La clausola di estensione di un accordo quadro ad amministrazioni aggiudicatrici diverse da quelle che lo hanno stipulato è compatibile con il diritto europeo a condizione che le stesse siano chiaramente individuate e che sia determinata la quantità delle prestazioni che potranno essere richieste, non essendo a ciò sufficiente il riferimento all’ordinario fabbisogno delle amministrazioni non firmatarie.
Corte giust. comm. ue, sez. VIII, sentenza 19 dicembre 2018, C-216-17, Presidente Malenovský, Relatore Šváby
A margine
Il fatto
Una ASL aggiudica ad un raggruppamento temporaneo di imprese una procedura ristretta relativa a servizi di sanificazione ambientale, raccolta e smaltimento dei rifiuti per un periodo di 108 mesi.
Nel capitolato l’ASL prevede una clausola rubricata “Estensione del contratto” con lo scopo di attuare un’aggregazione della domanda come auspicata dalle norme di cui all’art. 1 comma 449 della l. 27 dicembre 2006 n. 296, all’art. 1 comma 3 del d.l. 6 luglio 2012 n. 95 e agli artt. 3 comma 13 e 33 del d. lgs. 163/2006, e ora dagli artt. 3 comma 1 lettera i) e 37 del d. lgs. 50/2016, di contenuto sostanzialmente identico.
La clausola fa riferimento ad un accordo sottoscritto tra varie ASL regionali e prevede che ai soggetti individuati come aggiudicatari della procedura potrà essere chiesto, successivamente, di estendere l’appalto anche ad una o più delle aziende indicate, in attuazione dei principi sanciti dal Piano sanitario regionale e dalle correlate deliberazioni della Giunta regionale, le quali “auspicano forme consorziate di acquisto fra gli enti del servizio sanitario regionale.
La clausola prosegue individuando la durata dell’estensione, pari alla residua durata del periodo contrattuale di cui alla gara originaria, consente a ciascuna azienda una sola adesione “alle medesime condizioni dell’aggiudicazione in argomento”, precisa che l’aggiudicatario non ha obbligo di accettare la richiesta di estensione e che la stessa darà luogo ad un “rapporto contrattuale autonomo”, distinto da quello oggetto di aggiudicazione.
Una ASL esercita quindi, successivamente all’aggiudicazione, la facoltà di adesione di cui alla clausola descritta, concludendo un contratto per l’appalto dei propri servizi di pulizia senza procedere ad una gara ulteriore rispetto a quella già esperita in origine in contrasto con l’avviso dell’AGCOM e dal gestore uscente del servizio i quali ritengono che, in base alle norme in materia di pubbliche gare, l’adesione successiva ad un contratto già stipulato comporti un affidamento diretto in violazione delle norme europee e nazionali sulla concorrenza.
In primo grado, il Tar Brescia, con sentenza 7 novembre 2016 n. 1449, ritiene legittima la clausola di estensione descritta.
Il Consiglio di Stato, investito della questione, solleva quindi, con ordinanza 11 aprile 2017, n. 1690, questione di pregiudizialità alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, qualificando il contratto iniziale come “accordo quadro” (anche se stipulato per nove anni, mentre il limite di durata legale dell’accordo quadro è di quattro anni) ed evidenziando il proprio convincimento che la clausola di estensione debba indicare in modo specifico gli enti che se ne potranno avvalere e debba prevedere il valore economico dell’estensione.
In particolare, rilevando che l’art. 1, paragrafo 5 della direttiva 2004/18/CE, in tema di accordo quadro, prevede un riferimento alle “quantità previste” dallo stesso, con la precisazione “se del caso”, rivolge alla Corte di giustizia i seguenti quesiti:
I) “se gli articoli 2 comma 5 e 32 della direttiva 2004/18/UE e l’articolo 33 della direttiva 2014/24/UE possano essere interpretati nel senso di consentire la stipulazione di un accordo quadro in cui: un’amministrazione aggiudicatrice agisca per essa stessa e per altre amministrazioni aggiudicatrici specificamente indicate, le quali però non partecipino direttamente alla sottoscrizione dell’accordo quadro stesso; non sia determinata la quantità delle prestazioni che potranno essere richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici non firmatarie all’atto della conclusione, da parte loro, degli accordi successivi previsti dall’accordo quadro medesimo”;
II) “nel caso in cui la risposta al quesito precedente fosse negativa: se gli articoli 2 comma 5 e 32 della direttiva 2004/18/UE e l’articolo 33 della direttiva 2014/24/UE possano essere interpretati nel senso di consentire la stipulazione di un accordo quadro in cui: un’amministrazione aggiudicatrice agisca per essa stessa e per altre amministrazioni aggiudicatrici specificamente indicate, le quali però non partecipino direttamente alla sottoscrizione dell’accordo quadro stesso; la quantità delle prestazioni che potranno essere richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici non firmatarie all’atto della conclusione da parte loro degli accordi successivi previsti dall’accordo quadro medesimo sia determinata mediante il riferimento al loro ordinario fabbisogno”.
La sentenza
La Corte di giustizia UE afferma che non è affatto provato che un appalto pubblico, come il contratto iniziale, non possa essere qualificato come “accordo quadro” ai sensi dell’art. 1, par. 5, e dell’art. 32, par. 2, quarto comma, della direttiva 2004/18, per il solo motivo che è stato concluso per una durata superiore a quattro anni, senza che l’amministrazione aggiudicatrice abbia debitamente giustificato il superamento di tale durata; in una situazione come quella del caso in esame, non può essere escluso che un contratto come il contratto iniziale costituisca un accordo quadro valido ai sensi di quest’ultima disposizione nel corso dei suoi primi quattro anni di applicazione e che diventi caduco al termine di tale periodo.
Sostiene quindi la compatibilità con il diritto europeo della clausola di estensione di un accordo quadro ad amministrazioni aggiudicatrici diverse da quelle che lo hanno stipulato, a condizione che le stesse siano chiaramente individuate e che sia determinata la quantità delle prestazioni che potranno essere richieste, non essendo a ciò sufficiente il riferimento all’ordinario fabbisogno delle amministrazioni non firmatarie.
In particolare l’art. 1, paragrafo 5, della direttiva 2004/18 enuncia che un accordo quadro ha lo scopo di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste.
La locuzione avverbiale “se del caso” potrebbe essere letta nel senso che l’indicazione della quantità delle prestazioni che riguarderà l’accordo quadro è solo facoltativa. Tale interpretazione non può tuttavia essere accolta, in quanto:
- risulta da una serie di altre disposizioni della direttiva 2004/18 che l’accordo quadro deve, sin dall’inizio, determinare le quantità massime di forniture o servizi che potranno essere oggetto degli accordi successivi: in particolare agli artt. 9, paragrafo 9, di tale direttiva, e al punto 6, lettera c), rubricato “Appalti pubblici di servizi”, che figura nel titolo “Bando di gara” dell’allegato VII A della direttiva 2004/18;
- ai sensi dell’art. 32, paragrafo 3, della direttiva 2004/18, quando un accordo quadro è concluso con un solo operatore economico, gli appalti basati su tale accordo quadro sono aggiudicati entro i limiti delle condizioni da esso definite: ne consegue che l’amministrazione aggiudicatrice inizialmente parte dell’accordo quadro può assumere impegni, per se stessa e per le potenziali amministrazioni aggiudicatrici che siano chiaramente individuate in tale accordo, solo entro una determinata quantità e che, una volta raggiunto tale limite, detto accordo avrà esaurito i suoi effetti;
- tale interpretazione è idonea a garantire il rispetto dei principi della parità di trattamento e di non discriminazione nonché del principio di trasparenza che ne deriva; essi implicano che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere, da un lato, a tutti gli offerenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’autorità aggiudicatrice di verificare effettivamente se le offerte dei partecipanti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione; detti principi sarebbero compromessi se l’amministrazione aggiudicatrice inizialmente parte dell’accordo quadro non specificasse la quantità complessiva oggetto di un tale accordo;
- esigere che l’amministrazione aggiudicatrice inizialmente parte all’accordo quadro precisi nell’accordo stesso la quantità e l’importo delle prestazioni che detto accordo riguarderà rispecchia il divieto, imposto nell’art. 32, paragrafo 2, quinto comma, della direttiva 2004/18, di ricorrere agli accordi quadro in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza.
Anche a supporre che il riferimento all’ordinario fabbisogno delle amministrazioni aggiudicatrici chiaramente individuate nell’accordo quadro possa essere un dato sufficientemente esplicito per gli operatori economici nazionali, non si può presumere che senz’altro lo sia anche per un operatore economico stabilito in un altro Stato membro; d’altra parte, se la quantità complessiva delle prestazioni che rappresentano tale fabbisogno ordinario è notoria, non dovrebbe esservi alcuna difficoltà a menzionarla nell’accordo quadro stesso o in un altro documento reso pubblico, ad esempio il capitolato d’oneri, e, in tal modo, a garantire il pieno e integrale rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento.