La composizione in numero pari della commissione di gara è sindacabile solo laddove risulti che i giudizi non siano stati espressi all’unanimità.
La suddivisione della commissione in sottocommissioni valutative è legittima laddove la commissione, nel suo plenum, faccia definitivamente propri in autonomia e nell’esercizio del proprio discrezionale apprezzamento, i giudizi preparatori espressi dalle sottocommissioni.
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 6 luglio 2018, n. 4143, Presidente Severini, Estensore Grasso
Il fatto
Il Tar Veneto, con sentenza n. 471 del 15 maggio 2017, accoglie il ricorso di un’impresa avverso l’aggiudicazione ad altra società di una gara per l’affidamento del servizio di didattica museale, indetta da una fondazione, in virtù della fondatezza delle censure sulla composizione della Commissione giudicatrice e sull’affidamento ad apposite sottocommissioni della valutazione delle offerte.
Pertanto la fondazione si appella al Consiglio di Stato affermando che la sentenza di 1° grado avrebbe errato:
- nel ritenere violata la disposizione di cui all’art. 77, comma 2, d. lgs. n. 50/2016, nella parte in cui imporrebbe che la Commissione di gara fosse necessariamente costituita da un numero dispari di commissari;
- nel ritenere che l’affidamento a due sottocommissioni, in cui era suddivisa la Commissione, del compito di valutare, rispettivamente, le offerte economiche e le offerte tecniche, integrasse violazione dei principi in tema di funzionamento dei collegi perfetti, in base ai quali gli stessi sono tenuti ad operare con l’interezza dei propri membri, dovendo le decisioni essere assunte dal plenum.
La sentenza
I Giudici di Palazzo Spada accolgono il ricorso e riformano la sentenza di primo grado.Circa il primo punto, il giudice ricorda che la commissione in esame risulta composta da 4 membri.
Tuttavia, ad avviso del collegio, va data continuità, anche nella vigenza dell’art. 77 del d.lgs. n. 50/2016, all’orientamento maturato in relazione all’art. 84 d.lgs. n. 163 del 2006 sul quale la prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ritenuto tale regola non “espressione di un principio generale, immanente nell’ordinamento, tale da determinare l’illegittimità della costituzione di un collegio avente un numero pari di componenti, essendo numerose le ipotesi di collegi, sia giurisdizionali che amministrativi, che operano (o che occasionalmente possono operare) in composizione paritaria” (Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3372; sez. III, 3 ottobre 2013, n. 4884).
Anche se si tratta di orientamento non unanime (in senso difforme, Cons. Stato, V, 23 giugno 2016, n. 2812; Id. V, 28 luglio 2014, n. 4017), il relativo (e potenziale) contrasto non appare, nel caso in esame, né rilevante né decisivo, posto che, in concreto, la Commissione risulta avere deciso all’unanimità dei componenti.
Peraltro, quand’anche si conceda che la composizione numerica dispari per sé risponda al principio di buon andamento e funzionalità dell’azione amministrativa, resterebbe fermo che la violazione del canone “p[otrebbe] essere dedotta, per il principio di conservazione degli atti giuridici, non astrattamente, ma solo [quando avesse] concretamente inciso sulle decisioni assunte dalle commissioni stesse, cioè [quando venissero] lamentati o si [fossero] verificati dissensi comportanti lesioni concrete degli interessi dei soggetti giuridici nei confronti dei quali le commissioni abbiano operato” (cfr. Cons. Stato, V, 31 ottobre 2012, n. 5563) ma, in tale caso, la violazione delle regole di formazione della Commissione potrebbe essere dedotta in giudizio solo quando la stessa avesse concretamente (e non potenzialmente) inciso sugli interessi della parte che se ne assumesse pregiudicata.
Circa il secondo punto, il collegio ricorda che non è discussione il principio per cui la Commissione giudicatrice di gare d’appalto è un collegio perfetto, che deve operare, in quanto tale, in pienezza della sua composizione e non con la maggioranza dei suoi componenti, con la conseguenza che le operazioni di gara propriamente valutative, come la fissazione dei criteri di massima e la valutazione delle offerte, non possono essere delegate a singoli membri o a sottocommissioni (Cons. giust. amm. sic,, 21 luglio 2008, n. 661; Cons. Stato, V, 22 ottobre 2007, n. 5502).
Tuttavia, per evidenti esigenze di funzionalità, il principio è temperato per cui non è indispensabile la piena collegialità quando occorra effettuare attività preparatorie, istruttorie o strumentali, destinate, come tali, a refluire nella successiva e definitiva valutazione dell’intero consesso (Cons. Stato, V, 25 gennaio 2011, n. 513; Id., IV, 5 agosto 2005, n. 4196).
In concreto, l’attitudine meramente strumentale dell’attività delegabile o affidabile a sottocommissioni dovrà avere, in difetto di criteri identificativi o discretivi di ordine materiale o sostanziale, la duplice caratteristica (a un tempo necessaria e sufficiente):
- di essere, ex ante e in abstracto, suscettibile di potenziale verifica a posteriori da parte del plenum;
- di essere, ex post e in concreto, effettivamente acquisita alla valutazione collegiale piena, in termini di controllo, condivisione ed approvazione.
Conclusioni
Nel caso in esame, il Consiglio di Stato ritiene quindi che l’impresa ricorrente in primo grado non avesse titolo per contestare la composizione in numero pari della Commissione di gara essendo maturata una decisione unanime nei giudizi della stessa per cui il rivendicato numero dispari dei componenti non consentiva di ipotizzare un esito valutativo difforme da quello effettivamente reso (Cons. Stato, III, 11 luglio 2013, n. 3730).
Dalla documentazione in atti risulta poi che la Commissione, a composizione piena, preso atto di quanto predisposto dalle due sottocommissioni, ha svolto in merito un’ “approfondita discussione”, determinando, in adesiva conformità, i punteggi definitivi da attribuire alle imprese offerenti con ciò mostrando di far propri, in autonomia e nell’esercizio del proprio discrezionale apprezzamento, gli esiti dell’attività preparatoria dispiegata dalle costituite sottocommissioni.
Pertanto il ricorso è accolto e la sentenza del Tar riformata.
di Simonetta Fabris