Ai sensi dell’art.2 del d.lgs. 6 settembre 2011 n.159 (c.d. Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), “qualora le persone indicate nell’articolo 1 siano pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di residenza, il questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanate”.
Il foglio di via obbligatorio è, pertanto, una misura adottata dal Questore nei confronti di quei soggetti che, secondo alcuni parametri, sono da ritenersi socialmente pericolosi e che, non avendo un legame con uno specifico territorio dove sono stati sorpresi a delinquere, sono diffidati a lasciarlo con l’obbligo di non farvi rientro per un periodo non superiore a tre anni e di presentarsi all’Autorità di P.S. del luogo ove risiedono o dimorano.
Si tratta di una misura amministrativa ablatoria, prevista nell’ordinamento italiano prima ancora della Costituzione, con finalità preventive (e di fatto sanzionatorie) nei riguardi delle persone pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Il provvedimento in esame appartiene alla categoria degli ordini, con i quali la Pubblica Amministrazione (in questo caso l’Amministrazione della P.S.), sulla base della potestà di supremazia generale, può far sorgere, a carico di qualsiasi soggetto, un dovere di condotta positivo (comando) o negativo (divieto) o addirittura avente, come nel caso in esame, entrambe le caratteristiche.
Questa classificazione di ordini, fondati sulla supremazia generale, è comune in materia di pubblica sicurezza, e può consistere sia nella potestà di emanare atti generali, diretti a destinatari indeterminati (es. le ordinanze), sia in atti amministrativi indirizzati a uno o più soggetti determinati, come nel caso in esame.
Tali provvedimenti, che incidono sulla libertà individuale ed in particolare sulla libertà di circolazione, conseguono all’adozione di una scelta discrezionale dell’autorità dotata della relativa potestà; dalla loro inosservanza possono conseguire (e generalmente conseguono) anche sanzioni penali.
Infatti, sia la mancata presentazione all’Autorità di P.S. del luogo ove il soggetto ha dichiarato di abitare (c.d. dimora) che la violazione all’obbligo di lasciare il territorio inibito, comportano l’arresto da uno a sei mesi.
Il contenuto del provvedimento è quindi duplice: da un lato vi è l’ordine (comando) di rimpatrio, dall’altro il divieto di fare rientro nel territorio da cui il soggetto è allontanato.
I presupposti per l’emissione del provvedimento sono:
- l’appartenenza della persona alle categorie di cui all’art.1 d.lgs. n.159 del 2011;
- la pericolosità attuale della persona per la sicurezza pubblica, desunta sulla base di una valutazione da operarsi secondo i parametri di massima informati all’applicazione della sorveglianza speciale di P.S.;
- la presenza della persona fuori dal luogo di residenza, inteso non come il luogo necessariamente di residenza anagrafica ma come il luogo di residenza effettiva, nel senso di dimora abituale.
Sotto l’aspetto formale, il foglio di via obbligatorio è un provvedimento a contenuto composito, nel quale sono presenti due previsioni:
- l’ordine di rimpatrio nel luogo di residenza;
- l’ingiunzione di non fare rientro nel comune dal quale si è allontanati senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni.
Di fatto, la misura di cui all’art.2 del d.lgs. n.159 del 2011 consterebbe di due distinti atti:
a) l’ordine di rimpatrio con ingiunzione a lasciare il comune nel quale è stato sorpreso e a non farvi rientro, senza previa autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, il quale deve essere motivato e contenere le ragioni specifiche su cui si fonda il giudizio di pericolosità del soggetto. Si tratta di un provvedimento che assume la forma del decreto e che, in ragione della discrezionalità dell’atto, particolarmente incisivo e restrittivo in ordine alla sfera giuridica e personale, comporta un rigoroso accertamento che ne giustifichi l’adozione, senza limitarsi a formule generiche o a meri richiami a segnalazioni di polizia;
b) il foglio di via obbligatorio che, invece, è atto consequenziale non necessita di motivazione, essendo atto accessorio all’ordine di rimpatrio e, quindi, con funzione meramente esecutiva, che disciplina le modalità del rimpatrio attraverso l’indicazione di un itinerario prestabilito e l’obbligo di presentazione all’autorità locale di p.s. del luogo effettivo di residenza del rimpatriato.
Nella prassi operativa, soprattutto nei casi in cui il destinatario dell’atto non è più presente negli uffici di Polizia, viene emesso il solo divieto di ritorno, da notificarsi in caso di successivo rintraccio sul territorio, e non anche il c.d. “foglio di via”. Ciò ha costituito (e costituisce tuttora) motivo di ricorso basato sul fatto che l’art.2 del d.lgs. n.159 del 2011 prevede la consegna di entrambi i provvedimenti al soggetto. Inoltre, in forza del principio di legalità e tipicità, i due atti per dispiegare i loro effetti dovrebbero essere contestualmente presenti, laddove l’assenza o l’inefficacia dell’uno comporterebbe la caducazione dell’altro, secondo il principio per cui simul stabunt, simul cadent.
Sulla necessità o meno della compresenza del divieto di ritorno e dell’ordine di rimpatrio ai fini della legittimità del provvedimento si fronteggiano in giurisprudenza due opposti orientamenti:
a) la non necessaria coesistenza del rimpatrio e del divieto di ritorno
In numerose pronunce dei giudici di legittimità si osserva che il foglio di via obbligatorio si compone o può comporsi di due elementi (o prescrizioni) indipendenti, l’ordine di allontanamento e l’obbligo di rimpatrio. “Il contenuto primario del foglio di via obbligatorio è costituito dal divieto fatto al soggetto di ritornare, senza autorizzazione, in un dato Comune dove egli non è residente e dal quale viene allontanato. Può accedere all’ordine di allontanamento – ma non necessariamente – anche l’ordine di rientrare nel luogo di residenza, là dove lo suggeriscano ragioni di opportunità ed esso sia, naturalmente, esistente e noto” (cfr. Cass. pen., sez.I, sentenza n.46257 del 28 novembre 2012, rv. 253966; Cass., sez.I, sentenza n.29694 del 7 giugno 2012, rv. 253069). Su queste basi, nessuna illegittimità parrebbe doversi ravvisare nel provvedimento amministrativo, in quanto il secondo atto, ossia il foglio di rimpatrio, può legittimamente mancare (si pensi ai casi in cui il destinatario del primo sia soggetto privo di fissa dimora o in via di cancellazione per irreperibilità nella propria sede anagrafica: cfr. Cass. pen., sentenza 24 luglio 2013 n.32152), con la conseguente possibilità di emettere un divieto di ritorno senza indicare il comune di residenza ovvero il domicilio dove il soggetto allontanato debba trasferirsi e quindi senza emanare contestualmente il c.d. rimpatrio con foglio di via obbligatorio.
Cass. pen., sez.I, sentenza 28-11-2012 n. 46257
Cass. pen. Sez. I, sentenza 20-07-2012, n. 29694
Cass. pen. Sez. I, sentenza 24-07-2013, n. 32152
b) la necessaria coesistenza del rimpatrio e del divieto di ritorno
Di contrario avviso è invece l’indirizzo recentemente espresso dalla Suprema Corte, secondo cui “la legittima emissione del provvedimento da parte del Questore postula la sussistenza di una duplicità di condizioni, che devono ricorrere entrambe in modo congiunto (come fatto palese dall’uso della congiunzione “e”), rappresentate, da un lato, dal giudizio di pericolosità che deve essere formulato nei confronti della persona appartenente a una delle categorie indicate nel precedente art.1, e, dall’altro, dal dato di fatto che la persona si trovi fuori del luogo di residenza; in modo analogo, il contenuto del provvedimento, che rende l’atto amministrativo conforme alla fattispecie tipica descritta dalla legge, deve prevedere, quale presupposto necessario (e non già eventuale o alternativo) del divieto di rientro della persona (in difetto di autorizzazione, o prima del termine imposto) nel comune dal quale viene allontanata, l’ordine di fare ritorno nel luogo di residenza con foglio di via obbligatorio”.
Ne consegue che “l’accertamento che la persona si trova in luogo diverso da quello di residenza e l’ordine conseguente di farvi rientro costituiscono condizioni imprescindibili e inscindibili della legittima emissione della contestuale inibitoria, rivolta al medesimo soggetto, di fare ritorno nel luogo dal quale viene allontanato” (così Cass. pen., sez.I, sentenza n.4074 del 28 gennaio 2019).
Cass. pen. Sez. I, sentenza 28-01-2019, n. 4074
Da ciò discende che l’assenza nel provvedimento del questore del suddetto accertamento e del conseguente ordine di rimpatrio rende l’atto amministrativo difforme dalla fattispecie tipica e carente di uno degli elementi essenziali previsti dall’art.2 d.lgs. n. 159 del 2011, la cui mancanza è idonea a produrre la nullità dell’atto prevista dall’art.21 septies della legge n.241 del 1990 sul procedimento amministrativo”.
Il caso deciso dal giudice di legittimità con la sentenza da ultimo citata concerneva un provvedimento con il quale il Questore aveva disposto l’allontanamento di un soggetto senza fissa dimora dal territorio di un Comune per la durata di anni tre, non accompagnato dalla contestuale intimazione di fare rientro nel luogo di residenza. La Suprema Corte ha ritenuto insussistente il reato di cui all’art.76, comma 3, D.lgs. n.159 del 2011, poiché derivante dall’inottemperanza di un ordine di allontanamento contenuto in un provvedimento invalido, in quanto privo di uno dei suoi requisiti essenziali.
Sempre su questa falsariga, la sez.I della Suprema Corte, con sentenza n.30952 pubblicata il 15 luglio 2019, evidenzia la necessità che al divieto di ritorno si accompagni l’ordine di fare rientro nel luogo di residenza, con foglio di via obbligatorio: “la necessaria compresenza e correlazione, nel provvedimento del Questore, di entrambe le intimazioni, di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento, la prima delle quali costituente condizione e antecedente logico dell’altra, comporta che entrambe devono concorrere a integrare, sul piano oggettivo, la fattispecie legale tipica del provvedimento, la cui corretta formazione ed esistenza costituisce il presupposto del reato derivante dall’inosservanza di una delle sue prescrizioni, con la conseguenza che la mancanza dell’una o dell’altra prescrizione, determinando la carenza di uno degli elementi essenziali dell’atto amministrativo, che ne condizionano la validità e dunque la legittimità, fa venir meno lo stesso presupposto logico-giuridico della condotta incriminata, costituita ex art.76 co.3 d.lgs. n.159 del 2011 dalla violazione della disposizione di un provvedimento validamente e legittimamente formato” (nello stesso senso, cfr. Cass. pen., sez.I, sentenza n.36652 pubblicata il 29 agosto 2019).
Cass. pen. Sez. I, sentenza 29-08-2019, n.36652
In altro pronunciamento (Cass. pen., sentenza n.33108 del 19 marzo 2019) si argomenta che è principio di diritto quello secondo cui, in tema di misure di prevenzione (foglio di via obbligatorio) ex art.2 d.lgs. n.159 del 2011, la relativa fattispecie legale preveda la necessaria compresenza dell’intimazione di non fare ritorno nel comune oggetto dell’ordine di allontanamento e quella di fare rientro nel comune di residenza. Da questo principio viene desunto che “la violazione di anche di una delle imposizioni integra l’elemento oggettivo positivo del reato di cui all’art.76 co.3 del medesimo decreto”, trattandosi di una condotta omissiva plurima, ripartita in due elementi tra loro interdipendenti, rappresentati, rispettivamente, dal mancato allontanamento del soggetto dal luogo dal quale è stato bandito e dall’inadempimento dell’obbligo di rientro nel luogo di abituale residenza.
Qui si afferma anche che l’obiettivo della norma risulterebbe sostanzialmente frustrato qualora si ammettesse la legittimità di un provvedimento dal contenuto circoscritto all’allontanamento dal luogo di manifestazione della pericolosità sociale ed al divieto di reingresso, in quanto tale non funzionale alle immanenti e preminenti esigenze di controllo. “Tanto autorizza ad affermare che il foglio di via obbligatorio privo dell’ordine di rimpatrio verso il luogo di residenza per non avere il destinatario una residenza, ovvero un luogo in cui egli ha fissato, in modo più o meno stabile, il centro dei propri interessi, sarebbe inidoneo a soddisfare le finalità preventive sottese alla norma in esame”.
Pertanto “la decisione di ritenere insussistente il reato derivante dall’inottemperanza di un ordine di allontanamento contenuto in un provvedimento affetto da nullità, perché privo di uno dei suoi elementi essenziali, risulta corretta e non merita censura”.
A sostegno, vengono addotte le indicazioni della Consulta (sentenza n.68 del 1964) che ribadisce la legittimità dello strumento per sua natura composto sia dall’ordine di rimpatrio verso un luogo determinato quanto dal divieto, entro una data cornice temporale, del ritorno in quello dal quale il destinatario è stato allontanato.
Cass. pen. Sez. I, sentenza 23-07-2019, n. 33108
Possibili soluzioni operative
Dal confronto tra i menzionati orientamenti, in assenza di un pronunciamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, potrebbe tuttavia desumersi che:
1) non è vietato emettere un divieto di ritorno senza indicare il comune di residenza ovvero il domicilio dove il soggetto allontanato debba trasferirsi e quindi senza emanare contestualmente il c.d. rimpatrio con foglio di via obbligatorio;
2) è tuttavia insussistente il reato – eventualmente contestato – di cui all’art.76, comma 3, d.lgs. n.159 del 2011, poiché derivante dall’inottemperanza di un ordine di allontanamento contenuto in un provvedimento invalido, in quanto privo di uno dei suoi requisiti essenziali;
3) il reato sussiste anche nel caso della violazione di una soltanto delle imposizioni, purché queste ultime siano state entrambe contestate, ossia il divieto di ritorno e l’obbligo di fare rientro nel luogo di residenza.
Muovendo da quest’ultima considerazione, potrebbe essere presa in esame, per i casi in cui non è possibile procedere – ad esempio per assenza del destinatario – alla contestuale notifica del divieto di ritorno e del foglio di rimpatrio, la stesura di un provvedimento nel quale vengano intimati il divieto di ritorno che l’obbligo di fare rientro nel luogo di residenza, prevedendo che l’efficacia di quest’ultimo decorra dal momento dell’effettivo rintraccio e della correlata notifica e che il provvedimento notificatogli valga anche quale obbligo di rimpatrio.
Risulterebbe sufficiente, in tal senso, dare atto nel corpus motivazionale del provvedimento di quanto precede, specificando, nei termini appresso riportati, che il medesimo costituisce, pertanto, anche ‘foglio di via obbligatorio’:
(…)
“PRESO ATTO che l’assenza del destinatario determina l’impossibilità di procedere alla materiale consegna brevi manu del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio;
RAVVISATA, pertanto, la necessità di procedere, con il presente provvedimento, alla contestuale e congiunta intimazione di non fare rientro in questo Comune e dell’obbligo di fare rientro nel luogo di residenza”
La prescrizione, infine, avrebbe il seguente tenore:
Il Questore
(…)
“ORDINA, ai sensi dell’art.2 del d.lgs. n.159 del 2011, il rimpatrio con foglio di via obbligatorio di _____nel comune di ____ (o luogo di ultima accertata dimora, nel caso dei senza fissa dimora) con l’obbligo per lo stesso di presentarsi alla locale Autorità di P.S. individuata nel ___ (Questura, Commissariato di P.S., Sindaco) entro giorni ____dalla data di notifica della presente ordinanza.
DISPONE altresì che allo stesso sia inibito di ritornare nel territorio del comune di ____ per la durata di anni ____, senza la preventiva autorizzazione dello scrivente.
Il predetto, che è tenuto ad esibire il presente provvedimento all’Autorità di P.S. del luogo di rimpatrio, viene informato che, contravvenendo anche ad una soltanto delle delle prescrizioni suddette, sarà deferito alla competente Autorità Giudiziaria ai sensi degli artt.157, 220 TULPS e 76 co.3 del d.lgs. n.159 del 2019″.
(…)
Sarà cura dell’ufficio che emette il provvedimento – non ancora notificato – di inserirlo nella banca dati delle Forze di Polizia con nota di rintraccio nella quale va precisato che l’ufficio che procede alla notifica è pregato di notiziare l’Autorità di P.S. ove il soggetto è obbligato a presentarsi (e per conoscenza l’ufficio che ha emesso il provvedimento), onde verificarne il corretto adempimento e procedere alla contestazione dell’art.76 d.lgs. n.159 del 2011 in caso di mancata ottemperanza.
Nell’ipotesi delle persone senza fissa dimora, ove non sia possibile individuare una destinazione di rimpatrio (ad esempio, per mancanza di residenza o di notizie sulla località di ultima dimora), varrebbero le considerazioni della Suprema Corte (v. la richiamata sentenza del 24 luglio 2013 n.32152) secondo cui “il contenuto primario del foglio di via obbligatorio è il divieto fatto al soggetto di ritornare, senza autorizzazione, in un dato comune dove egli non è residente e dal quale viene allontanato. Può accedere all’ordine di allontanamento – ma non necessariamente – anche l’ordine di rientrare nel luogo di residenza, là dove lo suggeriscono ragioni di opportunità ed esso sia, naturalmente, esistente e noto”.
In caso contrario, ove si sostenesse l’illegittimità del (solo) divieto di ritorno adottato dal Questore, si avrebbe una disparità di trattamento tra il soggetto fornito di normale residenza (al quale si potrebbe comminare il provvedimento interdittivo) e colui che una fissa dimora non la possiede e pertanto sarebbe per ciò solo sottratto alla possibile comminatoria di una misura di prevenzione, pur ricorrendone i profili di pericolosità.