Con le proposte di modifica del TUSP, le attività prodotte da società partecipate da EE.LL., operanti nei settori lattiero-caseario ed alimentare, potranno rientrare tra i cd “servizi di interesse generale”

Il 24 ottobre u.s. è stato diffuso il testo dell’audizione della Corte dei conti presso la Commissione agricoltura della Camera, sulla proposta di legge A.C. n. 712, recante  “Modifica all’articolo 4 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, concernente le partecipazioni in società operanti nei settori Lattiero-caseario e alimentare”.

Le Sezioni riunite in sede di controllo sono state chiamate ad esprimere le proprie valutazioni sull’introduzione di una deroga al campo di applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 175/216 e s.m.i., per le società operanti nel settore lattiero-caseario ed alimentare.

La Corte ha ricordato che «L’art. 4 del TUSP, che racchiude disposizioni di cruciale importanza ai fini delle determinazioni degli enti partecipanti in tema di società pubbliche, si colloca tra le disposizioni del Testo unico indirizzate alle Amministrazioni partecipanti “avendo riguardo all’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica” (art. 1, comma 2, TUSP)».

L’articolo quindi «pone, come principale criterio delle scelte operate dalle Amministrazioni pubbliche in materia di società, il vincolo di scopo pubblico».

Questa limitazione, presente nell’ordinamento sin dal 2006, unitamente alla finalità di “tutela e promozione della concorrenza e del mercato”, fa ritenere che non sia più consentita la partecipazione in società pubbliche che svolgono mera attività di impresa, fatte salve le seguenti ipotesi, previste dagli articoli 4 e 26 del d.lgs. n. 175 del 2016:

a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi (intendendosi per “servizio di interesse generale”, ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. h) del TUSPle attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le Amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale”);

b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra Amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 193 del d.lgs. n. 50 del 2016;

c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’articolo 180 del d.lgs. n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all’articolo 17, co. 1 e 2;

d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento;

e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016.

Viceversa, in mancanza dei requisiti, gli enti sono oggi tenuti a desistere dalla costituzione di una nuova società o dall’acquisto di quote in una società preesistente e, se la partecipazione è già in essere, a valutare la sussistenza delle condizioni per il suo mantenimento, nell’ambito dei processi di razionalizzazione straordinaria e periodica.

E’ rimessa quindi alla responsabilità dell’ente partecipante la decisione di procedere ad una delle azioni previste dal TUSP (mantenimento con provvedimenti di contenimento dei costi; cessione della società o alienazione di quote; liquidazione o scioglimento; fusione per unione o per incorporazione; presa d’atto della sussistenza delle condizioni che consentono il mantenimento senza interventi di razionalizzazione), con la precisazione che la ricognizione va sempre effettuata anche se negativa (Cfr deliberazione Sezione delle autonomie della Corte dei conti n. 19/2017/INPR).

In proposito, di fondamentale importanza risulta l’obbligo della motivazione “poiché, diversamente dal passato, durante il quale è stato incentivato il modello societario ritenuto più adeguato alle esigenze di un’amministrazione moderna ed efficiente, oggi occorre una buona ragione per costituire o mantenere una società pubblica e che questa ragione sia adeguatamente motivata da parte dell’ente partecipante”.

Chiarito ciò, la Corte rammenta che:

  • le ipotesi derogatorie previste dal TUSP sono riconducibili a tipologie peculiari di società, non suscettibili di generalizzazione, trattandosi, a titolo esemplificativo, delle società con caratteristiche di start up universitarie, di quelle che operano nei settori della produzione delle energie rinnovabili, delle case da gioco, dei c.d. gruppi d’azione locali (articoli 4 e 26 del TUSP) e delle altre società puntualmente elencate nell’allegato A (art. 26, co. 2, TUSP);

  • resta salva la possibilità, a livello centrale o regionale, di escludere ulteriori società dal campo di applicazione dell’art. 4, purché sia sempre e comunque rispettato il vincolo di scopo pubblico.

Conclusioni della Corte dei conti

L’ipotesi derogatoria prevista dalla proposta di legge A.C. n. 712 interviene successivamente all’emanazione del dPCM del 31 ottobre 2017 con cui è stata deliberata la totale esclusione dell’applicazione dell’art. 4 del TUSP in favore della società Centrale del Latte di Brescia S.p.A. alla quale è stata così riconosciuta la valenza di presidio in ambito sanitario e di controllo degli alimenti, funzionale al perseguimento delle finalità istituzionali del Comune socio di maggioranza.

Malgrado l’emanazione del suddetto Dpcm, le Sezioni riunite osservano che:

  • questo tipo di compiti rientra nella competenza precipua di altre autorità istituzionalmente preposte alla tutela della salute pubblica, con poteri ispettivi e di controllo (ndr: non dei Comuni);

  • i settori di attività della società, rientranti nella produzione e del commercio dei beni agro-alimentari, sono presidiati dalle regole sulla concorrenza e non sembrano ricorrere particolari situazioni idonee a giustificare un trattamento differenziato rispetto ad altri settori del mercato;

Ove, infatti, sussistessero partecipazioni pubbliche di questo tipo, teoricamente non ammissibili in base al tenore letterale dell’art. 4, co. 1, gli enti partecipanti dovrebbero verificare la sussistenza dei presupposti  di legge per il loro mantenimento per mezzo delle procedure di revisione straordinaria e periodica previste dal TUSP.

In ultima analisi, la Corte mette in evidenza che la proposta di legge si pone l’obiettivo di superare il vincolo di scopo pubblico, annoverando il settore lattiero-caseario e alimentare nel catalogo dei servizi di interesse generale di cui all’art. 4, co. 2, lett. a), del TUSP.

Per queste società, gli enti partecipanti verrebbero, in particolare, esonerati dai seguenti obblighi:

  • di motivare la sussistenza del vincolo teleologico e dei vincoli di attività stabiliti dall’art. 4, potendo quindi costituire nuove società, acquistare quote in società preesistenti e mantenere le partecipazioni detenute;

  • di razionalizzare le partecipazioni in società in perdita per 4 annualità su 5, data l’esclusione espressamente stabilita per le società costituite per la gestione di servizi di interesse generale.

Le Sezioni riunite sottolineano quindi le conseguenze che scaturirebbero dalla traduzione in legge della proposta A.C. n. 712, ovvero:

  1. l’omogeneizzazione di situazioni differenziate, accomunando i servizi pubblici tradizionalmente intesi con attività produttive rese da operatori economici privati;

  2. un trattamento differenziato per le società pubbliche che, oltre a collidere con i principi della concorrenza, sarebbe in controtendenza rispetto ai processi di razionalizzazione e di spendig review nelle Pubbliche amministrazioni, in alcuni casi consentendo comportamenti non coerenti con le norme europee;

  3. la compromissione delle verifiche periodiche previste dall’art. 20 del TUSP, tenendo anche conto della sussistenza dei vincoli di scopo pubblico e di attività di cui all’art. 4 del TUSP in capo alle società operanti nel settore lattiero-caseario e alimentare;

  4. il probabile prodursi di effetti di emulazione non trascurabili con riguardo ad altri settori produttivi.

Stefania Fabris


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