Per somministrazione al pubblico di alimenti e bevande si intende una forma di commercio al dettaglio connotata dal consumo dei prodotti alimentari nei locali dell’esercizio (o in superfici aperte al pubblico a tal fine attrezzate annesse all’esercizio), anche quando effettuata con distributori automatici.

Quando viene effettuata la somministrazione di alimenti al pubblico, l’esercente deve rispettare una serie di norme sia dal punto di vista strutturale del locale che dal punto di vista organizzativo.

Molto spesso però il limite tra somministrazione e semplice vendita è sottile e gli organi competenti, soprattutto tecnici comunali e tecnici degli enti ispettivi devono conoscere bene la differenza che le norme prevedono.

Rifacendosi alla pura definizione si può dire, come precedentemente riportato, che l’attività di somministrazione di alimenti e bevande consiste nella vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano, con apposito servizio assistito, i prodotti nei locali dell’esercizio o in un’area aperta al pubblico, a tal fine attrezzati.

Cos’è – Per comprendere a pieno il funzionamento e le differenze bisogna analizzare la definizione. Innanzi tutto si sottolinea che per alimento si intende quanto previsto nella definizione presente all’art. 2 del REG CE 178/2002, ovvero: “Si intende per «alimento» (o «prodotto alimentare», o «derrata alimentare») qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani. Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l’acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento. […]

Non sono compresi: i mangimi; gli animali vivi, a meno che siano preparati per l’immissione sul mercato ai fini del consumo umano; i vegetali prima della raccolta; i medicinali; i cosmetici; il tabacco e i prodotti del tabacco; le sostanze stupefacenti o psicotrope; residui e contaminanti.

Per locali dell’esercizio si intende l’interno del locale di somministrazione e per superfici aperte al pubblico si intende l’area a disposizione dell’operatore, pubblica o privata, comunque pertinente al locale e destinata all’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande.

Per quanto riguarda le attrezzature annesse all’esercizio per la somministrazione, si intende: tutti i mezzi e gli strumenti finalizzati a consentire il consumo di alimenti e bevande sul posto; si tratta sia degli arredi dell’esercizio, quali tavoli, panche, sedie, lo stesso banco di somministrazione, ma anche delle stoviglie non monouso che costituiscono una parte dei beni componendi l’azienda di pubblico esercizio.

Diverso è per le stoviglie monouso, che non rientrano nel discorso somministrazione poichè non sono atte a tale scopo. Lo stesso vale per quegli arredi che non sono atti alla somministrazione sul posto ma ad altri scopi.

La superficie di somministrazione infine è l’area alla quale ha accesso il pubblico, occupata dalle attrezzature di somministrazione, con esclusione dell’area destinata ai magazzini o ai depositi, ai locali di lavorazione o agli uffici e ai servizi; il concetto è quindi analogo a quello di superficie di vendita del commercio al dettaglio.

Benchè la definizione normativa non lo dica espressamente, elemento costitutivo del concetto di somministrazione è il “servizio assistito”, cioè la presenza, all’interno dell’esercizio, di personale addetto al servizio al tavolo.

Commercio di alimenti e bevande – Proprio la mancanza del servizio assistito permette di distinguere la somministrazione vera e propria dal commercio al dettaglio di alimenti e bevande. Non rientra nella somministrazione neppure la vendita di prodotti propri da parte dell’artigiano alimentare (ad esempio, la pizza al taglio, la gelateria artigiana, la kebaberia, cioè tutte quelle attività in cui il prodotto alimentare viene acquistato in cassa senza usufruire di alcun tipo di servizio assistito).

Per far capire tale aspetto si potrebbe fare un esempio pratico, descrivendo un ipotetico chiosco sulla spiaggia senza tavolini ma circondato da una zona balneare con sdraio e lettini prendisole.

In questo caso se l’attività principale è il noleggio dei lettini a pagamento presso lo stabilimento balneare demaniale e oltre a questo si vendono prodotti alimentari ai passanti, senza possibilità di consumo sul posto e senza possibilità di usare i lettini liberamente (il passante, quindi, non può sedersi sui lettini, che sono riservati ad altri clienti lo stesso vale per chi acquista alimenti confezionati, non ha il diritto di usufruire dei lettini se non li paga separatamente) non si può parlare di somministrazione ma di semplice vendita al dettaglio.

Peraltro il lettino prendi sole non è da considerarsi uno strumento o attrezzo atto alla somministrazione a maggior ragione se non vi è un servizio al lettino ma una semplice vendita nello spazio dedicato e autorizzato al commercio al dettaglio.

Questo concetto è avvalorato da una Risoluzione n. 146342 del 19 agosto 2014.

Con e-mail del 4 luglio u.s. codesto Ispettorato ha inoltrato alla scrivente Direzione un quesito in materia di disciplina del consumo sul posto sollevato dall’interessato che legge per conoscenza. Il soggetto in parola, titolare di una piccola attività di commercio e artigianato per la vendita di pizze, frullati e bibite, riferisce di aver chiesto al comune l’autorizzazione ad installare un piccolo dehor dove posizionare qualche tavolino con sedie, al fine di far accomodare i clienti del locale, evitando comunque il servizio di somministrazione. Il diniego, da parte del comune, è stato repentino in quanto tale possibilità non è ammessa dalle attuali disposizioni comunali. Chiede, pertanto, di poter avere tale opportunità in quanto molti comuni della regione (…) sembrerebbero agevolare le attività commerciali ed artigianali. Al riguardo la scrivente, in via preliminare, in materia di consumo sul posto, rappresenta quanto segue. L’art. 3, comma 1, lettera f-bis) del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, ha introdotto il principio in base al quale negli esercizi di vicinato, nel solo caso in cui siano legittimati alla vendita dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare, il consumo sul posto di prodotti di gastronomia non può essere vietato o limitato se svolto alle condizioni espressamente previste dalla nuova disposizione, ovvero la presenza di arredi nei locali dell’azienda ed esclusione del servizio assistito di somministrazione.

L’articolo 4, comma 2-bis, dello stesso decreto consente il consumo sul posto anche ai titolari di impianti di panificazione con le stesse modalità applicative cui devono sottostare i titolari di esercizi di vicinato.

Tale fattispecie, pertanto, non può essere estesa alle attività artigianali, quali gelaterie, pizzeria al taglio, e così via, in quanto non prevista dalla disciplina normativa nazionale di riferimento.

Con riferimento alle modalità applicative di cui sopra, esse sono ampiamente definite al punto 8.1 della circolare esplicativa 3603/C del 28-9-2006: il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia da parte degli esercizi di vicinato, ovviamente solo nel caso in cui siano legittimati alla vendita dei prodotti alimentari “… non può essere vietato o limitato se svolto alle condizioni espressamente previste dalla nuova disposizione.

Le condizioni concernono la presenza di arredi nei locali dell’azienda e l’esclusione del servizio assistito di somministrazione.

Per quanto riguarda gli arredi (…) è di tutta evenienza che i medesimi devono essere correlati all’attività consentita, che nel caso di specie è la vendita per asporto dei prodotti alimentari e il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia.

In ogni caso, però, la norma che consente negli esercizi di vicinato il consumo sul posto non prevede una modalità analoga a quella consentita negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287”.

Detta legge, infatti, nel disciplinare l’attività di somministrazione, stabilisce all’articolo 1, comma 1 che “per somministrazione si intende la vendita per il consumo sul posto” che si esplicita in “ tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati”.

L’elemento di distinzione tra l’attività di somministrazione e l’attività di vendita è la presenza di una attrezzatura in grado di consentire che i prodotti oggetto della vendita, ossia gli alimenti e le bevande, possano essere consumati dagli acquirenti “nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico” a tal fine attrezzati.

Pertanto si può parlare di somministrazione di alimenti e bevande in senso proprio, soltanto nel caso in cui la vendita del prodotto avvenga in locali dotati di una attrezzatura idonea a consentire la consumazione sul posto.

Nei locali degli esercizi di vicinato, quindi, gli arredi richiamati dalla disposizione non possono coincidere con le attrezzature tradizionalmente utilizzate negli esercizi di somministrazione, quali ad esempio le apparecchiature per le bevande alla spina, tavoli e sedie così come macchine industriali per il caffè, né può essere ammesso, in quanto espressamente vietato dalla norma, il servizio assistito.

Per garantire le condizioni minime di fruizione è stato infatti ritenuto ammissibile solo l’utilizzo di piani di appoggio di dimensioni congrue all’ampiezza ed alla capacità ricettiva del locale nonché la fornitura di stoviglie e posate a perdere.

Appare utile richiamare il parere n. 75893 dell’8-5-2013, che si allega, con il quale è stata prevista la possibilità di consentire la presenza di un limitato numero di panchine o altre sedute non abbinabili ad eventuali piani di appoggio. Fermo quanto sopra, la scrivente Direzione evidenzia che, qualora l’attività svolta sia riconducibile ad esercizio di commercio al dettaglio presso un esercizio di vicinato o ad attività di panificazione, il consumo sul posto è possibile alle condizioni espressamente previste ampliamente illustrate; al contrario, nel caso di attività artigianali, come già esplicitato in premessa, tale fattispecie non è prevista dal citato dettato normativo e quindi non estensibile a tali attività.

Quindi con questa risoluzione la Direzione generale per il mercato, la concorrenza, i consumatri, la vigilanza e la normativa tecncia del Ministero dello Sviluppo Economico specifica nero su bianco che se in una attività non si effettua il servizio al cliente, se si utilizzano stoviglie (bicchieri, forchette) usa e getta e se ci sono dei semplici appoggi e ripiani di dimensioni congrue all’ampiezza ed alla capacità ricettiva del locale, NON si può parlare di somministrazione per un’ attività di vicinato.

Allo stato, pertanto, la disciplina in materia di consumo sul posto continua ad escludere la possibilità di contemporanea presenza di tavoli e sedie associati o associabili, fatta salva solo la necessità di un’interpretazione ragionevole di tale vincolo, che non consente di escludere, ad esempio, la presenza di un limitato numero di panchine o altre sedute non abbinabili ad eventuali piani di appoggio“.

E’ di ogni evidenza che le predette considerazioni non sono riferibili alle Regioni (es. Lombardia, Toscana) che, con propria normativa, hanno disciplinato il settore, stabilendo che anche gli artigiani alimentaristi possono effettuare somministrazione non assistita dei propri prodotti. Viceversa, nelle Regioni che non hanno legiferato in merito, solo gli esercizi di vicinato potranno effettuare somministrazione non assistita dei prodotti posti in vendita, mentre gli artigiani ne sono esclusi.

Quindi salvo indicazioni diverse della Regione, i locali commerciali (di vicinato) se non servono al tavolo, se utilizzano stoviglie usa e getta e se non hanno tavole imbandite ma solo punti di appoggio, non rientrano nella somministrazione.

Dott. Matteo Fadenti


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