Una delle non conformità che spesso si verifica nelle attività dove viene effettuata somministrazione al cliente “ultimo” è quella che nei menù non sono indicati gli alimenti surgelati all’origine.

Sui contenuti che per legge devono avere i menù ci siamo già occupati in un precedente articolo (Link all’articolo), in questo ci soffermiamo sugli alimenti surgelati.

Ma è davvero obbligatorio indicarli? Quali sono le modalità e le deroghe? Con il pesce crudo come ci si deve comportare?

Per rispondere a queste domande bisogna analizzare il contenuto di diverse norme europee e nazionali, in particolar modo il REG UE 1169/2011, il REG CE 853/2004 e il D.Lgs, 231/2017.

La normativa europea. Il REG UE 1169/2011 non disciplina solamente i contenuti delle etichette alimentari (di cui parleremo al capitolo 4), ma essendo la norma che regola le corrette modalità di informazione al consumatore va a dare delle indicazioni anche sulle informazioni relative ai prodotti non confezionati, serviti alle collettività.

Nello specifico è l’articolo 44 che regola le “disposizioni nazionali per gli alimenti non preimballati”
L’articolo sopra citato riporta che, ove gli alimenti siano offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività senza preimballaggio oppure siano imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta:

a) la fornitura delle indicazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c) (ovvero gli allergeni), è obbligatoria;
b) la fornitura di altre indicazioni di cui agli articoli 9 e 10 non è obbligatoria, a meno che gli Stati membri adottino disposizioni nazionali che richiedono la fornitura, parziale o totale, di tali indicazioni o loro elementi.

La disposizione prosegue con lo specificare che gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali concernenti i mezzi con i quali le indicazioni o loro elementi come specificato al paragrafo precedente devono essere resi disponibili e, eventualmente, la loro forma di espressione e presentazione.

La normativa nazionale – L’Italia ha attuato questa prescrizione con il D.Lgs. 231/2017.

Questo decreto non indica solo le sanzioni per il mancato rispetto del REG UE 1169/2011 ma va a indicare l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011 e della direttiva 2011/91/UE, ai sensi dell’articolo 5 della legge 12 agosto 2016, n. 170 «Legge di delegazione europea 2015».

Secondo molti addetti al settore è obbligatorio indicare sempre e a prescindere sul menù, le materie prime surgelate all’origine acquistate per poi essere preparate e servite al cliente.

Analizzando con attenzione la norma la questione è però più complessa.

Normalmente, ad oggi, tale indicazione spesso è data al consumatore attraverso l’applicazione di un asterisco riportato a fianco alla materia prima (es. branzino*) e, sempre nel menù, si riporta una frase che specifica il significato dell’asterisco (es. “* alimento surgelato” o “materia prima surgelata all’origine”).

La giurisprudenza – Dal punto di vista della giurisprudenza emerge quanto segue: La Cassazione Penale, con sentenza n. 44643 del 05.11.2013, si è espressa sulla problematica sopra enunciata confermando il concetto che “… la detenzione di alimenti congelati/surgelati nelle celle freezer o congelatori di un ristorante integra un tentativo di frode in commercio quando sul menù non è indicato lo stato fisico (congelato o surgelato) di quegli alimenti.”

Sempre la Cassazione Penale, con sentenza n. 899 del 13.01.2016, si è espressa sulla problematica ribadendo il concetto che “… la detenzione di alimenti congelati/surgelati all’interno di un locale di somministrazione, senza che nella lista delle vivande sia indicata tale caratteristica, integra il reato di tentativo di frode in commercio, trattandosi di condotta univocamente idonea a consegnare ai clienti un prodotto diverso, per qualità, da quello dichiarato.”

In pratica per ogni alimento che si trova nel freezer di un ristorante, sul menù deve comparire in modo chiaro che non si tratta di un alimento fresco bensì di un surgelato, pena “tentativo di frode in commercio” (art. 515 del Codice Penale).

Nel fare questo però si deve prestare attenzione a quanto previsto dal REG UE 1169/2011 e dal D.Lgs. 231/2017.

Il comma 9 dell’articolo 19 del D.Lgs 231/2017 riporta l’obbligo di indicare con il termine “decongelato”: “9. Con riferimento agli alimenti di cui al comma 8, trova applicazione, altresì, l’obbligo di cui al comma 2, lettera g), fatti salvi i casi di deroga previsti.”

Il comma 2 riporta: Fatte salve le ulteriori indicazioni obbligatorie prescritte per i prodotti non preimballati da norme nazionali e dell’Unione europea, sul cartello devono essere riportate almeno le seguenti indicazioni, che, nel caso di fornitura diretta alle collettivita’, possono essere riportate su un documento commerciale, anche in modalita’ telematica:
a) la denominazione dell’alimento;
b) l’elenco degli ingredienti salvo i casi di esenzione disposti dal regolamento. Nell’elenco ingredienti devono figurare le indicazioni delle sostanze o prodotti di cui all’Allegato II del regolamento, con le modalita’ e le esenzioni prescritte dall’articolo 21 del medesimo regolamento;
c) le modalita’ di conservazione per i prodotti alimentari rapidamente deperibili, ove necessario;
d) la data di scadenza per le paste fresche e le paste fresche con ripieno di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187;
e) il titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande con contenuto alcolico superiore a 1,2 per cento in volume;
f) la percentuale di glassatura, considerata tara, per i prodotti congelati glassati;
g) la designazione «decongelato» di cui all’Allegato VI, punto 2, del regolamento, fatti salvi i casi di deroga previsti.

Il comma 2 lettera g dello stesso articolo 19, riporta quindi la definizione di “decongelato” facendo riferimento all’Allegato VI, punto 2, del regolamento UE 1169/2011, fatti salvi i casi di deroga previsti.

Il punto 2 dell’allegato VI del regolamento, riporta: “Nel caso di alimenti che sono stati congelati prima della vendita e sono venduti decongelati, la denominazione dell’alimento è accompagnata dalla designazione «decongelato».

Tale obbligo non si applica:
a) agli ingredienti presenti nel prodotto finale;
b) agli alimenti per i quali il congelamento costituisce una fase tecnologicamente necessaria del processo di produzione;
c) agli alimenti sui quali lo scongelamento non produce effetti negativi in termini di sicurezza o qualità.”

Considerando le deroghe dei punti a), b) e c) in pratica nei menù non si vedrà quasi mai l’indicazione decongelato, vista la deroga agli ingredienti del prodotto finito (che sono quelli che normalmente vengono decongelati per preparare il piatto finale) e soprattutto essendo che il decongelamento che avviene nei ristoranti è a seguito di un abbattimento negativo dell’alimento, la qualità e la sicurezza dell’alimento sono garantite e non si producono effetti negativi.

L’unico caso in cui l’alimento andrà indicato come decongelato sarà quando nel freezer è presente un piatto pronto surgelato (es. lasagne surgelate, patatine fritte surgelate, zuppe surgelate, ecc). In alternativa si può appunto indicare che l’alimento è surgelato all’origine.

Per il prodotto ittico da servire crudo invece il discorso è diverso.

Infatti i prodotti della pesca da servire crudi, per legge, devono subire un abbattimento. Tale abbattimento, essendo che è previsto dalla norma, non deve essere riportato con l’asterisco nel menù, ma se l’osa lo ritiene opportuno, indicato in altro modo.

Le norme che impongono l’abbattimento del prodotto ittico e le temperature/tempi di riferimento sono:
– Regolamento (CE) 853/04 (Allegato III, Sezione VIII, Capitolo VII) il quale, per i prodotti della pesca che vanno consumati crudi o praticamente crudi, impone un trattamento ad una temperatura non superiore ai -20°C in ogni parte della massa per almeno 24 ore. Gli OSA per ottenere queste temperature devono possedere l’abbattitore termico (strumento in grado di abbassare rapidamente – 60/90 minuti, a seconda della pezzatura – la temperatura degli alimenti sino al cuore di questi) e adeguate celle freezer per lo stoccaggio (di almeno 24 ore) a -20°C;

– Regolamento (UE) 1276/2011, che va a modificare la parte della 853 in cui si tratta il tema dell’abbattimento del pesce crudo, indicando oltre al -20°C per 24 ore anche tempi più brevi a temperature più basse, ovvero: -35°C per almeno 15 ore (come indicato anche dalla FDA – Food and Drug Administration – Ente per il controllo di alimenti e farmaci negli USA);

Quindi, come detto, nel caso del pesce crudo è la norma che prevede l’abbattimento.

Infatti l’art. 68, punto 4, lettera a, del Regolamento (UE) 404/2011 prevede che il termine “scongelato” non deve figurare sui prodotti della pesca e dell’acquacoltura precedentemente congelati per ragioni di sicurezza sanitaria conformemente all’Allegato III, Sezione VIII, del Regolamento (CE) 853/2004.

Inoltre lo stesso articolo al comma successivo prevede la deroga anche sui prodotti della pesca e dell’acquacoltura che sono stati scongelati prima di essere sottoposti ad affumicatura, salatura, cottura, marinatura, essiccatura o ad una combinazione di questi processi.

Poiché il trattamento termico in questione è espressamente richiesto dalla legge e non si configura come atto teso a ingannare il consumatore, ma semplicemente a tutelarne la salute, è facoltà del ristoratore di scegliere se riportare o meno tale processo nel menù.

Non solo il buon senso ma anche la 853/2004 prima e la 1276/2011 poi, confermano che per il prodotto ittico servito al consumatore finale non vi sia l’obbligo di indicare il trattamento termico subito. Infatti la 853/2004 prevedeva: “I prodotti della pesca di cui al paragrafo 1 devono essere accompagnati, alla loro immissione sul mercato, da un’attestazione del produttore che indichi il trattamento al quale sono stati sottoposti, salvo qualora siano forniti al consumatore finale.”

Peraltro questa deroga all’indicazione al consumatore finale è ripresa anche dalla nota del Ministero della Salute DGSAN 0004379-P del 17.02.2011 del Ministero della Salute.

Il REG UE 1276/2011 che va appunto a modificare quella parte del REG CE 853/2004 riporta: “Al momento dell’immissione sul mercato, a meno che non siano forniti al consumatore finale, i prodotti della pesca di cui al punto 1 devono essere accompagnati da un’attestazione dell’operatore del settore alimentare che ha effettuato il trattamento di congelamento, indicante il tipo di congelamento al quale sono stati sottoposti.”

Ad ogni modo, se volontariamente un ristoratore volesse informare la clientela del processo effettuato, può riportare la seguente dicitura, riportata nella nota del Ministero della Salute Nota DGSAN 0004379-P del 17.02.2011 del Ministero della Salute: “Prodotto ittico conforme alle prescrizioni del Reg. (CE) 853/2004, Allegato III, Sezione VIII, Capitolo 3, lettera d, punto 3 e a s.m.i.”

Dott. Matteo Fadenti


Stampa articolo