistono altre misure meno restrittive che faciliterebbero il raggiungimento di quest’ultimo. Ad esempio, potrebbe essere presa in considerazione la misura di richiedere agli offerenti di indicare, in sede di offerta, la quota parte dell’appalto e i lavori che essi hanno intenzione di subappaltare e l’identità dei subappaltatori proposti e, dall’altro lato, di prevedere la possibilità, per l’ente aggiudicatore, di vietare agli offerenti di sostituire subappaltatori se tale ente non abbia potuto verificare previamente l’identità, la capacità e l’affidabilità dei nuovi subappaltatori proposti.

Nel diritto italiano esistono già talune misure che mirano a consentire all’amministrazione aggiudicatrice di verificare la capacità e l’affidabilità del subappaltatore prima che egli effettui le prestazioni subappaltate (ad es. verifica delle offerte anormalmente basse rispetto alla prestazione).

Non si può neanche ritenere che la compatibilità del limite del 20% con il diritto dell’Unione possa fondarsi sull’argomento fatto valere dalla Commissione secondo cui la corresponsione di prezzi ridotti ai subappaltatori, lasciando invariata la remunerazione del contraente principale indicata nell’offerta, comporterebbe una riduzione sostanziale dei costi per l’offerente e aumenterebbe in tal modo il profitto che egli ricava dall’appalto.

Al riguardo, è sufficiente rilevare che la mera circostanza che un offerente sia in grado di limitare i propri costi in ragione dei prezzi che egli negozia con i subappaltatori non è di per sé tale da violare il principio della parità di trattamento, ma contribuisce piuttosto a una concorrenza rafforzata conforme con gli obiettivi posti dalla direttiva.

di Simonetta Fabris


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