La Sezione Autonomie è stata investita dalla magistratura contabile umbra della questione di massima sull’applicabilità della nozione di “società a controllo pubblico” alle società miste a capitale pubblico maggioritario ma frazionato.

Corte dei conti, sezione di controllo per la regione Umbria, deliberazione n. 57 del 27 marzo 2019Presidente Canu, relatore Busa

A margine

Il quesito – La richiesta di parere concerne la nozione di “società a controllo pubblico” in presenza di società il cui capitale risulta partecipato, in modo maggioritario, ma frazionato, da più enti pubblici e, in via minoritaria, da un socio privato.

In altri termini, si tratta di chiarire se le società partecipate da più enti locali che, congiuntamente, esprimono il controllo di diritto ai sensi dell’art. 2359 c.c., ancorché nessuno di essi detenga una quota di partecipazione superiore al 50%, possano dirsi comunque controllate dalla pubblica amministrazione.

Il quesito trae origine dalla recaciltranza manifestata da alcune società a vedersi riconoscere lo status di “società a controllo pubblico”, per non dovere dare applicazione ai numerosi vincoli dettati dal TUSP in materia di contenimento dei costi e degli organi societari, modalità assunzionali del personale, bilancio societario e a quelli in materia di trasparenza e di anticorruzione.

Sul punto vale anche la pena di ricordare l’orientamento espresso dal Mef, in data 15 febbraio 2018, secondo il quale, a norma dell’art. 2, co. 1, lett. m), del d.lgs. n. 175/2016 e s.m.i., vanno considerate tali le “società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo” ai sensi del co. 1, lett. b), del medesimo articolo.

Questo perché, “il controllo di cui all’art. 2359 c.c. può essere esercitato da più amministrazioni congiuntamente, anche a prescindere dall’esistenza di un vincolo legale, contrattuale, statutario o parasociale tra le stesse”. Infatti, “sia l’interpretazione letterale sia la ratio sottesa alla riforma … inducono a ritenere che la Pubblica Amministrazione, quale ente che esercita il controllo, sia stata intesa dal legislatore del TUSP come soggetto unitario, a prescindere dal fatto che, nelle singole fattispecie, il controllo di cui all’art. 2359, comma 1, numeri 1), 2) e 3) faccia capo ad una singola Amministrazione o a più Amministrazioni cumulativamente”. In pratica, per il MEF, il controllo può essere esercitato congiuntamente e mediante comportamenti concludenti, pure a prescindere dall’esistenza di un coordinamento formalizzato.

La deliberazione – Nell’interpretare le “definizioni” recate dall’art. 2, co. 1, del d.lgs. n. 175/2016, la Sezione umbra osserva anzitutto che le stesse:

a) rilevano ai fini dell’applicazione delle disposizioni del medesimo testo unico e non anche ai fini civilistici;

b) sono infatti più ampie e comunque non coincidenti con quelle civilistiche e questo si può desumere dal dato testuale sia della lettera b), secondo cui il controllo, oltre che nelle situazioni descritte nell’articolo 2359 c.c., “può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”, sia della lettera m) laddove si afferma che il “controllo pubblico” può essere esercitato anche “… da più amministrazioni pubbliche”.

Ne deriva che la norma recata dall’art. 2, co. 1, lettera m), del TUSP, va interpretata quale norma avente una portata innovativa.

Sulla stessa si sono, tra l’altro, già pronunciate sia la magistratura contabile che quella amministrativa, sottolineando, in particolare, quanto segue:

1. le società a partecipazione pubblica maggioritaria, ancorché frazionata, sono sempre e comunque “società a controllo pubblico”, in quanto “le norme del testo unico, nel definire… le società a controllo pubblico accentuano, rispetto all’ordinaria definizione contenuta nell’art. 2359 del codice civile, lo spostamento della prospettiva dell’esame della sussistenza dei requisiti dal socio controllante alla società controllata. Mentre l’art. 2359 cod. civ., infatti, considera “società controllate” quelle in cui “un’altra” società dispone dei voti o dei poteri … indicati ai numeri 1), 2) e 3) della ridetta disposizione, in virtù del combinato disposto delle lettere b) ed m) dell’art. 2 del TUSP, vengono qualificate come “società a controllo pubblico” quelle in cui “una o più” amministrazioni dispongono dei voti o dei poteri indicati nel codice civile…

Tale lettura…. è anche funzionale all’obiettivo del legislatore di assoggettare le società a controllo pubblico a disposizioni più stringenti … rispetto a quelle rivolte agli organismi a mera partecipazione … ed evita che le società a capitale pubblico frazionato (ricorrenti nell’ambito dell’espletamento dei servizi pubblici locali) possano strumentalmente sottrarsi all’applicazione delle disposizioni dettate … nei confronti delle (sole) “società a controllo pubblico” (eccependo l’assenza di norme di legge, statutarie o di patti di sindacato fra i soci pubblici esplicitanti e delimitanti le modalità di esercizio del controllo)…

Analoghe argomentazioni possono trarsi dalla deliberazione ANAC n. 1134/2017, che … precisa che rientrano fra le società a controllo pubblico anche quelle a controllo congiunto, ossia le società in cui il controllo, ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, è esercitato da una pluralità di amministrazioni” (così Sezione di controllo della Liguria, deliberazione n. 3/2018 dell’11 gennaio 2018).

2. E’ necessario “includere nei provvedimenti di razionalizzazione tutte le società partecipate, anche se esse lo siano in modo indiretto o congiunto ad opera di più amministrazioni in modo informale, e stipulare patti parasociali tra le amministrazioni partecipanti, che prevedano il consenso unanime dei soci pubblici per l’adozione delle decisioni finanziarie e gestionali strategiche … ” (così Sezione di controllo dell’Emilia-Romagna, deliberazione n. 43 del 27 febbraio 2018).

3. E’ da ritenere .. che nei … casi in cui più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della richiamata lett. m), le partecipazioni detenute dagli enti pubblici, complessivamente considerate, ne consentono il controllo di diritto ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1), del c.c., ancorché nessuna di esse, autonomamente, sia in grado di esercitare poteri di controllo … A tal fine, il legislatore del TUSP non ha ritenuto necessaria la formalizzazione di un accordo per il controllo congiunto tra i diversi enti pubblici partecipanti, posto che le prerogative agli stessi spettanti nella qualità di soci debbono necessariamente convergere, per obbligo istituzionale, al comune interesse pubblico …. Non è condivisibile pertanto l’affermazione secondo cui la definizione di società a controllo pubblico, ove si prescinda dal controllo di diritto ai sensi dell’art. 2359 del Codice civile, deve potersi basare su accordi o patti parasociali …”. (così Sezione di controllo per l’Umbria, deliberazione 5/2019-VSGO dell’11 gennaio 2019)

Su questa scia, del resto, si è posto anche referto annuale sul funzionamento del sistema integrato dei controlli interni nell’esercizio 2017, approvato dalla Sezione delle Autonomie con deliberazione n. 14/SEZAUT/2018/INPR, laddove viene formulato alle Amministrazioni compilatrici il seguente quesito: “Nel perimetro delle società controllate sono state incluse anche le società a totale partecipazione pubblica per le quali il controllo viene esercitato in forma congiunta, anche mediante comportamenti concludenti, indipendentemente dall’esistenza di norme di legge, statutarie e/o accordi formalizzati ?”.

Di diverso avviso il giudice amministrativo, secondo il quale, anche se una partecipazione pulviscolare non esclude di per sé lo svolgimento di un servizio di interesse generale, la mancanza di adeguati strumenti di coordinamento stabile tra i soci pubblici (attraverso patti parasociali o norme statutarie), mette in discussione l’obiettivo di incidere sulle scelte strategiche della società ai fini dello svolgimento di un servizio valutato come necessario per soddisfare i bisogni della collettività di riferimento (così Consiglio di Stato, sentenza n. 578/2018, che conferma la sentenza n. 363/2018 del Tar Veneto modificandone tuttavia la motivazione).

Conclusioni – In questo complesso contesto, la Sezione umbra mette in evidenza i seguenti aspetti:

  • la soluzione della stipula di eventuali patti parasociali tra i soci pubblici finirebbe per esautorare la portata delle disposizioni del TUSP in tema di “controllo pubblico”;
  • resta fermo che, nelle decisioni assembleari che non impattano sulle prescrizioni del TUSP, l’autonomia gestionale degli enti non trova alcuna compressione e può sempre dispiegarsi in conformità ai loro propri interessi particolari;
  • il voler assumere che, a seguito dell’entrata in vigore del TUSP, le società miste con partecipazione pubblica maggioritaria ma frazionata, debbano considerarsi a “controllo pubblico”, automaticamente obbligate ad uniformarsi alle disposizioni del testo unico, rischia di stravolgere i rapporti di forza tra i soci pubblici e quelli privati, in violazione dei diritti di proprietà tutelati dalla costituzione e dal codice civile.

Ravvisando quindi l’esigenza di trovare un punto di sintesi tra le istanze pubblicistiche del TUSP e le norme civilistiche che regolano la capacità di agire delle società, e rilevata la portata generale della questione, la Sezione sospende la pronuncia e rimette gli atti al Presidente affinché valuti la possibilità di deferire la questione alla Sezione delle Autonomie o alle Sezioni Riunite, onde ottenere un orientamento di carattere generale al fine di stabilire se le società a maggioranza pubblica, partecipate da più enti, ciascuno dei quali intestatario di quote inferiori al 50 %, siano da considerare o meno come società a controllo pubblico.

Stefania Fabris


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