Una circolare interpretativa del Ministero dell’Interno illustra le novità introdotte dal d.lgs. n.104 del 2018 in materia di armi.
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.209 dell’8 settembre 2018 il decreto legislativo 10 agosto 2018 n.104, recante “Attuazione della direttiva Ue 2017/853 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che modifica la direttiva 91/477/Cee del Consiglio, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi”. D.lgs. 10 agosto 2018 n.104
Circolare Min. Int. 12 settembre 2018
All’esito del recepimento della direttiva n.853 del 2017, va preliminarmente osservato che l’acquisto e la detenzione di un’arma risulta per diversi aspetti più semplice: se da un lato per alcune armi vengono introdotti criteri restrittivi (pur salvaguardando in qualche modo le posizioni consolidate sotto il precedente regime autorizzatorio), dall’altro si registra un innalzamento del numero di armi detenibili e della capienza massima dei caricatori, con introduzione di procedure semplificate per la comunicazione con l’Autorità di P.S., prova semestrale di funzionamento per le armi detenute in collezione, ampliamento della platea dei soggetti abilitati al rilascio della certificazione medica, semplificazione della compravendita con contratti a distanza e valorizzazione della riabilitazione di cui all’art.179 c.p tra i requisiti morali richiesti per il rilascio delle autorizzazioni in materia di armi
A ciò deve aggiungersi che con la nuova catalogazione ‘europea’ diverse armi da guerra confluiscono, ora, tra quelle detenibili dai tiratori sportivi.
Tra le principali novità spicca anche una nuova regolamentazione del termine di validità del porto d’armi per la caccia e per l’uso sportivo, che passa da 6 a 5 anni.
La direttiva Ue 2017/853 del 17 maggio 2017, varata sulla scia dell’Agenda europea sulla sicurezza, adottata dalla Commissione Europea il 28 aprile 2015, ha introdotto una serie di rilevanti modifiche sulla regolamentazione nazionale in materia di controllo dell’acquisizione e della detenzione delle armi, con evidenti riflessi sulle procedure amministrative che tuttavia non riguardano la disciplina relativa all’acquisizione/detenzione di armi appartenenti alle Forze Armate o Forze di Polizia (o ad Enti governativi), nonché di materiali di armamento di cui alla legge n.185 del 1990.
Tra le nuove o rivisitate definizioni contenute nel d.lgs. n.104 del 2018 si segnalano quelle di:
- “parte d’arma”, la quale viene oggi a ricomprendere soltanto le componenti essenziali, di cui pure viene fornita una puntuale elencazione (si veda il nuovo art.1-bis, comma 1 lett.b del d.lgs. n.527 del 1992);
- “munizione”, nella quale rientrano le diverse componenti elencate dalla norma purché esse siano soggette ad autorizzazione (art.l-bis, comma 1, lett.d del d.lgs. n.527 del 1992);
- “intermediario”, che identifica le attività suscettibili di essere svolte da questa tipologia di operatore economico nelle seguenti operazioni: negoziazione o organizzazione di transazioni dirette all’acquisto, alla vendita o alla fornitura di armi da fuoco, loro parti o munizioni, nonché nell’organizzazione del trasferimento di armi da fuoco, loro parti o munizioni all’interno dello Stato o di altro Paese dell’Unione, nonché da e verso l’area “extra UE”. In merito, la circolare interpretativa del Ministero dell’Interno n.557/PA5/U/012670/10900(27)9 del 12 settembre 2018 precisa che, anche in base a tale nuova definizione, non ricadono sotto la nozione di “intermediario” l’armaiolo e i soggetti che esercitano la sola attività di trasporto (art.l-bis, comma 1, lett.f del d.lgs. n.527 del 1992);
- “armaiolo”, con una nozione più declinata delle attività che tale operatore economico può svolgere (art.1-bis, co.1, lett.g del d.lgs. n.527 del 1992);
- “arma camuffata”, che identifica le armi fabbricate o trasformate in modo da assumere le caratteristiche esteriori di un altro oggetto (art.1-bis, co.1, lett.c del d.lgs. n.527 del 1992). Tali armi sono assoggettate, ai fini penali, al regime delle armi tipo guerra, con la conseguenza che di esse sono vietate, in maniera assoluta, il porto e la detenzione (art.1, secondo comma, “nuovo” secondo periodo della legge n.110 del 1975).
Viene altresì precisato, relativamente agli strumenti ad aria compressa o gas compresso a canna liscia e a funzionamento non automatico, destinati al lancio di capsule sferiche marcatrici di grosso diametro (c.d. paintball: art.2, terzo comma, secondo periodo della legge n.110 del 1975), che dette capsule devono essere prive di sostanze o miscele classificate come pericolose dall’art.3 del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 n.1272/2008/CE.
La definizione di “paintball” contenuta negli atti dell’Unione europea è quella di una pallina (cosiddetta «paintball») costituita da un involucro rigido di gelatina contenente una vernice a base d’acqua. L’articolo è destinato ad essere utilizzato come proiettile per un fucile da paintball (fucile ad aria compressa con velocità di tiro di 91 metri al secondo) durante il gioco di squadra del «paintball».
La “nuova classificazione europea” delle armi – Il d.lgs. n.104 del 2018 fa rinvio, in diverse parti (si vedano in particolare gli artt.6 co.1 lett.a e 12, commi 4, 5, 6, 7 e 8), alle categorie delle armi da fuoco contemplate dall’allegato I alla Direttiva 91/477/CEE (per come innovata dalla Direttiva n.853 del 2017) che, quindi, sotto vari profili assume rilievo anche ai fini della disciplina del diritto interno (Direttiva 91-477-CEE)
Gli interventi di maggior impatto sistemico riguardano la soppressione della Categoria D e la riformulazione delle categorie A e B, in particolare alcune tipologie di armi della categoria A (“Armi da fuoco proibite”), qui di seguito specificate con le relative definizioni:
A-1) Dispositivi di lancio ed ordigni per uso militare ad effetto esplosivo
A-2) Armi da fuoco automatiche
A-3) Armi da fuoco camuffate sotto forma di altro oggetto (ossia fabbricate o trasformate in modo da assumere le caratteristiche esteriori di un altro oggetto)
A-4) Munizioni a pallottole perforanti, esplosive o incendiarie, nonché i proiettili per dette munizioni
A-5) Munizioni per pistole e rivoltelle dotate di proiettili ad espansione nonché tali proiettili, salvo quelle destinate alle armi da caccia o di tiro al bersaglio per le persone abilitate ad usare tali armi.
A-6): armi da fuoco automatiche che sono state trasformate in armi semiautomatiche;
A-7): armi da fuoco corte che consentono di sparare più di 21 colpi senza ricaricare o le armi da fuoco lunghe che consentono di sparare più di 11 colpi senza ricaricare;
A-8): armi da fuoco semiautomatiche, originariamente destinate a essere imbracciate, che possono essere ridotte a una lunghezza inferiore a 60 cm, senza perdere funzionalità, tramite un calcio pieghevole o telescopico ovvero un calcio che può essere rimosso senza l’ausilio di attrezzi;
A-9): qualsiasi arma da fuoco che sia stata trasformata in arma per sparare colpi a salve, sostanza irritante, altra sostanza attiva oppure munizioni pirotecniche o trasformata in arma da saluto o da segnalazione acustica.
Categoria B- Armi da fuoco soggette ad autorizzazione –
B1 Armi da fuoco corte a ripetizione.
B2 Armi da fuoco corte a colpo singolo, a percussione centrale.
B3 Armi da fuoco corte, a colpo singolo, a percussione anulare, di lunghezza totale inferiore a 28 cm.
B4 Armi da fuoco lunghe semiautomatiche i cui caricatore e camera che possono insieme contenere più di tre colpi nel caso delle armi da fuoco a percussione anulare e più di tre ma meno di dodici colpi nel caso delle armi da fuoco a percussione centrale.
B5 Armi da fuoco corte semiautomatiche (con serbatoio e camera contenenti al massimo tre cartucce, il cui caricatore non è fissato e per le quali non si garantisce che non possano essere trasformate, mediante strumenti manuali, in armi con serbatoio e camera idonei a contenere più di tre cartucce) diverse da quelle di cui alla categoria A, punto 7, lettera a).
B6 Armi da fuoco lunghe semiautomatiche di cui alla categoria A, punto 7, lettera b) con caricatore e camera contenenti insieme al massimo tre colpi, il cui caricatore non è fissato o per le quali non si garantisce che non possano essere trasformate, con attrezzi comuni, in armi con caricatore e camera che possono contenere insieme più di tre colpi.
B7 Armi da fuoco lunghe a ripetizione e semiautomatiche a canna liscia, la cui canna non supera i 60 cm.
B8 Qualsiasi arma da fuoco classificata in questa categoria, che sia stata trasformata in arma per sparare colpi a salve, sostanza irritante, altra sostanza attiva oppure munizioni pirotecniche o trasformata in arma da saluto o acustica.
B9 Armi da fuoco per uso civile semiautomatiche somiglianti alle armi da fuoco automatiche diverse da quelle di cui alla categoria A, punti 6, 7 o 8.
Le armi di categoria B9, ex B7 non possono essere usate per scopi venatori.
Categoria C – Armi da fuoco soggette a dichiarazione
C1 Armi da fuoco lunghe a ripetizione diverse da quelle di cui alla categoria B, punto 7.
C2 Armi da fuoco lunghe a colpo singolo dotate di canna rigata.
C3 Armi da fuoco lunghe semiautomatiche diverse da quelle di cui alle categorie A o B.
C4 Armi da fuoco corte, a colpo singolo, a percussione anulare, di lunghezza totale superiore o uguale a 28 cm.
C5 Qualsiasi arma da fuoco classificata in questa categoria, che sia stata trasformata in arma a per sparare colpi a salve, sostanza irritante, altra sostanza attiva oppure munizioni pirotecniche o trasformata in arma da saluto o acustica.
C6 Armi da fuoco rientranti nelle categorie A, B o nella presente categoria che sono state disattivate conformemente al regolamento di esecuzione (UE) 2015/2403.
C7 Armi da fuoco lunghe a colpo singolo a canna liscia immesse sul mercato il o successivamente al 14 settembre 2018.
La categoria D è abrogata.
Per effetto di questa revisione, alcune tipologie di anni, precedentemente ricomprese nelle diverse tipologie della categoria B), vengono attratte nelle nuove categorie A 6), A 7) e A 8), nonché sottoposte ad un regime più restrittivo.
In particolare, l’art.12, co.5 del d.lgs. n.104 del 2018, stabilisce che le armi delle tipologie A-6) e A-7) dichiarate sportive e quindi riservate ai tiratori sportivi e non utilizzabili per cacciare, nonché i caricatori (anche non relativi alle armi detenute) in grado di contenere un numero di colpi eccedenti i limiti stabiliti dall’art.2 della legge n.110 del 1975 (10/20 colpi), possono essere acquistate e detenute nel numero massimo di 12 dai tiratori sportivi iscritti alle Federazioni riconosciute dal CONI, ovvero alle Federazioni di altri Paesi dell’Unione, agli iscritti alle Sezioni del Tiro a Segno Nazionale, nonché agli appartenenti alle associazioni dilettantistiche di tiro a segno affiliate al CONI. Resta ferma, per le tipologie di armi in parola, la competenza del CONI ad individuare i requisiti e le modalità che consentono di attestare la qualità di “tiratore sportivo”. Chi già le detiene può continuare a detenerle anche se non iscritto ad una associazione sportiva. La regola si applica anche ai serbatoi
Non è invece, consentito il porto e la detenzione delle armi della tipologia A-8), essendo esse state inserite nelle categorie delle armi vietate di cui all’allegato I della direttiva n.91/477/CEE.
Il d.lgs. n.104 del 2018 contiene, tuttavia, un regime transitorio che punta a salvaguardare le posizioni giuridiche dei soggetti che hanno legittimamente acquistato le armi sotto il precedente regime.
Il sistema apprestato è modulato a seconda che le armi siano state detenute prima del 13 giugno 2017, momento di entrata in vigore della direttiva 853 del 2017, ovvero che siano state detenute dopo tale data, ma prima del 14 settembre 2018.
Più in dettaglio, viene previsto che a coloro che, alla data del 13 giugno 2017, detenevano legalmente le armi delle categorie A-6) e A-7) e i caricatori con capienza superiore a quella prevista dal novellato art. 2 della legge n. 110/1975, continuano ad applicarsi le norme in vigore precedentemente al 14 settembre 2018. Tali soggetti, pertanto, ancorché non tiratori sportivi, potranno continuare a detenere e portare le armi in questione secondo il previgente regime.
Un analogo regime transitorio è previsto anche per coloro che, sempre alla data del 13 giugno 2017, detenevano legalmente armi della tipologia A-8) e che pertanto continuano a detenerle senza mutamenti di disciplina (art.12 co.6).
Tale regime è, peraltro, completato dalla previsione secondo cui le armi in questione possono essere trasferite soltanto per successione mortis causa o per versamento ai competenti Organi del Ministero della Difesa, ovvero per cessione a uno dei seguenti soggetti:
- enti pubblici individuati dall’art.10, co.5 della legge n.110 del 1975;
- soggetti muniti della licenza per la fabbricazione di armi;
- enti o persone residenti all’estero, nel rispetto delle vigenti normative per l’esportazione delle armi.
Queste armi restano inquadrate come armi comuni da sparo ai fini delle sanzioni penali (art.12 comma 8)
I soggetti presenti nello Stato cui pervengono le predette armi sono tenuti a farne denuncia all’Autorità o Ufficio di pubblica sicurezza ai sensi dell’art.38 TULPS, richiedendo l’apposita licenza per collezione al Questore (art.12 co.6 d.lgs. n.104 del 2018).
Diverso è il regime apprestato relativamente alle armi delle categorie A-6), A-7) e A-8) acquistate legalmente nell’intervallo temporale tra il 13 giugno 2017 e il 13 settembre 2018: l’art.12 co.9 del d.lgs. n.104 del 2018 stabilisce che i detentori delle armi delle categorie A-6) e A-7) (diversi dai tiratori sportivi come sopra definiti) e i detentori delle armi della tipologia A-8) sono tenuti ad uniformarsi al nuovo regime stabilito dal medesimo decreto legislativo entro il 31 dicembre 2018 richiedendo la speciale licenza di collezione di cui all’art.12 co7 del d.lgs. n.104 del 2018. Analogamente chi non è tiratore sportivo e intende acquistare e detenere armi delle cat.A6 – A7 – A8 deve munirsi di licenza di collezione speciale.
Nuove norme in materia di collezioni – Il d.lgs. n.104 del 2018 reca altresì interventi che modificano, per alcuni aspetti, la disciplina delle collezioni di armi, in primo luogo (art.12 co.7) introducendo una nuova fattispecie di collezione, destinata ad aggiungersi a quelle già regolate dall’art.10 della legge n.110 del 1975. La norma prevede che il privato possa essere autorizzato dal Questore a detenere in collezione armi delle categorie A-6), A-7) e A-8) di cui all’allegato I della Direttiva n. 91/477/CEE.
Il rilascio di tale licenza può avvenire in singoli casi, eccezionali e debitamente motivati, previa, comunque, comunicazione al Questore delle misure adottate per evitare rischi per la pubblica sicurezza o per l’ordine pubblico e per garantire un’adeguata custodia di queste particolari tipologie di armi.
Lo stesso art.12 co.7 individua un’ipotesi di caso eccezionale, debitamente motivato, in cui la licenza, ricorrendo gli altri presupposti, deve essere rilasciata: è il caso in cui il soggetto abbia ricevuto le armi in questione per successione mortis causa.
A tale fattispecie se ne può aggiungere, in via interpretativa, un’altra. Ci si riferisce al caso dei privati che detengano legalmente le armi delle predette categorie, avendole acquistate nel periodo che intercorre dal 13 giugno 2017 al 14 settembre 2018.
In tali ipotesi, le esigenze di tutela dei legittimi affidamenti e di evitare forme di espropriazione “occulta”, consentono di ritenere integrati i presupposti indicati dalla norma per la concessione del titolo di polizia in parola, ove ricorrano, naturalmente, gli altri requisiti.
Un’altra importante novità riguarda la disciplina delle modalità di utilizzo delle armi detenute in collezione.
L’art.5 co.1 lett.c) n.2 del d.lgs. n.104 del 2018 introduce nell’art.10 della legge n. 110 del 1975 un nuovo comma, il quale costituisce una norma a fattor comune per tutte le tipologie di collezione, ivi comprese quelle di nuovo conio riguardante le armi delle cennate categorie A-6), A- 7) e A-8).
Per effetto di questa novella, viene adesso consentito ai privati in possesso della capacità tecnica di cui all’art.8 della legge n.110 del 1975, di trasportare presso poligoni e campi di tiro autorizzati le armi detenute in collezione per effettuare prove del loro regolare funzionamento.
La disposizione deve essere letta in combinato disposto con quanto previsto dall’art.34 co.2 TULPS che impone l’obbligo di avviso di trasporto “al privato che per qualunque motivo deve trasportare armi nell’interno dello Stato.”
L’avviso di trasporto con specifico riferimento alle armi detenute in collezione assolve ad una duplice funzione. Da un lato, infatti, esso consente il consueto controllo sulla movimentazione delle armi sul territorio nazionale e dall’altro permette all’Autorità di pubblica sicurezza di vigilare sul rispetto delle prescrizioni relative alla prova di funzionamento e all’intervallo tra un “test” e l’altro delle armi detenute in collezione rispetto alle quali resta fermo il divieto di detenzione del relativo munizionamento salvo che per effettuare la citata prova di funzionamento.
Da quanto sopra detto discende che in relazione alle armi detenute in collezione l’obbligo di avviso di trasporto graverà anche sul soggetto titolare di licenza di porto di armi.
Per quel che concerne gli aspetti procedurali, la disposizione stabilisce che la “prova di funzionamento” può essere effettuata con una cadenza non inferiore a sei mesi per ciascuna arma e che essa consiste nello sparo di un massimo di 62 colpi.
Tali modalità coincidono con gli standard ordinari con i quali la Polizia di Stato effettua le prove tecniche di funzionamento sulle armi in propria dotazione. Per l’effettuazione della prova i collezionisti sono autorizzati ad acquistare le relative munizioni, con l’obbligo, tuttavia, di consumarle entro ventiquattro ore dall’acquisto.
Invarianza del regime delle repliche di armi antiche – Nulla, invece, è innovato relativamente al regime delle repliche di armi ad avancarica di modelli anteriori al 1890 a colpo singolo. A seguito di uno specifico quesito formulato da questo Dipartimento, i competenti Organi della Commissione Europea hanno, infatti, precisato che l’ambito di applicazione della direttiva n.853 del 2017 non si estende anche a questa tipologia di armi. Resta, pertanto, fermo il dettato dell’art.2, comma 1, lett. h) della legge n.110 del 1975 che esclude le repliche di armi antiche dal novero delle armi comuni da sparo e, quindi, dalla relativa disciplina.
Armi che erogano energia cinetica non superiore a 7,5 joule
Nell’ambito delle misure di semplificazione, l’art.9 del d.lgs. n.104 del 2018, modificando l’art. 11 della legge 21 dicembre 1999, n.526, interviene sul procedimento della “verifica di conformità” concernente le armi ad aria compressa o a gas compressi.
Come è noto, tali armi sono escluse dalla nozione di armi comuni da sparo, allorquando esse erogano un’energia cinetica non superiore a 7,5 joule, venendo sottoposte, in tal caso, alla specifica disciplina recata dal D.M. 9 agosto 2001 n.362.
La novella introdotta trasferisce la competenza a rilasciare il provvedimento (rilascio della verifica di conformità) che attesta la potenza inferiore a 7,5 joule al Banco Nazionale di Prova di Gardone Val Trompia.
Numero delle armi detenibili – Sempre in materia di detenzione delle armi, va evidenziato che l’art.5 co.1, lett.c) n.1 del d.lgs. n.104 del 2018 ha elevato da sei a dodici il numero massimo delle armi detenibili per uso sportivo.
La nuova disciplina dei segni distintivi da apporre sulle armi da sparo – In attuazione delle nuove norme contenute nella direttiva n.853 del 2017, il d.lgs. n.104 del 2018 reca importanti novità anche con riguardo alla disciplina dei segni distintivi che devono essere apposti sulle armi da sparo, intervenendo sull’art.11 della legge n.110 del 1975 e indicando l’apposizione dei predetti con il termine “marcatura unica” in luogo di quello di “immatricolazione” utilizzato in precedenza.
Si riporta il testo aggiornato dell’art.11 della legge n.110 del 1975: “Art.11 (Marcatura delle armi comuni da sparo)- Sulle armi prodotte, assemblate o introdotte nello Stato, deve essere impressa, senza ritardo, a cura del fabbricante, dell’assemblatore o dell’importatore una marcatura unica, chiara e permanente, dopo la fabbricazione, l’assemblaggio, o l’importazione. Tale marcatura, contenente il nome, la sigla o il marchio del fabbricante o dell’assemblatore, il Paese o il luogo di fabbricazione o assemblaggio, il numero di serie e l’anno di fabbricazione o assemblaggio, qualora lo stesso non faccia parte del numero di serie e, ove possibile, il modello, deve essere impressa sul telaio o sul fusto o su un’altra parte dell’arma, di cui all’articolo 1-bis, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 527. Può, altresì, essere apposto il marchio del produttore. Nel caso in cui una parte dell’arma sia di dimensioni troppo ridotte per essere provvista della marcatura in conformità del presente articolo, essa è contrassegnata almeno da un numero di serie o da un codice alfanumerico o digitale.
Un numero progressivo deve, altresì, essere impresso sulle canne intercambiabili di armi. Il calibro deve essere riportato almeno sulla canna. Ogni marcatura deve essere apposta su una parte visibile dell’arma o facilmente ispezionabile senza attrezzi.
A cura del Banco nazionale di prova deve essere apposta la sigla della Repubblica Italiana e l’indicazione dell’anno in cui è avvenuta l’introduzione dell’arma nel territorio nazionale, salvo che l’indicazione dello Stato membro dell’Unione europea importatore e l’anno di importazione siano già stati apposti dal medesimo Stato membro dell’Unione europea. Nei trasferimenti di armi da fuoco o delle loro parti dalle scorte governative ad usi permanentemente civili, le armi sono provviste della marcatura unica, ai sensi del presente comma, che consente di identificare l’ente che effettua il trasferimento.
Oltre ai compiti previsti dall’art. 1 della legge 23 febbraio 1960, n. 186, il Banco Nazionale di prova di Gardone Valtrompia, direttamente o a mezzo delle sue sezioni, accerta che le armi o le canne presentate rechino le indicazioni prescritte nel primo comma e imprime uno speciale contrassegno con l’emblema della Repubblica italiana e la sigla di identificazione del Banco o della sezione. L’operazione deve essere annotata con l’attribuzione di un numero progressivo in apposito registro da tenersi a cura del Banco o della sezione. I dati contenuti nel registro sono comunicati, anche in forma telematica, al Ministero dell’interno.
Le armi comuni da sparo prodotte all’estero recanti i punzoni di prova di uno dei banchi riconosciuti per legge in Italia non sono assoggettate alla presentazione al Banco di prova di Gardone Val Trompia quando rechino i contrassegni di cui al primo comma. Qualora l’autorità di pubblica sicurezza, nell’ambito dell’attività di controllo, abbia motivo di ritenere che le armi di cui al presente comma, introdotte nel territorio dello Stato non siano corrispondenti al prototipo o all’esemplare iscritto al catalogo nazionale, dispone che il detentore inoltri l’arma stessa al Banco nazionale di prova, che provvede alle verifiche di conformità secondo le modalità di cui all’articolo 14.
Qualora manchino sulle armi prodotte all’estero i segni distintivi di cui al comma precedente, l’importatore deve curare i necessari adempimenti.
In caso di mancanza anche di uno degli elementi indicati nel primo comma il Banco o la sezione provvede ad apporli, in base a motivata richiesta degli aventi diritto, vistata dall’ufficio locale di pubblica sicurezza o in mancanza dal comando dei carabinieri. A tal fine, in luogo del numero di matricola è impresso il numero progressivo di iscrizione dell’operazione nel registro di cui al secondo comma.
Le disposizioni di cui al quinto comma si applicano altresì alle armi comuni da sparo ed alle canne intercambiabili importate dall’estero. Si osservano a tal fine le modalità di cui al successivo art. 13.
Le norme del presente articolo relative all’apposizione sulle armi del numero d’ iscrizione nel catalogo nazionale, si applicano a decorrere dalla data indicata nel decreto ministeriale di cui al precedente art. 7, settimo comma n. 1).
Entro il termine di un anno dalla data indicata nel decreto di cui al precedente comma debbono essere presentate al Banco nazionale di prova o alle sue sezioni, ove mancanti del numero di matricola, per l’apposizione di questo ultimo a norma del quinto comma.
Le armi comuni da sparo prodotte nello Stato o importate prima dell’entrata in vigore della presente legge, con esclusione di quelle prodotte o importate anteriormente al 1920;
Fermo restando quanto previsto dall’articolo 32, nono e decimo comma, è consentita la rottamazione delle armi, loro parti e relative munizioni, nonché la sostituzione della parte di arma su cui è stata apposta la marcatura qualora divenga inservibile, per rottura o usura, previo versamento per la rottamazione della stessa, a cura dell’interessato, al Comando o Reparto delle Forze Armate competente per la rottamazione delle armi o altro ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero della Difesa, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri della difesa e dei beni e delle attività culturali e del turismo. Con il medesimo decreto sono, altresì, individuate le tariffe per la rottamazione delle armi o parti di esse e per lo smaltimento delle relative munizioni. Le somme a tal fine corrisposte sono versate dai soggetti interessati in un apposito fondo istituito presso il Ministero della difesa. Resta ferma la facoltà del detentore di sostituire la parte di arma inservibile, per rottura o usura, oggetto della rottamazione con una corrispondente parte nuova recante la prescritta marcatura.
Le armi portatili da fuoco di cui al precedente articolo 1 appartenenti a privati di cui è consentita la detenzione.
Per il compimento delle operazioni previste dal presente articolo, al Banco nazionale di prova, oltre al diritto fisso, da determinarsi secondo le modalità previste dall’articolo 3 della citata legge 23 febbraio 1960, n. 186, è concesso una tantum un contributo straordinario di euro 139.443,36 (270 milioni di lire) a carico dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato.
All’onere di euro 139.443,36 (270 milioni) si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1980, all’uopo utilizzando parte dell’accantonamento predisposto per il rinnovo della convenzione di Lomé.
Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio”.
La marcatura deve essere apposta sulle armi ovvero sulle parti d’arma (da individuarsi secondo la nuova “definizione”, recata dall’art.1-bis, comma 1, del d.lgs. n.527 del 1992). In particolare, per quanto concerne le armi, la marcatura deve essere impressa sul fusto o sul telaio o su altra parte dell’arma stessa; viene meno, quindi, la previsione che faceva obbligo di apporre i segni in questione su “un’area delimitata”.
Ne consegue che la marcatura potrà essere apposta liberamente sul fusto, sulla carcassa o su altra parte dell’arma a condizione che sia visibile e facilmente ispezionarle senza attrezzi. Peraltro, viene consentito di apporre sull’arma anche altri segni distintivi o identificativi apposti anche per esigenze commerciali.
La disciplina della marcatura sarà integrata dagli atti di esecuzione della Commissione Europea, che definiranno anche le modalità tecniche di apposizione della marcatura, risolvendo, in via definitiva, la questione se la marcatura debba essere apposta – oltre che sulle parti di arma vendute separatamente da essa – anche su quelle assemblate sull’arma ab origine.
Anche sulle armi importate devono essere impresse le indicazioni relative all’anno di produzione o fabbricazione e al nome del fabbricante.
Norme in materia di munizioni – Il d.lgs. n.104 del 2018 adegua la disciplina degli imballaggi elementari delle munizioni commerciali per uso civile, racchiusa nella legge 6 dicembre 1993, n.509. Sull’unità di imballaggio elementare devono essere indicati, oltre al numero di identificazione del lotto e la quantità di cartucce, anche il calibro e il tipo di munizione.
E’ rimessa ad un regolamento la disciplina della facoltà dell’Autorità di P.S. di limitare il numero delle munizioni acquistabili.
La novella stabilisce altresì che i limiti imposti dall’Autorità di P.S. devono avere una durata annuale e sono rinnovabili.
Disposizione sulla capienza massima dei caricatori – Il d.lgs. n.104 del 2018 rivede anche la disciplina dei caricatori, fissandone il limite massimo di capienza sui parametri più elevati consentiti dalla direttiva europea n.853 del 2017. In tal senso viene novellato l’art.2 co.2 della legge n.110 del 1975, consentendosi la produzione, fabbricazione, vendita e importazione dei caricatori con una capienza massima, per le armi lunghe, di dieci colpi e, per le armi corte, di venti colpi.
Di conseguenza, è stato anche modificato l’art.38, primo comma, TULPS che prevede l’obbligo di denuncia dei caricatori in grado di contenere un numero di colpi superiore ai “tetti” sopra evidenziati.
Alla luce di tali previsioni, va oggi interpretato l’art.6 co.3, del d.lgs. 29 settembre 2013, n.121 che prevede, in caso di cessione a terzi, l’obbligo di preventiva conformazione ai limiti massimi di capienza dei caricatori che, prima dell’entrata in vigore del predetto decreto legislativo, erano in grado di contenere un numero maggiore di colpi rispetto ai limiti massimi consentiti dalla legge.
I caricatori devono essere conformati ai nuovi limiti di dieci e venti colpi sopra indicati (e non a quelli di cinque e quindici colpi, contemplati dalle norme a suo tempo introdotte dal medesimo d.lgs. n.121 del 2013): conseguentemente, nessun intervento di conformazione sarà necessario per i caricatori con capienza che, pur essendo superiore ai cinque e quindici colpi, si mantengono entro i nuovi limiti dei dieci e venti colpi.
Semplificazione delle modalità di assolvimento dell’obbligo di denuncia di detenzione d’arma. Alcuni interventi di semplificazione riguardano anche le modalità di assolvimento della denuncia di detenzione delle armi. In particolare, attraverso una modifica dell’art.38 TULPS viene estesa la modalità di invio della denuncia per via telematica, con lo strumento della posta elettronica certificata – in origine previsto solo per la Questura – anche agli uffici locali di pubblica sicurezza e, qualora manchino, al locale comando dell’Arma dei Carabinieri.
Si tratta di una misura che in certo qual modo prosegue sul percorso della valorizzazione dell’uso dello strumento digitale nei rapporti con la P.A., a condizione che l’utente si avvalga della PEC: in tale ottica, si pensi – a mero titolo esemplificativo alla recente disciplina delle procedure per la notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni del codice della strada tramite posta elettronica (d.m. Interno 18 dicembre 2017)
Misure di semplificazione degli oneri amministrativi a carico degli operatori economici – Su un altro versante, il d.lgs. n.104 del 2018 prevede alcune semplificazioni degli oneri amministrativi a carico degli operatori economici del settore. Più nello specifico, l’art.3, comma 1, lett.a, del citato decreto introduce alcune previsioni nell’art.31 TULPS che consentono ai fabbricanti di armi diverse da quelle da guerra e tipo-guerra di rottamare, all’interno dei siti di fabbricazione indicati in licenza, le parti d’arma prodotte dai medesimi fabbricanti, non ancora immesse sul mercato, anche se provviste della prescritta marcatura o degli altri segni distintivi.
Le esigenze di controllo sono assicurate dall’obbligo che grava sui medesimi fabbricanti di annotare nel registro di cui all’art.35 TULPS l’avvenuta esecuzione dell’operazione di rottamazione.
Su un altro versante, l’art.3 co.1 lett.c) del d.lgs. n.104 del 2018 prevede modalità semplificate di assolvimento dell’obbligo dell’avviso di trasporto. Con l’introduzione, nell’art.34 TULPS, di un terzo comma aggiuntivo, viene previsto che i soggetti titolari della licenza di cui al precedente art.31 assolvono all’obbligo dell’avviso di trasporto mediante comunicazione al Questore, effettuata, almeno quarantotto ore prima del trasporto, anche per via telematica. In tal caso, la comunicazione deve essere inviata all’indirizzo di posta elettronica certificata della Questura e non è più richiesto il visto dell’avviso di trasporto.
Inoltre, è stabilito che la comunicazione deve accompagnare le armi e le parti di arma trasportate durante il trasferimento.
Regime amministrativo degli intermediari
L’art.3, comma 1, lett.b del d.lgs. n.104 del 2018, integrando l’art.31-bis TULPS, assoggetta anche gli intermediari, che abbiano la materiale disponibilità delle armi e delle munizioni, all’obbligo della tenuta dei registri, previsti dagli artt.35 e 55 del medesimo Testo Unico, sui quali andranno annotate le operazioni eseguite.
Requisiti morali richiesti per il rilascio delle autorizzazioni in materia di armi – Il d.lgs. n.104 del 2018, con l’art.3 co.1 lett.e), interviene anche sulla disciplina dei requisiti soggettivi richiesti per il rilascio dei permessi di porto d’arma e delle altre autorizzazioni in materia. Viene, infatti, modificato l’art.43 TULPS stabilendo che le condanne per i reati elencati al primo comma sono ostative al conseguimento dei titoli di polizia in parola, salvo che non sia intervenuta la sentenza di riabilitazione di cui all’art.178 c.p..
Al fine di consentire la corretta applicazione di questa previsione, potranno essere valorizzati i criteri applicativi formulati in alcune sentenze del Consiglio di Stato, ove ad esempio si evidenzia come la condanna per cui è intervenuta la riabilitazione, pur non avendo più un effetto di “automatismo preclusivo”, non perde la sua rilevanza in senso assoluto. Essa, infatti, può essere presa a base di una valutazione discrezionale che deve comunque tenere conto degli ulteriori elementi emersi nel corso dell’istruttoria (Cons. Stato, Sez. III, n.3719 del 2013).
Sempre al fine di agevolare l’esercizio del potere discrezionale, può essere utile ricordare che, in base all’art.179 co.1 c.p., la riabilitazione è concessa dal Giudice, dopo aver accertato che nel periodo di tempo stabilito dalla legge, il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta. Conseguentemente, gli elementi in grado di conferire rilevanza alla condanna devono riferirsi, in linea di principio, a fatti o circostanze verificatesi successivamente alla sentenza di riabilitazione, ovvero deve trattarsi di situazioni di cui sia stato verificato che il Giudice non abbia potuto tenere conto, non essendo note.
Un discorso a parte meriterebbero quelle situazioni in cui manca la possibilità di ottenere la riabilitazione (reato dichiarato estinto dopo sospensione condizionale, patteggiamento, affidamento in prova, con effetti più vantaggiosi per il soggetto) e che pertanto non obbligano di per sé al rilascio delle autorizzazioni in materia di armi qualora il soggetto abbia comunque dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Nuove norme in materia di controlli sanitari e conseguenze sulla durata di alcuni porti d’arma – Al fine di dare compiuta attuazione delle previsioni recate dalla direttiva n.853 del 2017, che obbligano gli Stati membri ad adottare un sistema di monitoraggio, nell’ambito del quale i detentori di armi da sparo vengano sottoposti, a cadenza almeno quinquennale, a controlli sulla permanenza dei prescritti requisiti sanitari, il d.lgs. n.104 del 2018 reca alcune modifiche in materia di certificazione medica
Il comma 2 dell’art.12 detta una disciplina transitoria relativa alle modalità di rilascio dei certificati medici che a norma del modificato art.38 TULPS i detentori di armi devono presentare ogni cinque anni. La disposizione infatti, stabilisce che fino all’adozione del decreto regolamentare previsto dall’art.6 co.2, del decreto legislativo 26 ottobre 2010 n.204, i detentori devono presentare un certificato rilasciato dal settore medico legale delle Aziende sanitarie locali, o da un medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere.
Tale norma non si applica:
– ai detentori che siano anche titolali di licenza di porto d’armi; costoro, infatti, assolvono l’obbligo in questione al momento del rinnovo dell’autorizzazione;
– ai collezionisti di armi antiche;
– ai soggetti autorizzati dalla legge a portare le armi senza licenza.
Per quel che concerne il rilascio del certificato medico per il conseguimento della licenza di porto d’armi, previsto dal D.M. 28 aprile 1998, l’art.12 co.3 interviene ad ampliare la platea dei soggetti abilitati al rilascio. La novella prevede, infatti, che tale certificato possa essere rilasciato – oltreché dai settori medico-legali delle ASL e dalle strutture sanitarie militari e della Polizia di Stato – anche dai singoli medici della Polizia di Stato, del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché dai medici militari in servizio permanente ed in attività di servizio.
Il regime transitorio è completato dall’art.14 co.3 del d.lgs. n.104 del 2018, per cui, nella fase di prima applicazione, i detentori assolvono all’obbligo di presentazione del certificato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n.104 del 2018: in altri termini, l’obbligo deve essere adempiuto entro il 14 settembre 2019.
Decorso tale termine, gli uffici di pubblica sicurezza provvederanno a diffidare i soggetti inadempienti a presentare il certificato entro 60 giorni dal ricevimento della diffida.
Le modalità di esecuzione della diffida sono precisate nella circolare n.557/PAS/U/006501/10900(27)9 del 29 aprile 2015, diramata in occasione del controllo una tantum sul possesso dei requisiti sanitari da parte dei detentori di armi effettuato in attuazione del d.lgs. 29 settembre 2013 n.121.
Cert. medico ex art.6 co.2 d.lgs. n.121 del 2013 – Circ.Min.Int. 29 aprile 2015
In dottrina è stato sollevato il dubbio che per i meri detentori di armi (e a differenza di quanto esplicitato per il rilascio del porto d’armi) il certificato medico, al pari di quanto avviene per la patente di guida, possa essere rilasciato anche da medici in quiescenza o in congedo, visto che nel decreto non vengono specificati requisiti particolari sullo stato di servizio. In realtà, la norma riproduce nella sostanza e con gli opportuni adeguamenti il testo dell’art.35 co.7, T.U.L.P.S., relativo al certificato richiesto per il nulla osta all’acquisto di armi. Tale disposizione è sempre stata interpretata nel senso che la potestà di certificazione ivi richiesta è riservata al medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in servizio e non in quiescenza, vieppiù a seguito dell’autorevole avallo della giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez.I 20 novembre 2014 n.2848, ove si evidenzia che la possibilità di rilascio di certificati attestanti il possesso di requisiti psicofisici necessari ai fini del conseguimento di autorizzazioni amministrative da parte di medici in quiescenza deve risultare da una espressa disposizione normativa, così come ad esempio il legislatore ha fatto con l’art.119 C.d.S.). L’impraticabilità di una diversa interpretazione discende anche dalla considerazione che nel caso di medici in quiescenza, la norma dovrebbe contemplare le modalità che devono sussistere affinché i medici pur in quiescenza possano rilasciare tali certificati.
Disciplina della compravendita delle armi con contratti a distanza – In attuazione di una specifica previsione recata dalla direttiva comunitaria n.853 del 2017, il d.lgs. n.104 del 2018 disciplina l’acquisto delle armi con contratti stipulati a distanza. A questo scopo, viene integralmente riscritto l’art.17 della legge n.110 del 1975 che, in origine, disciplinava soltanto la compravendita per corrispondenza.
La disposizione prevede adesso che l’acquisto delle armi possa avvenire o per corrispondenza o con le altre forme di contratto a distanza contemplate dall’art.45 co.1 lett.g) del d.lgs. 6 settembre 2005 n.206.
A tali fini non viene più richiesto il preventivo nulla osta.
La norma, infatti, stabilisce che – nel rispetto delle norme in materia di importazione, esportazione e trasferimenti intracomunitari – gli acquisti a distanza possono essere effettuati sia da operatori economici autorizzati a svolgere attività industriali o commerciali in materia di armi, sia da soggetti privati.
Per questi ultimi, la disposizione prevede l’obbligo di ritirare le armi presso un titolare di licenza per l’esercizio del commercio di armi comuni da sparo ovvero presso un intermediario, abilitato a mente dell’art.31-bis TULPS.
Gli operatori economici presso i quali viene effettuato il ritiro provvederanno ad annotare le operazioni in entrata e in uscita sul registro previsto dall’art.35 TULPS.
Resta fermo, inoltre, che il privato acquirente dovrà provvedere ad effettuare i consueti adempimenti previsti per la detenzione dell’arma acquistata e per il suo eventuale inserimento in collezione.
La ditta incaricata del trasporto deve comunicare la spedizione all’ufficio di pubblica sicurezza o, in mancanza, al comando dell’Arma dei Carabinieri competenti per il territorio dove risiede l’interessato (melius: destinatario).
Si tratta di un onere finalizzato a consentire al “sistema di pubblica sicurezza” di avere contezza dei trasferimenti delle armi sul territorio. Pertanto, appare logico ritenere che la comunicazione debba essere inviata da parte della ditta al più tardi nel momento in cui inizia il trasporto dell’arma acquistata.
Art.17 Compravendita di armi comuni da sparo per corrispondenza o mediante contratto a distanza.
- Ferme restando le vigenti disposizioni in materia di importazione, esportazione e trasferimenti intracomunitari di armi comuni da sparo, alle persone residenti nello Stato è consentita la compravendita di armi comuni da sparo commissionate per corrispondenza o acquistate in base a contratto a distanza, di cui all’articolo 45, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, qualora l’acquirente sia autorizzato ad esercitare attività industriali o commerciali in materia di armi, ovvero, se privo delle predette autorizzazioni, provveda al ritiro dell’arma presso un titolare di licenza per il commercio di armi comuni da sparo o presso un intermediario di armi, muniti, rispettivamente, delle licenze di cui agli articoli 31 e 31-bis del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Di ogni spedizione la ditta interessata deve dare comunicazione all’ufficio di pubblica sicurezza, o, in mancanza, al comando dei carabinieri del comune in cui risiede il destinatario.
- I trasgressori sono puniti con la reclusione da uno a sei mesi e con la multa fino a euro 154.
- Gli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1, lettera d), numero 3), sono pari a euro 300.000 annui a decorrere dall’anno 2018.
Rottamazione delle armi versate presso gli Uffici e Comandi delle Forze di polizia – Il d.lgs. n.104 del 2018 reca, inoltre, misure per agevolare lo smaltimento delle armi versate dai privati che non intendono o non possono più detenerle.
La disposizione, aggiungendo un nuovo comma all’art.11 della legge n.110 del 1975, stabilisce che la distruzione delle armi in parola, dello loro parti e delle munizioni, può essere effettuata presso i Comandi e i Reparti delle Forze Armate competenti in materia o altro Ente di diritto pubblico vigilato dal Ministero della Difesa.
Si evidenzia che, oltre all’ampliamento del novero dei soggetti abilitati alla rottamazione, la disposizione prevede uno specifico stanziamento per far fronte agli oneri che i predetti Comandi ed Enti dovranno sopportare per l’esecuzione delle operazioni di smaltimento. Le parti d’arma usurate o inservibili possono essere sostituite, previa rottamazione.
Nuovo sistema di tracciabilità delle armi – La direttiva UE n.853 del 2017 pone particolare attenzione alla necessità che gli Stati Membri rafforzino gli strumenti di tracciabilità delle armi, al fine di realizzare un più efficace controllo sulla loro circolazione e di favorire l’interscambio informativo tra le diverse Autorità nazionali competenti.
Al fine di dare attuazione a questi principi, l’art.11 del d.lgs. n.104 del 2018 prevede la realizzazione di un sistema informatico concepito espressamente per garantire le esigenze di tracciabilità delle armi e delle munizioni.
Tale sistema va alimentato direttamente dagli operatori economici e commerciali, limitatamente alle transazioni da essi effettuate. Per quanto riguarda, invece, le cessioni tra gli altri soggetti, gli inserimenti dei dati devono essere effettuati direttamente dall’ufficio locale di pubblica sicurezza o, quando manchi, dal locale Comando dell’Arma dei Carabinieri. Nel caso di trasmissione della denuncia per via telematica gli inserimenti saranno effettuati dalla Questura.
La realizzazione del sistema consentirà anche di dare attuazione al principio dell’informatizzazione del registro di cui all’art.35 TULPS e di quello di cui al successivo art.55, limitatamente alle operazioni riguardanti le munizioni.
Il sistema G.E.A. di cui all’art.3 del d.lgs. 25 gennaio 2010 n.8 non sarà comunque dismesso, ma verrà utilizzato per la tracciabilità degli esplosivi ad uso civile.
Nelle more della realizzazione del nuovo sistema, gli Uffici e i Comandi delle forze di polizia sono chiamati ad assicurare la tempestiva e completa alimentazione delle “piattaforme” informatiche, attraverso le quali è già possibile garantire il tracciamento dei movimenti delle armi.