La corrispondenza tra l’oggetto sociale indicato nel certificato camerale e l’oggetto del contratto d’appalto non deve tradursi in una perfetta ed assoluta sovrapponibilità di tutte le componenti, ma va appurata secondo un criterio di rispondenza alla richiesta idoneità professionale tenendo globalmente conto delle prestazioni dedotte in contratto.
Tar Lazio, Roma, sez. II ter, sentenza 9 agosto 2018, n. 8948, Presidente Morabito, Estensore Costantino
Il fatto
A seguito di una procedura negoziata ex art. 36, comma 2, lett. b, D.Lgs. 50/2016 per “l’affidamento di servizi di carenaggio e manutenzioni varie su unità navali” la società ricorrente è dichiarata aggiudicataria provvisoria.
Tuttavia, esperiti i controlli di rito sulle autodichiarazioni rese, la società è esclusa ai sensi ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis), del D.Lgs n. 50/2016, per falsa attestazione dell’iscrizione alla Camera di Commercio per attività pertinente all’oggetto dell’appalto, come richiesto dal Capitolato tecnico.
Più precisamente la società, con dichiarazione sostitutiva, affermava di essere iscritta alla CCIAA con oggetto sociale: “Attività di cantiere navale, produzioni di imbarcazioni, alaggio, varo e riparazioni di imbarcazioni” ma, dalle verifiche emerge che l’attività esercitata è: “Lavori edili in genere, costruzioni di opere portuali, manutenzione e riqualificazione moli di attracco e porti turistici”.
La società ricorre dunque al Tar affermando che l’amministrazione sarebbe incorsa in un grave formalismo, non essendosi avveduta che dalla certificazione camerale risulta la descrizione dell’oggetto dell’attività in termini assolutamente compatibili e pertinenti rispetto all’appalto; del resto, la stessa ricorrente – ai fini della comprova dei requisiti tecnici e di esperienza – ha allegato l’avvenuta prestazione di attività similari a quelle richieste dal bando per altre imbarcazioni ed anche su mandato della stessa stazione appaltante.
La sentenza
Il Tar evidenzia che oggetto della controversia non è l’idoneità dell’iscrizione camerale della ricorrente per l’accesso alla gara ma la rilevanza della non veridicità dell’autodichiarazione resa dall’impresa che ha comportato la sua esclusione dalla gara.
In proposito il Collegio rileva che la dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante della ditta non riproduce l’”oggetto” dell’attività come risultante dalla iscrizione camerale, ma appare più propriamente descrittiva dell’oggetto sociale della ditta.
Pertanto, ad avviso del giudice, la revoca dell’aggiudicazione si rivela erronea in quanto non è dato rinvenire una vera e propria dichiarazione mendace, essendo la divergenza riscontrata riconducibile ad una stesura “atecnica” dell’autodichiarazione che non assurge ai requisiti minimi della mendacità o falsità (sostanziale) dell’atto e che, quindi, è riconducibile ad una imprecisione di redazione, come un vero e proprio errore scusabile, privo di conseguenze sul piano sostanziale degli effetti.
Del resto, secondo la giurisprudenza (Cons. St. sez. III, 08/11/2017, n. 5170) nell’impostazione del nuovo codice appalti, l’iscrizione camerale assurge a requisito di idoneità professionale (art. 83, commi 1, lett. “a” e 3 d.lgs n. 50/2016), anteposto ai più specifici requisiti attestanti la capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria dei partecipanti alla gara, di cui alle successive lettere b) e c) del medesimo comma.
Tuttavia, la medesima giurisprudenza è chiara nel ritenere che l’utilità sostanziale della certificazione camerale è quella di filtrare l’ingresso in gara dei soli concorrenti forniti di una professionalità coerente con le prestazioni oggetto dell’affidamento pubblico; ratio dalla quale si desume la necessità, non tanto di una verifica formale, quanto di una congruenza contenutistica, tendenzialmente completa, tra le risultanze descrittive della professionalità dell’impresa, come riportate nell’iscrizione alla Camera di Commercio, e l’oggetto del contratto d’appalto, evincibile dal complesso di prestazioni in esso previste, in quanto l’oggetto sociale viene inteso come la “misura” della capacità di agire della persona giuridica, la quale può validamente acquisire diritti ed assumere obblighi solo per le attività comprese nello stesso, come riportate nel certificato camerale (Cons. St. n. 4457/2015).
Pertanto, la corrispondenza contenutistica – tra certificato camerale e oggetto del contratto d’appalto – non deve tradursi in una perfetta ed assoluta sovrapponibilità tra tutte le componenti dei due termini di riferimento, ma va appurata secondo un criterio di rispondenza alla finalità di verifica della richiesta idoneità professionale, e quindi in virtù di una considerazione non già atomistica e frazionata, bensì globale e complessiva delle prestazioni dedotte in contratto (T.A.R. L’Aquila, Abruzzo, sez. I 26 febbraio 2018 n. 71, Cons. St. sez. III, 08/11/2017, n. 5170).
Conclusioni
Nel caso in esame, sotto i profili enunciati, non viene in dubbio che sussista in concreto l’effettiva capacità tecnica e di esperienza della ricorrente.
Inoltre, l’errore nella dichiarazione è evidentemente scaturito dalla circostanza che non era stato ancora adeguato dalla ricorrente l’”oggetto” dell’attività nella iscrizione camerale, allo svolgimento effettivo delle prestazioni rese in precedenza sulla base dell’oggetto sociale che pure risultava dalla medesima certificazione camerale (adeguamento che, a seguito della rilevazione dell’Amministrazione, è stato invero prontamente eseguito).
Per queste ragioni, il Tar ritiene il ricorso fondato.