E’ illegittimo il decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 12 aprile 2018 nella parte in cui fissa una soglia minima di compenso da corrispondere ai commissari di gara, per sconfinamento dal perimetro dei poteri attribuiti in questa materia al ministero dall’art. 77, comma 10, del codice dei contratti pubblici.
Tar Lazio, Roma, sez. I, sentenza 31 maggio 2019, n. 6926 – Presidente Correale, Estensore Marzano
A margine
Un Comune ricorre contro il MIT, il MEF e l’ANAC per l’annullamento del decreto del 12 febbraio 2018, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 aprile 2018, avente ad oggetto: “Determinazione della tariffa di iscrizione all’albo dei componenti delle commissioni giudicatrici e relativi compensi” con particolare riferimento alla fissazione di un compenso minimo come previsto nell’allegato A del decreto.
Il provvedimento, emanato ai sensi del comma 10 dell’art. 77 del d.lgs. 50/2016, ha previsto tre scaglioni di valore e il primo, quello minore, è stato così fissato:
- € 20.000.000,00 per gli appalti di lavori – concessioni di lavori;
- € 1.000.000,00 per appalti e concessioni di servizi – appalti di forniture;
- € 200.000,00 per appalti di servizi di ingegneria e di architettura.
Con riferimento a tutte le tre riportate tipologie di gara è stato previsto, per lo scaglione più basso, quale compenso minimo per ciascun commissario, l’importo di € 3.000,00 oltre rimborso spese.
L’ente locale riferisce di non disporre, nella propria pianta organica, di figure professionali in numero sufficiente a ricoprire tutti i ruoli di commissari nelle commissioni giudicatrici di gare pubbliche e osserva che nel suo caso, comune di piccole dimensioni in cui la maggior parte delle gare sono di importi di gran lunga inferiori allo scaglione minimo per tutte e tre le tipologie di appalti, il decreto in parola comporterà l’impossibilità di procedere a buona parte delle gare necessarie al perseguimento dei fini istituzionali, attesa l’esosità dei rimborsi minimi previsti per i commissari di gara.
Con ordinanza n. 4713 del 2 agosto 2018, il Tar Lazio sospende il DM impugnato limitatamente alla parte che fissa le tariffe minime dei commissari rinviando a successiva udienza la trattazione del merito del ricorso.
La sentenza – Il Tar ritiene il ricorso fondato e da accogliere.
In particolare, il Collegio ricorda che l’art. 77, comma 10, del d.lgs. 50/2016 prevede che “Con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite l’ANAC, è stabilita la tariffa di iscrizione all’albo e il compenso massimo per i commissari”.
Come già rilevato in sede cautelare, il decreto impugnato, travalicando i limiti normativamente imposti al suo oggetto, ha fissato anche il compenso minimo per fasce di valore degli appalti a partire da € 3.000,00, ma in mancanza di copertura legislativa.
Per il TAR, non è condivisibile la tesi dell’amministrazione di cui alla nota del 3 luglio 2018 del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo cui la fissazione di un compenso minimo è una “eventualità non proibita dalla norma primaria”.
Invero va considerato il principio secondo cui il legislatore ubi voluit dixit ed infatti, nella disposizione in rassegna, il legislatore parla espressamente di compenso “massimo”, senza lasciare margini interpretativi in ordine alla possibilità di stabilire anche un compenso “minimo” o un compenso tout court, sicché ogni opzione ermeneutica che si risolvesse nell’aggiunta di un diverso “limite” da fissare dev’essere rifiutata “in quanto finirebbe per far dire alla legge una cosa che la legge non dice (e che, si presume, secondo il suddetto canone interpretativo, non voleva dire)” (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II bis, 6 marzo 2019, n. 3023).
Inoltre deve aversi riguardo alla ratio sottesa alla disposizione in parola, che è quella del contenimento della spesa, reso possibile anche attraverso specifici meccanismi di trasparenza.
Invero, nella relazione illustrativa della disposizione è espressamente indicato che “le spese relative alla commissione sono inserite nel quadro economico dell’intervento tra le somme a disposizione della stazione appaltante. Lo stesso comma prevede l’emanazione di un decreto ministeriale (emanato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’ANAC) per la determinazione della tariffa di iscrizione all’albo e del compenso massimo per i commissari. I dipendenti pubblici sono gratuitamente iscritti all’Albo e ad essi non spetta alcun compenso, se appartenenti alla stazione appaltante”.
Dunque, dovendo le spese per il funzionamento della commissione costituire una voce del quadro economico dell’intervento, mentre si spiega la fissazione di un compenso “massimo”, va in direzione decisamente contraria la fissazione di un compenso “minimo”.
Né, ad attribuire legittimità all’impugnato decreto, può soccorrere la circostanza, rappresentata dall’amministrazione resistente, che la previsione di una misura minima dei compensi era stata condivisa con l’ANAC, secondo cui la fissazione di un limite minimo del compenso avrebbe consentito “di scongiurare il rischio di determinazione del compenso al ribasso, a detrimento della prestazione” (parere Anac del 2 novembre 2017), in quanto tale esigenza, seppure apprezzabile, non poteva essere soddisfatta con un decreto, non essendo tale possibilità contemplata in una norma primaria.
Peraltro, se la ratio della censurata opzione, consistita di fatto in uno sconfinamento dal perimetro dei poteri normativamente attribuiti al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, fosse da ravvisare nella volontà di dare decoro e dignità alla prestazione del commissario di gara, risulterebbe altresì irragionevole la soglia minima del compenso livellata uniformemente in € 3.000,00 pur a fronte di procedure di complessità e di valore significativamente diversi.
Per questi motivi, il TAR annulla il decreto impugnato nella parte in cui fissa il compenso lordo minimo per i componenti della commissione giudicatrice di cui all’art. 77 del d.lgs. 50/2016.