Tra i contratti con ditte commerciali per i quali la legge autorizza espressamente la conclusione a distanza, a mezzo di corrispondenza, non rientra il contratto di appalto di opere pubbliche, ivi incluse delle attività di progettazione, per il quale, attesa anche la necessità di accordi specifici e complessi, deve escludersi che il consenso possa formarsi sulla base di scritti successivi atteggiantisi come proposta e accettazione fra assenti.

Corte di Cassazione civile, sez. III, ordinanza, 21 giugno 2018, n. 16307, Presidente Chiarini, Relatore Scarano

Il fatto

Il Tribunale di Lamezia Terme e la Corte d’Appello di Catanzaro respingono i ricorsi proposti da due professionisti per il pagamento, da parte di un Comune, del compenso professionale loro spettante per la redazione di un progetto di ampliamento e ristrutturazione di un campo sportivo nonché per il risarcimento dei danni loro dovuti da inadempimento contrattuale.

Quanto sopra, pur avendo i ricorrenti richiamato una deliberazione commissariale del Comune contenente il conferimento dell’incarico e l’impegno di spesa per il pagamento nonché l’accettazione dell’incarico, a distanza, da parte degli stessi.

Pertanto i professionisti ricorrono in cassazione affermando che l’eventuale nullità del contratto concluso non può investire il privato che ha eseguito la prestazione pena l’ingiustificato arricchimento del Comune.

L’ordinanza

La Corte di Cassazione ricorda il principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui i contratti con la P.A. devono essere, a pena di nullità, redatti in forma scritta con la sottoscrizione di un unico documento, salva la deroga prevista all’art. 17, r.d. n. 2440 del 1923, per i contratti con le imprese commerciali, che possono essere conclusi attraverso atti non contestuali, a mezzo di corrispondenza “secondo l’uso del commercio”, non essendo comunque sufficiente che da atti scritti risultino comportamenti attuativi di un accordo solo verbale (Cass., 15/6/2015, n. 12316; Cass., 17/3/2015, n. 5263; Cass., 20/3/2014, n. 6555, ove si è esclusa la valida conclusione di un contratto d’opera professionale nel caso in cui l’intendimento del comune conferente l’incarico non era desumibile da un contratto sottoscritto dal sindaco ma da una delibera comunale).

Conclusioni

Secondo la Cassazione, la sentenza della Corte di Appello ha correttamente evidenziato che, nel caso in esame, «si è a cospetto di delibera di conferimento di incarico e successiva comunicazione di accettazione ma non di formalizzazione del negozio in unus actus», traendosene la «nullità del rapporto contrattuale per difetto del necessario elemento di forma» in quanto, tra i contratti per i quali la legge autorizzi espressamente la conclusione a distanza, a mezzo corrispondenza, come nell’ipotesi eccezionale, prevista dall’art. 17 del r.d. n. 2240 del 1923, di contratti conclusi con ditte commerciali, non rientrano il contratto di appalto di opere pubbliche, né delle attività professionali di progettazione, per i quali, attesa anche la necessità di accordi specifici e complessi, deve escludersi che il consenso possa formarsi sulla base di scritti successivi atteggiantisi come proposta e accettazione fra assenti (Cass. Civ. Sez. I, 26 marzo 2009 n. 7297).

Pertanto il ricorso è giudicato inammissibile.

di Simonetta Fabris


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