In Gazzetta Ufficiale 8.2.18 il decreto legislativo 231/2017, “Recante disciplina sanzionatoria per le violazioni del regolamento UE 1169/11 e della direttiva 91/2011/UE”, c.d. direttiva lotto. Entrerà in vigore dal 9 maggio 2018.
Finalmente, dopo diverso tempo di impunità o di sanzioni emesse facendo riferimento al D.Lgs. 109/92, viene pubblicato il D.Lgs. 231 del 2017, recante la disciplina sanzionatoria per le violazioni del Reg UE 1169/2011 sulle corrette informazioni al consumatore.
Con il decreto legislativo 231 del 2017, si va a trattare anche un tema importante come quello del Lotto in etichetta ma soprattutto anche altre questioni legate all’ adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (ue) n. 1169/2011 e relative sanzioni, andando a mettere nero su bianco alcuni concetti che fino ad oggi passavano più come buone prassi che come obblighi veri e propri (soprattutto in tema di menù per bar e ristoranti).
Il titolo I detta i principi generali del decreto le definizioni (art 2) ed il campo di applicazione (art 1), dove da subito è chiaro che il D.Lgs. 231/2017 non va a sanzionare solo sul mancato rispetto del REG UE 1169/2011 ma anche nei confronti della Direttiva 2011/91/UE relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (ovvero il Lotto).
Nel titolo II viene riportata una differenza di responsabilità e quindi di sanzione per gli operatori responsabili delle informazioni e gli operatori del settore alimentare diversi dal soggetto responsabile (come riportato dall’art 8 comma 3 del REG UE 1169/2011).
Infatti se per i responsabili la sanzione per il mancato rispetto dell’art 7 del REG UE 1169/2011 (articolo relativo alle pratiche leali di informazione del consumatore) vanno da 3000 a 24000 Euro, per gli operatori diversi dai soggetti responsabili (ovvero coloro che commercializzano ad esempio il prodotto senza averlo direttamente etichettato ma che non si cono accorti della non conformità) va da 500 a 4000 Euro.
Questo da ancora più importanza ai principi dettati dal REG UE 178/2002 sulle responsabilità dei vari addetto, che in fase di ricezione della merce dovranno controllare non solo il buono stato igienico sanitario dell’alimento, ma anche la correttezza e la completezza delle informazioni riportate in etichetta.
All’articolo 5 (capo II) si riportano le sanzioni per la mancata indicazione in etichetta degli allergeni (dei 14 allergeni previsti dall’Allegato II del REG UE 1169/2011). Le sanzioni in questo caso sono molto pesanti e vanno da 5000 a 40000 Euro. Tali sanzioni non si applicano se l’azienda o l’attività ha effettuato un operazione di allerta e richiamo del prodotto non conforme, avendo rispettato quanto previsto dall’art 19 del REG CE 178/2002.
Per mancanze relative agli altri contenuti obbligatori da riportare in etichetta (oltre ai già citati allergeni) il decreto prevede sanzioni che vanno da 3000 a 24000 Euro.
L’articolo 6 si sofferma sulle carenze relative alla presentazione di queste informazioni, prevedendo sanzioni da 1000 a 8000 euro se appunto le informazioni non sono riportate in modo leggibile, nella corretta posizione sull’imballaggio e mediante espressioni previste dal RE UE 1169/2011.
Il Capo III invece è dedicato alle violazioni per il mancato rispetto delle informazioni obbligatorie, più specificatamente per violazioni riguardo a:
- la denominazione dell’alimento (art. 8)
- l’elenco degli ingredienti (art. 9)
- i requisiti nell’indicazione degli allergeni (art. 10)
- l’indicazione quantitativa degli ingredienti e l’indicazione della quantità netta (art. 11)
- il termine minimo di conservazione, la data di scadenza e la data di congelamento (art. 12)
- il paese di origine o luogo di provenienza (art. 13)
- le dichiarazioni nutrizionali (art. 15).
Con sanzioni che vanno da 2000 a 16000 Euro nella maggior parte dei casi o da 1000 a 8000 o da 500 a 4000 Euro in base alla gravità della violazione.
Il titolo III del decreto è molto interessante poiché va ad adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del REG UE 1169/2011, nei confronti di temi importanti come: lotto, informazioni obbligatorie per i distributori automatici, vendita di prodotti non preimballati, e per i prodotti non destinati ai consumatori bensì all’industria o agli artigiani.
L’articolo 17 ad esempio, riporta: I prodotti alimentari non possono essere posti in vendita qualora non riportino l’indicazione del lotto di appartenenza.
Tale lotto deve essere leggibile, indelebile e preceduto dalla lettera L, salvo il caso sia distinguibile dalle altre indicazioni in etichetta.
Per i prodotti alimentari preimballati l’indicazione del lotto figura sull’imballaggio preconfezionato o su un’etichetta appostavi, mentre per i prodotti alimentari non preimballati l’indicazione del lotto figura sull’imballaggio o sul recipiente o, in mancanza, sui relativi documenti commerciali di vendita.
L’indicazione del lotto non e’ richiesta:
a) quando il termine minimo di conservazione o la data di scadenza figurano con la menzione almeno del giorno e del mese;
b) per i gelati monodose, venduti tal quali, e sempre che essa figuri sull’imballaggio globale;
c) per i prodotti agricoli, all’uscita dall’azienda agricola, nei seguenti casi:
1) venduti o consegnati a centri di deposito, di condizionamento o di imballaggio;
2) avviati verso organizzazioni di produttori;
3) raccolti per essere immediatamente integrati in un sistema operativo di preparazione o trasformazione;
d) per i prodotti alimentari non preimballati ovvero gli alimenti offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività senza preimballaggio oppure imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta;
e) per le confezioni ed i recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm².
L’omissione dell’indicazione del lotto, comporta una sanzione amministrativa pecuniaria di una somma da 3.000 euro a 24.000 euro. L’articolo 19 invece tratta gli alimenti non preimballati.
Nel caso specifico sono riportate le informazioni che devono essere date al consumatore che acquista tali alimenti, o su cartello o anche in formato digitale, purchè visibili e facilmente accessibili.
Importante è il comma 8 dell’articolo sopra citato. In questa sezione del decreto si parla delle indicazioni che devono essere riportate sui menù o libri ingredienti per gli alimenti non preimballati serviti alla clientela.
Il decreto prevede che in caso di alimenti non preimballati ovvero non considerati unità di vendita, serviti dalle collettività (per collettività si intende qualunque struttura (compreso un veicolo o un banco di vendita fisso o mobile), come ristoranti, mense, scuole, ospedali e imprese di ristorazione in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale), è obbligatoria l’indicazione delle sostanze o prodotti che provocano allergie o intolleranze (i 14 alergeni dell’allegato II del Reg Ue 1169/2011).
Tale indicazione deve essere fornita, in modo che sia riconducibile a ciascun alimento, prima che lo stesso venga servito al consumatore finale dalle collettività e deve essere apposta su menù o registro o apposito cartello o altro sistema equivalente, anche digitale, da tenere bene in vista.
In caso di utilizzo di sistemi digitali, le informazioni fornite dovranno risultare anche da una documentazione scritta e facilmente reperibile sia per l’autorità competente sia per il consumatore finale.
In alternativa, può essere riportato l’avviso della possibile presenza delle medesime sostanze o prodotti che possono provocare allergie o intolleranze, sul menù, sul registro o su un apposito cartello che rimandi al personale cui chiedere le necessarie informazioni che devono risultare da una documentazione scritta e facilmente reperibile sia per l’autorità competente sia per il consumatore finale. Le indicazioni del presente articolo devono essere riportate in lingua italiana ed essere chiaramente visibili e leggibili.
Questi passaggi sono importanti perché confermano il fatto che inserire l’elenco dei 14 allergeni a fino o inizio menù, insieme ad una frase che avvisa sulla presenza generica di tali ingredienti nei piatti, non è sufficiente.
Infatti nel menù o si riportano per ogni piatto gli allergeni presenti, oppure l’indicazione di richiedere un libro ingredienti dove oltre a tutti gli ingredienti dei vari piatti, siano evidenziati (come riportato nel REG UE 1169/2011) le sostanze in grado di provocare allergie o intolleranze.
L’operatore del settore alimentare che viola le disposizioni dell’articolo 19 in materia di vendita dei prodotti non preimballati è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 1.000 euro a 8.000 euro. Mentre invece chi omette di indicare gli allergeni rischia una sanzione da 3000 a 24000 euro.
Per quanto riguarda i prodotti non destinati al consumatore, ovvero i semilavorati destinati ad essere inseriti in cicli produttivi o comunque ad essere utilizzati a livello industriale o artigianale, essi devono avere un’etichetta che contiene le seguenti informazioni: – nome del prodotto- le sostanze in grado di provocare allergie o intolleranze- la quantità netta- il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e l’indirizzo dell’operatore alimentare- il lotto
Il titolo IV invece tratta le disposizioni finali. In questa sezione innanzi tutto si riporta che gli adempimenti previsti nel titolo III non si applicano ai prodotti alimentare regolarmente fabbricati in altro Stato dell’Unione Europea (essendo il decreto italiano) e in Turchia o in paesi facenti parte dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA).
L’articolo 26 del decreto invece sottolinea una questione alquanto controversa. Infatti l’autorità competente ad irrorare le sanzioni riportate è solamente il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (così detto ICQRF)
Inoltre, nonostante il Reg Ue 1169/2011 non sia propriamente una novità, l’articolo 28 del decreto prevede che gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima della data di entrata in vigore del presente decreto in difformità dallo stesso possono essere commercializzati fino all’esaurimento delle scorte.
Dott. Matteo Fadenti