Nelle società in house la legge statale o regionale può prevedere la partecipazione di capitali privati, ma solo in forme tali da non comportare controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante

Consiglio di Stato, sezione prima, parere n. 1086 del 10 ottobre 2018 – Presidente f.f. Neri, estensore Proietti

La Regione Piemonte ha richiesto il parere del Consiglio di Stato in ordine alla possibilità, per una propria società in house, di ricevere affidamenti diretti, pur in presenza di partecipazioni private al capitale sociale prive di potere di veto né di influenza dominante.

Lo società è una società consortile a responsabilità limitata, a prevalente capitale pubblico, ed opera nell’ambito della funzione del “turismo”, materia di competenza “esclusiva/residuale” delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell’art.117, co. 4, Cost.

Lo società ha un oggetto sociale individuato dal legislatore regionale nella prestazione di un servizio di interesse generale consistente nell’esercizio dell’attività di promozione, accoglienza e informazione turistica.

La legge regionale istitutiva ed lo statuto della società non escludono la partecipazione al capitale di soggetti privati, interessati alla promozione e allo sviluppo del turismo nel territorio, tant’è che la società medesima avrebbe l’intenzione di avviare una procedura ad evidenza pubblica ai fini dell’ingresso di soci privati.

In questo contesto, il Consiglio di Stato è richiesto di chiarire:

  • se la partecipazione dei privati al capitale della società, ammessa dalla legge regionale, sia legittima e corretta, in quanto rientrante nella materia del “turismo”, di competenza esclusiva della Regione;
  • ove così non fosse, se la scelta di avvalersi della società per il perseguimento dei propri fini istituzionali, rientri nell’ambito della materia dell’organizzazione e del funzionamento della Regione, anche questa di competenza legislativa residuale ai sensi dell’art. 117, comma 4, Cost.;
  • di chiarire la portata della locuzione “prescritta”, utilizzata all’articolo 16, primo comma, del decreto legislativo n. 175/2016 (1) precisando se la presenza dei privati debba essere prevista come un “obbligo” dalla legge regionale, oppure se possa essere semplicemente ammessa come mera possibilità.

Il Consiglio di Stato ricorda che le società in house possono ricevere affidamenti diretti di appalti o concessioni dal socio pubblico per le caratteristiche che le contraddistinguono.

Le origini dell’istituto si rinvengono nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e sono espressione del principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche sancito dall’art. 2 della direttiva 2014/23/UE.

L’in house segna, dunque, una delicata linea di confine tra i casi in cui non occorre applicare le direttive appalti e concessioni e la relativa normativa nazionale di trasposizione, ed i casi in cui ne è invece necessaria l’applicazione”.

Come noto, le direttive europee sono state attuate nell’ordinamento nazionale col d.lgs. n. 50/2016.

E’ lo stesso decreto a prevedere, all’art. 5, che le relative disposizioni non si applicano ai contratti aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una “persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato” alla ricorrenza dei seguenti presupposti:

1) controllo analogo, ovvero quanto il socio pubblico è in grado di esercitare un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative dell’organismo controllato;

2) quando oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata viene effettuata nello svolgimento di compiti ad essa affidati dall’ente controllante (tale soglia va calcolata prendendo a riferimento il fatturato totale medio, o altra idonea misura alternativa basata sull’attività nei tre anni precedenti l’affidamento);

3) in presenza di partecipazione pubblica totalitaria (attualmente la normativa europea e quella nazionale consentono tuttavia forme di partecipazione diretta di capitali privati a condizione che vi sia una previsione legislativa ad hoc, e che non sia consentito ai privati di esercitare un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata).

Ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale, il Consiglio di Stato sottolinea che la società regionale deve ritenersi rientrare nell’ambito dell’istituto dell’in house providing in quanto:

– trattasi di una società dotata di autonoma personalità giuridica, che presenta connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione ai soggetti pubblici che la costituiscono (in house c.d. frazionato);

– la Regione, con le modalità previste nello Statuto, risulta esercitare un controllo analogo a quello operato sui propri servizi interni, attraverso un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società;

– oltre l’80 per cento delle relative attività è, per statuto, effettuata nello svolgimento dei compiti affidati dall’ente controllante o dagli enti pubblici soci, mentre, l’eventuale ulteriore produzione -eccedente il suddetto limite di fatturato- può essere svolta per conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale;

– la partecipazione di capitali privati è ammessa nel limite del 33%; i soci privati non possono tuttavia detenere partecipazioni che comportano controllo o potere di veto.

In risposta ai quesiti formulati, il Consiglio di Stato chiarisce altresì che la scelta legislativa di svolgere un servizio di interesse generale, ricadente nell’esercizio delle funzioni tipiche dell’ente Regione, mediante una società in house, partecipata pure da capitale privato, attiene non solo alla materie del turismo e dell’organizzazione e del funzionamento della Regione, ma anche alle materie della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile, rientranti nell’ambito della competenza legislativa riservata allo Stato (art. 117, co. 1, lett. e e l, Cost.).

In presenza di materie riconducibili sia alla competenza esclusiva del legislatore statale che a quella residuale del legislatore regionale, in ossequio al principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., Stato e Regioni dovrebbero raggiungere un accordo attraverso lo strumento dell’intesa o della co-decisione, così rendendo incontestabile la legge nazionale o regionale.

Detto ciò, rispetto alla partecipazione al capitale della società regionale dei privati, i giudici di Palazzo Spada osservano che le condizioni stabilite dal TUSP e dal d.lgs. n. 50/2016 risultano rispettate, essendo contenute in una norma di legge regionale, oltre che nello statuto della società, la quale potrà dunque continuare a ricevere affidamenti diretti da parte della Regione.

La locuzione “prescritta” utilizzata all’articolo 16 del d.lgs. n. 175/2016 non va intesa in senso precettivo (come “obbligo” imposto dalla legge) ma può intendersi nel senso che la presenza di privati in una società risulta ammissibile alle condizioni previste dalla normativa vigente, evitando che il privato possa vantare forme di controllo, poteri di veto o un’influenza dominante sulla società, e fermi restando gli altri requisiti, presupposti e condizioni, utili per configurare lo status di società in house.

Stefania Fabris

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(1) Art. 16, co. 1, d.lgs. n. 175/2016

1. Le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata”


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