La legge 19 luglio 2019 n.69 recante “modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere” è stata pubblicata nella Gazz. Uff. 25 luglio 2019 n.173 ed è entrata in vigore il 9 agosto 2019.
Il provvedimento, conosciuto come “codice rosso”, tende a garantire una tutela prioritaria alle persone offese vittime dei “delitti di genere” e di “violenza domestica”.Le modifiche al codice di procedura penale
Di particolare impatto sono le modifiche al codice di rito penale nella parte in cui si stabilisce, a fronte di notizie di reato relative a delitti di violenza domestica e di genere (e dunque quando si procede per uno dei suddetti reati):
- che la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisce immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale, facendo seguire senza ritardo la comunicazione in forma scritta. Viene in tal senso integrato il co.3 dell’art.347 c.p.p. che prevedeva questa possibilità solo per i gravi delitti indicati nell’art.407 co.2, lett.a), n.1-6 (ad esempio, omicidio, reati di associazionismo mafioso o con finalità di terrorismo) e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza. La modifica, che risponde ad una presunzione assoluta di urgenza, esclude ogni discrezionalità da parte della polizia giudiziaria, chiamata ad attivarsi immediatamente, senza alcuna possibilità di valutare se ricorrano o meno le ragioni di urgenza (art.2);
- che il pubblico ministero, entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha denunciato i fatti di reato. Il termine di 3 giorni può essere prorogato solo in presenza di imprescindibili esigenze di tutela dei minori di anni diciotto o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa. Viene a tal fine inserito nell’art.362 c.p.p., relativo all’assunzione di informazioni da parte del PM, un nuovo comma 1-ter, il quale, a fronte della previgente disciplina (che non specificava un termine entro il quale il PM dovesse procedere all’assunzione di informazioni dalle persone in grado di riferire circostanze utili ai fini delle indagini) stabilisce un termine di 3 giorni unicamente per il catalogo di reati ricondotti alla violenza domestica e di genere (art.2);
- che la polizia giudiziaria procede senza ritardo al compimento degli atti di indagine delegati dal PM e pone, sempre senza ritardo, a disposizione del PM la documentazione delle attività svolte (art.3). A tal fine, viene integrato il contenuto dell’art.370 c.p.p., sugli atti di indagine compiuti direttamente e delegati dal PM, con l’inserimento di due nuovi commi (2-bis e 2-ter).
L’art.4 introduce nel codice penale l’art.387-bis in materia di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, prevedendo la reclusione da sei mesi a tre anni.
L’art.6 modifica l’art.165 c.p. in materia di sospensione condizionale della pena, stabilendo che nei casi di condanna per i delitti di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati.
L’art.7 inserisce nel codice penale l’art.558-bis che punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile, ovvero, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile. La pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto ed è ricompresa tra due e sette anni se in danno di un minore di anni quattordici. La disposizione si applica anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia.
L’articolo 9 prevede l’aumento dei limiti edittali del delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.), punito con la reclusione da 3 a 7 anni. La norma sanziona chiunque, fuori dei casi di abuso dei mezzi di correzione e disciplina (art.571 c.p.), maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte (primo comma). Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da 4 a 9 anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da 7 a 15 anni; se ne deriva la morte, la reclusione da 12 a 24 anni (secondo comma).
Viene introdotta una fattispecie aggravata quando il delitto di maltrattamenti è commesso in presenza o in danno di minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, ovvero se il fatto è commesso con armi; in questi casi la pena è aumentata fino alla metà. Per coordinamento, in ragione dell’aggravante speciale, viene eliminato dall’aggravante comune dell’art.61 c.p. il riferimento al delitto di maltrattamenti.
Anche per il delitto di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) è previsto un aumento di pena: la reclusione da 6 mesi a 5 anni viene, infatti, sostituita con la reclusione da un anno a 6 anni e 6 mesi.
L’articolo 11 interviene sull’omicidio aggravato dalle relazioni personali, di cui all’art.577 c.p., per estendere il campo d’applicazione delle aggravanti anche nel caso di fatto commesso nei confronti di discendenti adottati o contro persone stabilmente conviventi con il colpevole o ad esso legate da relazione affettiva.
Questa formulazione rende alternative le circostanze della stabile convivenza e della relazione affettiva, consentendo, dunque, l’applicazione dell’ergastolo sia in caso di relazione affettiva senza stabile convivenza, sia in caso di stabile convivenza non connotata da relazione affettiva.
L’aggravante della reclusione da 24 a 30 anni di cui al co.2 dell’art.577 c.p. opera altresì se vittima dell’omicidio è, oltre al coniuge divorziato e all’altra parte dell’unione civile cessata, la «persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate». Anche in questo caso il provvedimento estende l’applicazione dell’aggravante alla cessata convivenza o alla cessata relazione affettiva, punendo più severamente, oltre all’omicidio commesso in danno di un ex partner, anche quello commesso in danno di qualsiasi ex convivente, a prescindere dalla relazione affettiva.
Viene escluso che le attenuanti, diverse da quelle previste dagli artt.62 n.1, 89, 98 e 114, concorrenti con le circostanze aggravanti di cui al primo comma, n.1, e al secondo comma, possano essere ritenute prevalenti rispetto a queste.
L’articolo 12, comma 1, inserisce nel codice penale il delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, conseguentemente sopprimendo la corrispondente ipotesi di lesioni personali gravissime (art.583 c.p.), che puniva con la reclusione da 6 a 12 anni le lesioni personali gravissime, tra le quali era inserita la deformazione ovvero lo sfregio permanente del viso e a tale ipotesi equiparava anche la malattia insanabile, la perdita di un senso ovvero la perdita di un arto o mutilazione permanente.
La nuova fattispecie è prevista all’art.583-quinquies c.p., dopo il delitto di lesioni, e punisce con la reclusione da 8 a 14 anni la lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso. Alla condanna – cui è equiparato il patteggiamento della pena – consegue anche la pena accessoria della interdizione perpetua dagli uffici attinenti alla tutela, alla curatela ed all’amministrazione di sostegno. Tale pena accessoria è mutuata da quelle attualmente previste per le condanne per i delitti di violenza sessuale, di sfruttamento sessuale dei minori e di mutilazione degli organi genitali femminili.
L’articolo 12, comma 2 interviene sull’art.576 c.p. per prevedere l’ergastolo quando l’omicidio sia conseguente alla commissione del delitto di deformazione dell’aspetto mediante lesioni al viso. L’art.583-quinquies viene aggiunto al catalogo di reati che attualmente comprende i maltrattamenti in famiglia, alcuni delitti di sfruttamento sessuale dei minori e di violenza sessuale. Per coordinamento, viene soppressa l’aggravante che era inserita nell’art.583, così riconoscendosi alla deformazione dell’aspetto attraverso lesioni permanenti al viso un più grave disvalore rispetto alle altre lesioni gravissime.
Il delitto di deformazioni permanenti è aggravato quando commesso con il concorso delle aggravanti di cui all’art.576 c.p. (pena aumentata da un terzo alla metà), di quelle di cui all’art.577 c.p., ovvero quando commesso con armi o con sostanze corrosive, ovvero da persona travisata o da più persone riunite (pena aumentata fino a un terzo).
L’articolo 12, comma 5 modifica l’ordinamento penitenziario (art.4-bis della legge n.354 del 1975) per consentire l’applicazione dei benefici penitenziari per i condannati per il delitto di deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno (inserimento dell’art.583-quinquies c.p. nel catalogo dei delitti di cui al comma 1-quater). Inoltre, si prevede che quando il reato è commesso in danno di minore, ai fini della concessione dei benefici può essere valutata la positiva partecipazione al programma di riabilitazione psicologica specifica previsto dall’articolo 13-bis dell’ordinamento penitenziario. Il provvedimento, dunque, riconduce alla disciplina della concessione dei benefici penitenziari per i condannati per reati sessuali in danno di minori il nuovo delitto di cui all’art.583-quinquies commesso in danno di minori.
L’articolo 13 inasprisce le pene per i delitti di violenza sessuale (artt. da 609-bis a 609-octies). In particolare, il provvedimento modifica l’art.609-bis c.p. (violenza sessuale) per punire più severamente con la reclusione da 6 a 12 anni chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali (comma 1). Inoltre, intervenendo sull’art.609-ter c.p., che disciplina le circostanze aggravanti del delitto di violenza sessuale, il provvedimento (comma 2):
- sostituisce la pena della reclusione da 6 a 12 anni, prevista attualmente per specifiche ipotesi aggravate, con l’aumento della pena di un terzo. Ciò in conseguenza dell’aumento della pena base per il delitto operata all’art.609-bis c.p.;
- prevede che la violenza sessuale commessa dall’ascendente, dal genitore anche adottivo o dal tutore sia sempre aggravata (aumento di un terzo della pena), a prescindere dall’età della vittima (attualmente è aggravate solo la violenza commessa da questi soggetti in danno di minorenne);
- rimodula le aggravanti quando la violenza sessuale è commessa in danno di minore. Per la violenza sessuale in danno di minori fino a 10 anni la pena base (reclusione da 6 a 12 anni) è raddoppiata (diventa dunque possibile applicare la reclusione da 12 a 24 anni, a fronte di quella originaria da 7 a 14 anni); per la violenza nei confronti dei minori in età compresa tra 10 a 14 anni la pena base è aumentata della metà (diventa, dunque, reclusione da 9 a 18 anni, in luogo della reclusione da 6 a 12 anni); per la violenza nei confronti di minori in età compresa tra 14 e 18 anni la pena base è aumentata di un terzo (diviene, dunque, reclusione da 8 a 16 anni, a fronte della reclusione da 6 a 12 anni applicata per violenza aggravata solo se commessa da ascendenti, genitori o tutori).
Il co.3 dell’articolo 13 modifica il delitto di atti sessuali con minorenne (comma 3), di cui all’art.609-quater c.p., prevedendo un’aggravante quando gli atti sessuali siano commessi con minori di anni 14 in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, anche solo promessi. In questo caso la pena base – per la quale l’art.609-quater c.p. rinvia all’art.609-bis c.p. che, a seguito della riforma, prevede la reclusione da 6 a 12 anni – è aumentata fino a un terzo.
Sempre in relazione all’art.609-quater, la riforma interviene sulla scriminante del terzo comma, che esclude la punibilità quando gli atti sessuali sono compiuti tra minorenni a patto che non vi sia violenza, che essi abbiano almeno 13 anni e che la differenza tra i partner sia non superiore a 3 anni. Il provvedimento incide sulla differenza di età tra i minori, estendendo la non punibilità a tutti i casi in cui la differenza di età tra i minori non superi i 4 anni.
Con la modifica dell’art.609-septies c.p. (comma 4) il delitto di atti sessuali con minorenne (art.609-quater c.p.) viene escluso dal catalogo dei reati punibili a querela della persona offesa (modifica del primo comma). Tale delitto sarà dunque, sempre, procedibile d’ufficio. Per questa ragione viene abrogata, in quanto superflua, la previsione che consentiva di procedere d’ufficio in presenza di atti sessuali coinvolgano con un minore di età inferiore a 10 anni.
L’art.609-octies c.p., relativo alla violenza sessuale di gruppo (comma 5), reca un aumento di due anni nel minimo e nel massimo della pena edittale: la reclusione da 6 a 12 anni è sostituita la reclusione da 8 a 14 anni. Si applicano le circostanze aggravanti previste dall’articolo 609-ter c.p..
Le modifiche al codice antimafia
Il maltrattamento contro familiari e conviventi (art.572 c.p.) viene inserito tra i delitti che consentono, nei confronti degli indiziati, l’applicazione di misure di prevenzione. Viene a tal fine modificato l’art.4 del codice antimafia (d.lgs n.159 del 2011) che già prevede l’applicazione di queste misure agli indiziati per il delitto di atti persecutori.
Con questa modifica sarà applicabile all’indiziato del delitto di maltrattamenti la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, cui può essere aggiunto, se le circostanze del caso lo richiedano, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale o in una o più province. Quando le altre misure di prevenzione non siano ritenute idonee può essere imposto all’indiziato l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale. Infine, con il consenso dell’interessato, anche a questo indiziato potrà essere applicato il c.d. braccialetto elettronico, una volta che ne sia stata accertata la disponibilità.
Come per l’indagato per stalking, anche all’indagato per maltrattamenti potranno essere applicate le misure di prevenzione patrimoniali.
Altri contenuti della legge
L’articolo 4 prevede l’attivazione di specifici corsi di formazione per il personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia penitenziaria che esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di violenza domestica e di genere o che interviene nel trattamento penitenziario delle persone condannate per reati di violenza domestica e di genere.
I corsi dovranno essere attivati dagli istituti di formazione dei diversi corpi, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, e sulla base di contenuti omogenei che dovranno essere individuati con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, dell’interno, della giustizia e della difesa. Per il personale individuato dalle diverse amministrazioni, la frequenza dei corsi è obbligatoria.
Il necessario raccordo della PG con gli organi giudiziari
Soprattutto nella prima fase di attuazione della legge in esame sarà necessario definire efficaci linee di intervento sulla base di apposite direttive emanate dai locali organi giudiziari, in modo da assicurare, già a partire dal compimento dei primi atti d’indagine e/o dalla recezione della denuncia, la massima celerità nelle comunicazioni.
Anche in occasione del c.d. primo intervento da parte degli equipaggi deputati al controllo del territorio dovrà provvedersi all’esaustiva rappresentazione dello scenario riscontrato da parte degli operatori intervenuti.
Analogamente, nell’ottica di un’immediata protezione alle vittime dei reati in esame, i referenti territoriali per il c.d. “codice rosa” dovranno raccordarsi con i servizi sociali e con le associazioni di tutela delle vittime della violenza di genere operanti sul territorio, fermo restando che la polizia giudiziaria dovrà contattare il PM in tutti i casi in cui lo ritenga necessario od opportuno.
Gli uffici di polizia giudiziaria, in particolare, dovranno “attrezzarsi” al fine di prevedere la pronta evasione delle deleghe per l’audizione delle persone offese o denuncianti nelle ipotesi di reato in esame, o, comunque, di citarle tempestivamente su richiesta anche orale del PM.
La notizia di reato, ancorché tempestiva, dovrà essere corredata di tutti gli elementi del fatto disponibili, con l’indicazione degli eventuali interventi pregressi delle forze dell’ordine.
Parimenti, sarà opportuno acquisire nel racconto della persona offesa o che presenta la denuncia o querela o istanza, l’indicazione delle situazioni di fatto dalle quali possa desumersi la sussistenza di esigenze cautelari.
Nei casi in cui la notizia di reato scaturisca da un intervento urgente, le annotazioni di P.G. dovranno recare esaustiva illustrazione di tutte le circostanze constatate dagli operatori intervenuti, mentre in ragione di evidenti ragioni di tutela della persona offesa e di riservatezza delle indagini, pare opportuno che la polizia giudiziaria si astenga dal redigere verbale di identificazione dell’indagato.