Il Ministero della Salute ha emanato, a fine 2018, le nuove Linee di indirizzo per la gestione della problematica delle allergie alimentari, con l’obiettivo della tutela del consumatore e della sua corretta informazione.
Dopo la pubblicazione del REG UE 1169/2011, infatti, sono diversi gli adempimenti che le aziende che producono, commercializzano o che somministrano alimenti devono rispettare in questo ambito. Molto utile, quindi, il documento del Ministero della Salute che, fra l’altro, spiega come devono comportarsi le aziende.
Il documento del Ministero tratta solo delle allergie, e non si occupa della celiachia e delle intolleranze.
Com’è noto, l’allergia è una reazione abnorme del sistema immunitario specifico che si scatena a seguito di un periodo definito sensibilizzazione. E’ importante affrontare in modo corretto il tema, poiché l’allergia alimentare (AA) è una malattia con elevato impatto sulla qualità di vita dei soggetti che ne sono affetti e dei loro familiari, con costi sanitari rilevanti per l’individuo e per il Sistema Sanitario Nazionale.
In questo articolo ci soffermeremo soprattutto su come questo tema, secondo il documento del Ministero della Salute, deve essere affrontato dalle aziende e dalle attività alimentari.
Negli ultimi anni grazie ai cambiamenti nella legislazione relativa all’etichettatura degli alimenti, le informazioni per i consumatori con allergia alimentare sono migliorate. Non è stata però ancora raggiunta una semplificazione della possibilità di praticare una dieta di esclusione e, con l’etichettatura “precauzionale”, il carico della valutazione del rischio grava sul consumatore, creando insicurezza e frustrazione. D’altra parte va segnalato che, senza limiti di legge (valori soglia), le aziende si trovano in oggettiva difficoltà.
A tal proposito la Commissione Europea, con l’aiuto dell’EFSA, sta lavorando ad una soluzione per informare più correttamente il consumatore allergico.
Le criticità – Nonostante le norme esistenti, però, si riscontrano diverse criticità, sia per quanto riguarda l’etichettatura degli alimenti, sia per quanto riguarda la presentazione degli stessi, con ad esempio i menù in ristoranti e attività similari. Capita spesso, infatti, di trovare in etichetta indicazione “può contenere tracce di frutta a guscio” senza che sia specificato quale frutta a guscio sia effettivamente presente (nocciole?, mandorle?, pistacchi?), ricordando peraltro che la frutta a guscio non presente nell’allegato II del REG UE 1169/2011 non è nemmeno da considerarsi allergene, come indicato in una nota dalla Commissione stessa, che definisce l’elenco di frutta a guscio considerata allergizzante nel REG UE 1169/2011 all. II, esaustivo.
Per quanto riguarda i menù invece abbiamo già affrontato la tematica nell’articolo pubblicato in questa rivista: “Menù di ristoranti e bar: cosa deve contenere”.
Le Linee guida – Nella prima parte del documento del Ministero si sottolineano gli aspetti clinici ed epidemiologici delle allergie. Viene spiegato che l’allergia è un areazione con una base genetica, che esiste nei confronti di un allergene, che provoca una risposta immunitaria IgE mediata.
Il quadro clinico include principalmente: shock anafilattico, orticaria-angioedema, manifestazioni allergiche (orticaria e anafilassi) associate all’esercizio fisico dopo consumo di un alimento (Food-associated exercise-induced anaphylaxis), disturbi respiratori (asma e rinite), sindrome orale allergica, disturbi gastroenterici.
La caratteristica fondamentale è l’immediatezza della loro insorgenza: i sintomi insorgono a breve distanza dall’assunzione dell’alimento coinvolto (2-4 ore) e sono tanto più gravi quanto più precocemente insorgono.
Un quadro particolare di allergia IgE mediata è rappresentato dall’allergia al galattosio-alfa-1,3 galattosio (alfa-gal), caratterizzata da una reazione ritardata che avviene anche dopo 12 ore dal consumo di carne rossa (bovina, ovina, suina) con quadri clinici di gravità variabile fino ad arrivare all’anafilassi.
Le allergie alimentari IgE mediate possono essere causate da una sensibilizzazione primaria, diretta ad un allergene alimentare specifico; ancora più frequente (60%) è la sensibilizzazione a strutture condivise tra allergeni respiratori ed alimentari. Gli anticorpi IgE che riconoscono tali strutture omologhe chiamate epitopi, determinano il fenomeno della cross-reattività tra quelli che vengono definiti panallergeni.
Il profilo di sensibilizzazione dei soggetti interessati è influenzato, oltre che da fattori genetici, dall’area geografica di residenza. I pollini presenti nelle varie aree possono quindi influenzare i differenti profili di sensibilizzazione.
Tra i sintomi più gravi, c’è sicuramente lo shock anafilattico, una reazione sistemica a rapida insorgenza coinvolgente diversi organi ed apparati che può includere la perdita di conoscenza; è correlata con la liberazione immediata di mediatori vasoattivi, come l’istamina e può insorgere a qualsiasi età.
Tutti gli alimenti possono indurre anafilassi, ma i classici “big eight”, gli otto gruppi di alimenti più frequentemente in causa sono: arachidi, frutta a guscio, soja, crostacei e molluschi, pesce, latte, uova, e cereali.
La diagnostica molecolare (Food Component Resolved Diagnosis) ha consentito di evidenziare che a causare tale reazione sono molecole allergeniche particolarmente resistenti, non alterate dalla digestione peptica, né dal calore della cottura, né dalla lavorazione industriale. Nei Paesi dell’area mediterranea i quadri clinici gravi più spesso si correlano con la sensibilizzazione nei confronti della Lipid Transfer Protein (LTP) e di altre molecole con tali caratteristiche.
La sezione successiva è dedicata ai dati epidemiologici. In questa parte si evidenzia il sempre crescente interesse per il problema, ma anche il fatto che nonostante i recenti sviluppi nelle conoscenze, i dati epidemiologici riguardanti le allergie alimentari sono ancora piuttosto eterogenei.
La prevalenza delle allergie alimentari presenta una differente distribuzione geografica determinata da differenti abitudini (e mode) dietetiche, dalle modalità prevalenti di cottura dei cibi, dalle modalità e tempi dello svezzamento nelle diverse popolazioni, dall’esposizione agli aeroallergeni, importante nel determinare i profili di sensibilizzazione nelle varie regioni, ed infine da fattori genetici.
Vengono poi, anche con l’ausilio dei dati statistici, identificati i maggiori prodotti alimentari considerati allergeni. Questo è importante per capire che gli alimenti che possono provocare allergie, non sono solo quelli presenti nell’elenco dell’allegato II del REG UE 1169/2011, ma possono essere anche tanti altri.
Esistono anche degli alimenti considerati “allergeni emergenti”, soprattutto quelli di origine animale come la carne. Non a caso l’elenco dell’allegato II del sopracitato regolamento, verrà rivisto periodicamente dagli esperti dell’EFSA.
Comunque, l’allergia alla carne viene considerata piuttosto rara nello scenario mondiale, ma alcuni studi hanno dimostrato come la sua frequenza in Italia sia più elevata che in altri paesi, specialmente in età pediatrica.
Successivamente è riportata una parte relativa ai metodi di diagnosi delle allergie, dove si vanno ad analizzare i vari test (patch test, prick, skin prick, ecc).
Dopo i test si trattano le terapie utili per contrastare le allergie. Nello specifico si approfondiscono: le diete di eliminazione e la terapia d’urgenza con adrenalina.
ll documento tratta il tema dell’etichettatura e della presentazione degli allergeni al consumatore. Nello specifico il documento riporta: “per quanto riguarda le informazioni da riportare in etichetta dei prodotti alimentari, un importante passo avanti è stato compiuto grazie all’applicazione del Regolamento UE 1169/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alla fornitura di informazione sui prodotti alimentari. Tale Regolamento, prevede infatti disposizioni importanti per quanto riguarda gli allergeni riportati nell’allegato II. In particolare stabilisce l’obbligo di evidenziare nella lista degli ingredienti gli allergeni presenti nei prodotti alimentari. Inoltre, ai sensi dell’articolo 44 (1) (a), le informazioni sulla presenza di sostanze o prodotti che provocano allergie o intolleranze è obbligatoria anche per gli alimenti non preimballati, compresi quelli preparati e forniti da aziende di ristorazione o imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o per la vendita diretta.
Il Regolamento prevede tuttavia una deroga all’obbligo di fornire informazioni sugli allergeni, quando il nome del prodotto alimentare faccia chiaramente riferimento alla sostanza o al prodotto in questione.
Nel caso di prodotti alimentari esentati dall’obbligo di riportare l’elenco degli ingredienti (es. bevande alcoliche), rimane l’obbligo di dichiarare in etichetta l’indicazione “contiene” seguito dal nome della sostanza o del prodotto che provoca allergia o intolleranza alimentare (ad esempio solfiti).
Secondo il sopracitato Regolamento, non sono considerate solo le sostanze elencate come allergeni alimentari ma anche i prodotti derivati. Per “prodotti derivati” si intendono tutti i prodotti provenienti da un ingrediente allergenico o prodotti ottenuti dopo una o più fasi di lavorazione.
Nel caso di ingredienti e coadiuvanti tecnologici derivati da frutta a guscio, va dichiarato il nome specifico, cioè mandorle, nocciole, noci, anacardi, noci pecan, noci del Brasile, pistacchi, noci macadamia o Queensland, ecc.
Nel caso di ingredienti derivati da cereali contenenti glutine va dischiarato il nome specifico del cereale (grano, segale, orzo, avena). La parola ‘glutine’ può essere aggiunta su base volontaria, ma è il nome specifico del cereale che deve essere sottolineato, non il termine ‘glutine’: ad esempio Farina di frumento (contiene glutine).
Se il glutine viene aggiunto come ingrediente, deve essere indicato il nome del cereale da cui il glutine proviene: ad esempio glutine (grano), o glutine di frumento, ecc.
Nel caso di ingredienti composti che contengono sostanze che provocano allergie o intolleranze elencate nell’allegato II, queste ultime devono essere evidenziate nella lista degli ingredienti: ed esempio Ingredienti del ripieno di fragola (uovo, fragola, zucchero, acqua, …).
Secondo l’articolo 44 (2) del Regolamento (Disposizioni nazionali per gli alimenti non preimballati), quando gli alimenti sono offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività senza imballaggio, o dove gli alimenti sono imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta, gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali concernenti i mezzi attraverso i quali le informazioni sugli allergeni, che sono intenzionalmente aggiunti ad un prodotto o un pasto, saranno messe a disposizione e, se del caso, la loro forma di espressione e presentazione.
Le informazioni sugli allergeni devono essere fornite dall’operatore del settore alimentare e non possono essere date solo su richiesta del consumatore.
Nel caso di alimenti non preimballati serviti dalle collettività (ristoranti, mense ecc.), è obbligatoria l’indicazione delle sostanze o prodotti di cui all’allegato II del medesimo regolamento. Tale indicazione deve essere fornita, in modo che sia riconducibile a ciascun alimento, prima che lo stesso venga servito al consumatore finale dalle collettività e deve essere apposta su menù o registro o apposito cartello o altro sistema equivalente, anche digitale, da tenere bene in vista. In caso di utilizzo di sistemi digitali, le informazioni fornite dovranno risultare anche da una documentazione scritta e facilmente reperibile sia per l’autorità competente sia per il consumatore finale.
In alternativa, può essere riportato l’avviso della possibile presenza delle medesime sostanze o prodotti che possono provocare allergie o intolleranze, sul menù, sul registro o su un apposito cartello che rimandi al personale cui chiedere le necessarie informazioni che devono risultare da una documentazione scritta e facilmente reperibile sia per l’autorità competente sia per il consumatore finale.
Resta aperta la questione relativa alla presenza accidentale non intenzionale di allergeni e resta comunque aperto il problema della presenza inaspettata di allergeni alimentari, dovuta a contaminazione. Proprio per il timore della presenza di allergeni nascosti negli alimenti confezionati, un numero sempre maggiore di consumatori con allergia alimentare e le loro associazioni hanno richiesto informazioni concernenti le modalità di produzione.”
Quando la sostanza allergizzante costituisce uno degli ingredienti caratterizzanti del prodotto alimentare o ancora meglio, quando esso è riportato nella denominazione di vendita (latte, uova, ecc.) è facile individuare per il paziente allergico quale alimento non consumare. Problema ben più serio e che richiede una attenta lettura dell’etichetta o, in alternativa, la conoscenza di alcuni processi produttivi di alimenti complessi, è quello rappresentato dai cosiddetti allergeni nascosti o occulti.
Il fenomeno degli allergeni nascosti è causato dalla presenza in modo non esplicito di un allergene in un alimento, apparentemente non correlato allo stesso, verso cui è presente allergia: un esempio classico è rappresentato dal lisozima, estratto da uova, ed impiegato in molte trasformazioni casearie.
Vale la pena di ricordare che il Reg 1169/2011 obbliga di dichiarare anche gli additivi che contengono sostanze allergizzanti come ad esempio il lisozima la cui fonte primaria è l’uovo. Anche le proteine utilizzate come chiarificanti nella produzione del vino, se dosabili, vanno riportate in etichetta.
La produzione industriale degli alimenti, ha enormemente amplificato la possibilità di reperire, in modo del tutto inaspettato, allergeni occulti (es: latte o soia nei salumi, caseina nel vino…) con lo scatenamento di reazioni verso ingredienti totalmente estranei ed apparentemente innocui rispetto alle sensibilizzazioni note.
L’industria alimentare ha iniziato in maniera volontaria a segnalare in etichetta, oltre alla lista degli ingredienti obbligatori, informazioni sulla modalità di produzione e sull’eventuale presenza inattesa di allergeni.
In alcuni casi la segnalazione rispecchia una vera attenzione al problema da parte della ditta ed è rispondente al vero, ma, purtroppo, nella maggioranza dei casi è utilizzata dai produttori per evitare sequele legali e non è rispondente alla reale presenza di allergeni alimentari.
Le diciture possono essere diverse:
– può contenere…(allergene),
– prodotto in stabilimenti in cui viene utilizzato…(allergene)
– prodotto in filiere alimentari non separate, in cui viene processato anche…(allergene).
Queste segnalazioni precauzionali invece di andare incontro alle esigenze dei consumatori hanno ribaltato il carico della responsabilità sull’acquirente del prodotto. Ciò ha creato una crescente frustrazione nei consumatori che si sono visti ulteriormente limitati, ed in maniera inadeguata, nella loro possibilità di acquistare e consumare alimenti sicuri.
Ci sono stati, negli ultimi anni, grandi cambiamenti nella legislazione dell’etichettatura degli alimenti e le informazioni per i consumatori con allergia alimentare crescono di conseguenza.
Non è stata però ancora raggiunta una semplificazione della possibilità di praticare una dieta di esclusione e con la etichettatura “precauzionale” il carico della valutazione del rischio è stato ribaltato sul consumatore, creando insicurezza e frustrazione. D’altra parte va segnalato che, senza limiti di legge, le aziende si trovano in oggettiva difficoltà.
L’obiettivo da raggiungere, mediante l’azione congiunta delle associazioni di consumatori con allergia alimentare e delle società scientifiche specialistiche, è quello di ottenere dal legislatore e dall’industria, etichette più consone alle reali esigenze del consumatore, la cui lettura permetta diversificare con certezza la “sicurezza” di un prodotto.
L’EFSA (European Food Safety Authority) e altri organizzazioni scientifiche (ILSI Europe) stanno valutando i dati riportati in letteratura per arrivare a proporre soluzioni adeguate in merito alla dose minima o sul livello soglia in grado di scatenare una reazione clinica negli individui più sensibili.
Se è vero che nell’ambito dell’etichettatura ci sono ancora dei problemi, le criticità maggiori, si riscontrano sui menù dei bar-ristoranti-pizzerie e attività similari.
Il Regolamento UE 1169/2011 all’articolo 44, prevede che per gli alimenti offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività, senza imballaggio, imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta, gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali concernenti i mezzi con i quali le indicazioni sugli allergeni devono essere rese disponibili e, eventualmente, la loro forma di espressione e presentazione.
Il Ministero della Salute Italiano ha pubblicato una nota (nota 6/2/2015 n°3674) relativa alle indicazioni sulla presenza di allergeni forniti alle collettività.
In materia di informazioni sugli alimenti e di responsabilità degli operatori del settore alimentare, è necessario in ogni caso il rispetto di quanto sancito dall’articolo 8 del Regolamento (CE) 1169/2011, che ai paragrafi 2, 6 e 8 recita:
“L’operatore del settore alimentare responsabile delle informazioni sugli alimenti assicura la presenza e l’esattezza delle informazioni sugli alimenti, conformemente alla normativa applicabile in materia di informazioni sugli alimenti e ai requisiti delle pertinenti disposizioni nazionali”;
“Gli operatori del settore alimentare, nell’ambito delle imprese che controllano, assicurano che le informazioni sugli alimenti non preimballati destinati al consumatore finale o alle collettività siano trasmesse all’operatore del settore alimentare che riceve tali prodotti, in modo che le informazioni obbligatorie sugli alimenti siano fornite, ove richiesto, al consumatore finale”
“Gli operatori del settore alimentare che forniscono ad altri operatori del settore alimentare alimenti non destinati al consumatore finale o alle collettività, assicurano che a tali altri operatori del settore alimentare siano fornite sufficienti informazioni che consentano loro, se del caso, di adempiere agli obblighi di cui al paragrafo 2”.
In relazione alle informazioni sulle sostanze che provocano allergie o intolleranze, così come elencati nell’allegato II del regolamento stesso, qualsiasi operatore che fornisce alimenti pronti per il consumo all’interno di una struttura, come ad esempio un ristorante, una mensa, una scuola o un ospedale, o anche attraverso un servizio di catering, o ancora per mezzo di un veicolo o di un supporto fisso o mobile, deve fornire al consumatore finale le informazioni richieste.
Tali informazioni possono essere riportate sui menù, su appositi registri o cartelli o ancora su altro sistema equivalente, anche tecnologico, da tenere bene in vista, così da consentire al consumatore di accedervi facilmente e liberamente. Nel caso in cui si utilizzino sistemi elettronici di tipo “applicazioni per smartphone”, codice a barre, codice QR etc., questi non possono essere in ogni caso predisposti quali unici strumenti per riportare le dovute informazioni, in quanto non facilmente accessibili a tutta la popolazione e dunque non sufficientemente idonei allo scopo.
Inoltre, la nota del 6 febbraio 2015 del Ministero della Salute, indica che gli obblighi d’informazione in materia di allergeni alimentari possono ritenersi assolti anche nel caso in cui sia presente in un luogo ben visibile all’interno del locale, sul menù, sul registro o su apposito cartello, una tra le seguenti diciture:
– “le informazioni circa la presenza di sostanze o di prodotti che provocano allergie o intolleranze sono disponibili rivolgendosi al personale in servizio;
– “per qualsiasi informazioni su sostanze e allergeni è possibile consultare l’apposita documentazione che verrà fornita, a richiesta, dal personale in servizio”.
In tal caso è necessario che le informazioni dovute risultino da idonea documentazione scritta, facilmente reperibile sia per l’autorità competente sia per il consumatore finale, di cui il personale avrà preventivamente preso visione e conoscenza con contestuale approvazione scritta.
La scelta circa la modalità da utilizzare per render edotto il consumatore finale è rimessa alla discrezionalità dell’operatore, che sceglierà la soluzione più idonea a seconda della propria organizzazione e dimensione aziendale. L’operatore, nel predisporre l’informativa scritta necessaria per adempiere all’obbligo di cui sopra, dovrà, inoltre, essere libero di indicare la presenza degli allergeni in rapporto alle singole preparazioni secondo le modalità che riterrà più opportune. Ciò potrà avvenire per esempio evidenziando nella lista degli ingredienti delle singole preparazioni la presenza degli allergeni, predisponendo una tabella che riporti le 14 categorie di allergeni previste dal Regolamento e che, contestualmente, individui le preparazioni che le contengono, o secondo altre e diverse modalità che garantiscano comunque l’informazione corretta al consumatore.
L’ultima parte del documento è dedicata alla valutazione del rischio ed ai metodi analitici per l’identificazione dei dosaggi degli allergeni alimentari.
Il documento del Ministero della Salute.
dott. Matteo Fadenti